La Gazzetta dello Sport, 2 agosto 2014
Facciamo qualcosa che non abbiamo mai fatto, e cioè prendiamoci per intero - quasi un copia e incolla - l’articolo che Marco Travaglio ha scritto ieri sul Fatto
Facciamo qualcosa che non abbiamo mai fatto, e cioè prendiamoci per intero - quasi un copia e incolla - l’articolo che Marco Travaglio ha scritto ieri sul Fatto . Nel senso che lo condividiamo in toto, che anzi abbiamo implicitamente già sostenuto questa tesi nel “Fatto del Giorno” del 19 gennaio dell’anno scorso, però non con la forza di Travaglio e la sua sapienza di argomenti giuridici.
• Quale tesi? Di che stiamo parlando?La tesi che Fabrizio Corona va graziato. L’attacco di Travaglio è questo: «Ora che le telefonate di un premier alla Questura di Milano per far rilasciare una minorenne fermata per furto non sono più reato, una domanda sorge spontanea: che ci fa Fabrizio Corona nel carcere milanese di massima sicurezza di Opera per scontarvi un cumulo di condanne a 13 anni e 8 mesi, poi ridotte con la continuazione a 9 anni? È normale che un quarantenne che non ha mai torto un capello a nessuno marcisca in prigione accanto ai boss mafiosi al 41bis, per giunta col divieto di curarsi e rieducarsi, fino al 50° compleanno? Lo domandiamo al capo dello Stato, così sensibile alle sorti di pregiudicati potenti come il colonnello americano Joseph Romano, condannato a 7 anni per un reato molto più grave di tutti quelli commessi da Corona: il sequestro di Abu Omar, deportato dalla base Nato di Aviano a quella di Ramstein e di lì tradotto al Cairo per essere a lungo torturato. Latitante negli Usa, senz’aver mai scontato né rischiato un minuto di galera, Romano fu graziato nel 2013 su richiesta di Obama da Napolitano in barba alle regole dettate dalla Consulta nel 2006». Non ci nascondiamo quel tanto di perfidia che c’è in questa posizione: attaccare implicitamente la sentenza che ha mandato assolto Berlusconi nel caso Ruby, attaccare Napolitano, a cui Travaglio ha dedicato un pamphlet durissimo (Viva il Re! , Chiarelettere) e di cui non manca mai di stigmatizzare, con la veemenza che gli è propria, le disinvolture istituzionali. Questi sotto aspetti dell’articolo oggi non ci interessano. Ci interessa l’idea che Corona sia vittima di una condanna assurdamente pesante.
• Quali sono le regole dettate nel 2006 dalla Consulta in merito alla grazia?
Lo scrive Travaglio stesso: «La grazia dev’essere un atto “eccezionale” ispirato a una “ratio umanitaria ed equitativa” volta ad “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale”, cioè per “attuare i valori costituzionali... garantendo soprattutto il ‘senso di umanità’ cui devono ispirarsi tutte le pene” e “il profilo di ‘rieducazione’ proprio della pena”. Parole che paiono cucite addosso a Corona». Segue l’elenco dei reati, qualche volta ridicoli, qualche altra dubbi, come i cinque anni inflitti per la pretesa estorsione a Trezeguet.
• Ogni volta che vado a cena con qualcuno - bravissime persone, s’intende - e l’argomento casca su Corona la tesi prevalente è che bisogna tenerlo dentro e buttare la chiave.
Lo so. È la tesi che circola anche in rete. È la ragione per cui la cosiddetta giustizia popolare è un obbrobrio che un paese civile deve ignorare in partenza. Corona è antipatico ed è uno scemo che ha continuato a fare lo scemo per anni senza rendersi conto che si stava mettendo un cappio al collo, dato che non appartiene ai giri giusti per esibirsi nelle spacconate in cui si è esibito. È un uomo solo, e in Italia essere soli può costare carissimo. Travaglio pure ammette che non sia «uno stinco di santo» e che magari sarà bene «che resti al fresco un altro po’ a meditare sui suoi errori, come ha iniziato a fare fondando un giornale per i detenuti, “Liberamente”, e rivedendo criticamente il suo passato nel libro Mea culpa ».
• Ma si può dare una “mezza grazia” che lo tenga «al fresco un altro po’»?
Travaglio chiede che gli sia tolta almeno la condanna “ostativa” subìta al processo Trezeguet. Il nostro sistema vuole che il carcere abbia un valore rieducativo, e infatti la buona condotta provoca una riduzione automatica della pena di 75 giorni ogni sei mesi. Ma se la condanna è ostativa «niente sconti per la liberazione anticipata, niente percorso rieducativo e terapeutico, almeno cinque anni in cella di sicurezza. Un pesce rosso in uno stagno di squali [...] Una grazia almeno parziale, che rimuova il macigno dei cinque anni ostativi sarebbe il minimo di umanità per ridare speranza a un ragazzo che ne ha combinate di tutti i colori, ma senza mai far male a nessuno. Se non a se stesso». Sappiamo già che la maggioranza dei lettori non è d’accordo, ma per quanto ci riguarda Travaglio ha ragione al cento per cento.
• Napolitano darà la grazia?
Venendo la richiesta da un giornalista che detesta, temo purtroppo di no.