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 2014  agosto 12 Martedì calendario

Un necrologio su Robin Williams

Dagospia, martedì 12 agosto 2014
«Gooooooood byyyyyyyyyye, Vietnaaaam!». Stavolta non è un bel risveglio quello che ci accoglie con la notizia della morte di Robin Williams, 63 anni, uno degli attori più amati dal pubblico degli ultimi trent’anni. La polizia di Marin County parla della sua morte come «suicidio per asfissia» e descrive l’atto come dettato da una «grave depressione». Erano anni che Robin Williams stava male, mischiando appunto la grave depressione con seri problemi di alcolismo. Già negli anni ’80 ci aveva dato giù parecchio con coca e alcool. «La cocaina», diceva, «è un buon posto dove nascondersi». L’aveva lasciata nei primi anni ’80 dopo lo shock della morte di John Belushi alla Chateau Marmont. In più aspettava il suo primo figlio. Aveva lasciato anche la bottiglia, ma fu la morte di Christopher Reeve a farlo riprendere a bere. La cosa divenne impossibile nel 2006, quando cercò di disintossicarsi. Ma non ce la fece.

La moglie, Marsha Sarces, lo lasciò dopo vent’anni di vita assieme. Si risposò anni dopo con Susan Schneider. È lei che lo ha trovato morto nella loro casa di Tiburon in California e ha detto alla stampa di concentrarsi sul Robin Williams attore e non sulle cause della sua morte e della sua depressione.

Certo però, non era mai più stato in grado di riprendersi davvero dalla depressione che si portava dietro e neppure i suoi ultimi film e serie tv lo avevano aiutato. The Crazy Ones, la sua nuova serie televisiva dove interpretava Simon Roberts, era stata un flop, tanto da venir soppressa il 10 maggio dopo la prima stagione. Night at the Museum: Secret of the Tomb, dove torna a interpretare Theodore Roosevelt uscirà a Natale, mentre The Angriest Man in Hollywood di Phil Alden Robinson, dove interpreta un uomo al quale hanno predetto solo 90 minuti di vita (allegro, eh?) non ha funzionato per niente.

Del resto erano anni che non era più credibile al cinema, come fosse l’ombra del grande attore e del grande commediante che era stato, una specie di presenza imbarazzante perché ormai troppo consumato, distrutto inoltre, assieme alle cause maggiori di coca e alcool, anche dalla massa di film inutili che aveva girato dove era obbligato a quella eterna faccetta allegra e sorridente, penso solo ai terribili L’uomo bicentenario o Patch Adams o Al di là dei sogni, tutti film che, misteriosamente aveva a che fare con la morte e a come superarla.

Al punto che fu un incredibile ritorno vederlo come assassino in Insonnia di Christopher Nolan nel 2002 e nell’inquietante One Hour Photo, dove il suo sorriso svela un malessere probabilmente reale che il mondo di Hollywood ha tentato per anni di nascondere. Lo avrebbero voluto eternamente nei panni della nanny di Mrs Doubtfire o come Peter Pan in Hook o come Genio della Lampada in Alladin.

Lo aveva capito Francis Coppola che gli affida il personaggio di Jack Powell, il bambino che invecchia inesorabilmente prima di chiunque altro in Jack, o George Roy Hill che ne fa l’eroe del romanzo di John Irving, Il mondo secondo Garp, in grado di attraversare capendolo il mondo in cambiamento dell’America degli anni ’80. E, certo, lo avevano capito Peter Weir e Gus Van Sant rendendolo per sempre il grande educatore dei ragazzi cresciuti nei primi anni ’90 in due piccoli capolavori come L’attimo fuggente e Will Hunting, che gli frutterà un Oscar da protagonista. Nei panni del professor Keating e di Sean Maguire il talento comico di Robin Williams si scioglieva per capire fino in fondo i desideri delle nuove generazioni, per aprire un ponte fra mondi diversi, come il suo Mork di «nano nano».

È incredibile come un attore di genio e di talento come lui, in grado di divertire platee di tutto il mondo, di caricare ogni ruolo di una energia positiva, fosse poi così triste e disperato nella vita privata. Come svuotato, vittima di una Hollywood che aveva già triturato talenti come John Belushi e finirà col triturare Philip Seymour Hoffman.

Stand-up comedian di gran fama aveva fatto un esordio magistrale nel mondo della tv come il marziano Mork nella serie tv Happy Days, per poi aprire la sua stessa serie di infinito successo, appunto Mork and Mindy. Robert Altman lo vuole subito per la sua folle versione cinematografica di Popeye nel 1980, girato in Italia. Non è un capolavoro, ma andrebbe rivisto con attenzione e il Braccio di Ferro di Williams è identico a quello del fumetto. Ma grazie a Garp, al delizioso Mosca a New York di Paul Mazursky, e soprattutto a Good Morning, Vietnam di Barry Levinson, dove è il dj Adrian Cronauer che sveglia le truppe in Vietnam, e L’attimo fuggente di Peter Weir, tra la fine degli anni ’80 e tutti gli anni ’90, diventa uno dei volti più amati e popolari di Hollywood.

Terry Gilliam lo vuole come “re della luna” nel curioso Il Barone di Munchausen, dove si firmerà Ray D. Tutto, ma anche nel magistrale La leggenda del re pescatore, dove darà una delle sue migliori interpretazioni di sempre. Penny Marshall gli affida il difficile ruolo del dottor Malcolm Sayer in Risvegli e Mike Nichols lo impone come protagonista assieme a Nathan Lane di Piume di struzzo, la versione hollywoodiana di Il vizietto.

Grande improvvisatore, battutista politico, di Bush disse «la gente dice che la satira è morta. Non è vero. È viva e vegeta e sta alla Casa Bianca», Williams ha dato molto al mondo dello spettacolo e al cinema americano. Ne è uscito come triturato, svuotato, la sua depressione era tangibile anche per lo spettatore e lo avremmo voluto come era prima, eroe di un periodo glorioso di scoperte e di grandi energie che aveva incarnato per tutti così bene. È lui Peter Pan, è Jack è Adrian Cronauer.

Obama lo ha descritto così oggi: «Robin Williams era un pilota, un dottore, un genio, una nanny, un presidente, un professore, un bangarang Peter Pan, e ogni altra cosa tra questi personaggi. Ma era speciale. Era arrivato nelle nostre vite come un alieno, ma ha finito per toccare ogni elemento dello spirito umano. Ci faceva ridere. Ci faceva piangere. Dava il suo incommensurabile talento liberamente e generosamente a quelli che più ne avevano bisogno, dalle nostre truppe all’estero agli emarginati delle nostre strade. La famiglia Obama offre le sue condoglianze alla famiglia di Robin, ai suoi amici e a ognuno che abbia trovato la sua voce e la sua parole grazie a Robin Williams».

Marco Giusti