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 2014  agosto 04 Lunedì calendario

La tragedia di Treviso ci impone di scrivere il solito pezzo sull’Italia devastata, incapace di tutelare il proprio territorio, senza soldi per rimediare al mal fatto e in cui i cittadini - cioè la cosiddetta società civile - è colpevole quanto i politici distratti e ignoranti da cui siamo circondati

La tragedia di Treviso ci impone di scrivere il solito pezzo sull’Italia devastata, incapace di tutelare il proprio territorio, senza soldi per rimediare al mal fatto e in cui i cittadini - cioè la cosiddetta società civile - è colpevole quanto i politici distratti e ignoranti da cui siamo circondati.

Diamo qualche dettaglia sulla tragedia di Treviso.
I morti sono quattro. Fabrizio Bortolin, 48 anni, di S. Lucia di Piave; Maurizio Lot, 52 anni, di Farra di Soligo; Luciano Stella, 50 anni, gommista di Pieve di Soligo; Giannino Breda, 67 anni, di Falzè di Piave. Ci sono altri due feriti gravissimi, ricoverati a Treviso. I due feriti portati a Conegliano e Vittorio Veneto non destano preoccupazioni. I dettagli della tragedia sono semplici da spiegare: qualcosa ha bloccato il piccolo torrente Lierza, che, ostruito da quella diga involontaria e gonfiato dalle piogge incessanti degli ultimi giorni,  ha preso a gonfiarsi. Intanto, gente allegra, un 150 persone circa, s’era radunata al Molinetto di Croda di Refrontolo per far baldoria in occasione della cosiddetta Festa degli Omeni, cioè Festa degli Uomini, tipica celebrazione goduriosa e ridanciana dell’Arco Alpino in memoria dei soldati di Napoleone e dei loro fuseaux attillatissimi e rivelatori... Basta, di queste graziose barzellette sporche s’è persa subito memoria intorno alle 22.30 di domenica: una massa d’acqua di spaventose dimensioni, un’onda enorme e ruggente, tre metri d’altezza, s’è rovesciata sugli uomini e sulle donne che si stavano divertendo in mezzo ai piccoli stand. L’immensa cascata d’acqua ha travolto tutto, trasformando la strada in un fiume vorticoso, trascinando le macchine in sosta, i capannoni, i container e gli essere umani: molti si sono salvati aggrappandosi d’istinto alle capriate degli stand, o salendo sulle auto, e poi arrampicarsi sugli alberi quando anche le macchine sono state travolte. Soccorsi difficili, in una zona impervia e abbastanza isolata. All’alba, dopo aver ispezionato le auto sommerse e recuperato tre dei quattro corpi, i soccorittori hanno hanno confermato che le vittime non erano più di quattro.  

Le cause?
All’inizio s’è detto che l’ostruzione all’origine della cosiddetta bomba d’acqua che ha fatto tracimare il Lierza sarebbe stata causata da alcune balle di fieno giganti, che avrebbero creato la diga assassina. Questa ricostruzione è stata poi smentita o messa in dubbio. All’origine della tragedia potrebbero esserci invece le colline coltivate a vigneti, incapaci di offrire resistenza a precipitazioni eccezionali come quelle di questi giorni. Qui si produce il Prosecco, a cui sono dedicati 20 mila ettari (16.500 in Veneto, 3.500 in Friuli). A Refrontolo, in particolare, operano 14 aziende e si coltivano 2.500 ettari per la produzione del Marzemino. Ma la legge impedisce dal 2011 che la superficie coltivata aumenti, la Regione Veneto ha rinnovato il divieto appena qualche giornoi fa.  

E allora?
E allora è difficile ammettere che c’entri il Prosecco. Più in generale, si imputa il dissesto idrogeologico delle zone collinari e montane - come questa - all’abbandono dei territori dal parte della popolazione. Il dato riguarda tutta l’Italia: in Emilia Romagna, dal 1971 a oggi, la popolazione che vive sulle alture è diminuita del 53%, nel Molise del 46,9%, in Liguria del 34%. Nel Veneto, la Regione che ci interessa oggi, del 33,3 .  

Perché lo spopolamento dei territori ha conseguenze così gravi sul dissesto idrogeologico?
Le rispondo con le parole di Giuseppe De Luca, segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, studi alla London School of Economics, professore associato di Urbanistica alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze: «Fino a vent’anni fa gli abitanti provvedevano alla manutenzione ordinaria del territorio, in alta collina e in montagna. C’erano le colture dei contadini i quali poi provvedevano a molte opere di manutenzione semplicemente perché amavano farlo, rientrava nella loro cultura. Aggiungiamoci il lavoro dei consorzi di bonifica, e nel Mezzogiorno d’Italia la politica democristiana che portò a una forte forestazione. Tutto questo è finito, le aree collinari e montane si sono spopolate. Le aree non vengono più curate. Questa è la ragione di ciò che stiamo vedendo: l’aumento esponenziale dei disastri, appunto, in collina e montagna».  

Se la causa è lo spopolamento, temo non ci sia soluzione.
Lo spopolamento è una delle cause. Un’altra, tra le tante, è l’abitudine dei cittadini a non tenere in alcun conto i pericoli, a costruire sulle aree a rischio, salvo poi chiedere allo Stato di essere aiutati quando la Natura presenta il conto. A febbraio il paese di Refrontolo era già stato messo in allarme da tre frane, di cui due di grosse dimensioni, che incombevano proprio sulla zona del Molinetto della Croda e sulla caratteristica cascata alimentata dal torrente Lierza. Il torrente era esondato anche allora, con intervento del Genio Civile. Un avvertimento, a quanto pare, del tutto inutile.