La Gazzetta dello Sport, 3 agosto 2014
Tags : L’Ebola in Italia
Torniamo a occuparci di Ebola, il virus che gira in Africa dallo scorso aprile, perché c’è una preoccupazione di Obama e un allarme dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), lanciato dalla sua direttrice, Margaret Chan, il cui senso è: l’Ebola è un pericolo reale, potenzialmente catastrofico, e la comunità internazionale è chiamata a uno sforzo collettivo per arginare il virus
Torniamo a occuparci di Ebola, il virus che gira in Africa dallo scorso aprile, perché c’è una preoccupazione di Obama e un allarme dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), lanciato dalla sua direttrice, Margaret Chan, il cui senso è: l’Ebola è un pericolo reale, potenzialmente catastrofico, e la comunità internazionale è chiamata a uno sforzo collettivo per arginare il virus. Dice Chan che l’epidemia avanza in Africa Occidentale più velocemente della mobilitazione attualmente in corso per frenarla. «Gli effettivi del soccorso nazionale e internazionale sono tristemente inadeguati». C’è da considerare l’altissima mobilità delle popolazioni africane, regolari o clandestine. Nessuno, aggiunge Chan, può sentirsi al sicuro.
• Già, la faccenda degli immigrati. Al Qaeda ci manda terroristi, le scimmie e i pipistrelli ci spediscono malati di Ebola.
Gli espertti escludono che la cosa sia possibile perché i disgraziati che sbarcano a Lampedusa o a Pozzallo sono in realtà in viaggio da un anno almeno. Il virus si sviluppa in un periodo di tre-venti giorni e dentro una comunità stipata come quella dei clandestini farebbe immediatamente una strage. Ebola si propaga attraverso i liquidi, e sappiamo con sicurezza che tra gli africani o gli asiatici che vengono da noi ci sono rapporti sessuali e spesso, purtroppo, anche violenze sessuali, L’ideale per infettarsi. Nei paesi colpiti una delle prime raccomandazioni è evitare di far l’amore.
• Quali sono questi paesi?
Soprattutto Guinea - da dove è partito il contagio di quest’anno - Sierra Leone e Liberia. Ma martedì scorso c’è stato un caso in Nigeria, ed è un caso allarmante. Patrick Sawyer, un americano di 40 anni originario della Liberia e al lavoro a Monrovia, s’è sentito male mentre stava tornando in Minnesota, lo hanno ricoverato, isolato, curato, ma inutilmente: al quinto giorno è morto nell’ospedale di Lagos. La vedova ha detto: «Se avesse avuto sintomi più leggeri, avrebbe potuto portare il virus negli Stati Uniti». Il problema non è solo questo: nel suo viaggio di ritorno Sawyer è passato per quattro aeroporti, e siccome non abbiamo la minima idea di chi abbia incontrato, ci sono adesso in giro trentamila persone che potenzialmente potrebbero essere state infettate da lui. La cosa sembrando enorme, i giornalisti sono andati a far domande a Yewande Adeshina, consigliere speciale per la Sanità pubblica in Nigeria. Il quale ha confermato: «Stiamo effettivamente cercando oltre 30 mila persone potenzialmente infette». I trentamila, naturalmente, trovandosi in aeroporto erano nella maggior parte dei casi in viaggio. Dove saranno sbarcati? Con quante altre migliaia di uomini e donne saranno entrati in contatto? L’Italia non ha collegamenti diretti con le città africane a rischio, quelli che hanno un traffico più intenso con quei paesi sono Francia e Inghilterra. In Francia tutte le strutture sono in allerta da aprile. A Londra, Cameron ha convocato una riunione Cobra, una di quelle cioè che servono ad affrontare le emergenze estreme (in genere gli attentati di al Qaeda o dell’Ira).
• In Italia qualcuno di quei trentamila, però, potrebbe arrivare lo stesso.
Ci assicurano che, scoprendo un paziente infetto, saremmo capaci di isolarlo in un battibaleno. Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità, dice: «Non c’è nessun rischio che qualche persona che abbia contratto il virus Ebola in Africa arrivi nel nostro Paese e faccia innescare un focolaio epidemico. Anche se l’epidemia in corso è comunque senza precedenti sia per numero di persone colpite che per estensione, per cui è auspicabile un rapido intervento internazionale da parte degli operatori per contenere quanto più possibile la diffusione del virus». La Commissione europea aveva stanziato un milione e 900 mila euro per combattere il rischio Ebola, e adesso ha tirato fuori altri due milioni. I più preoccupati sono quelli dell’Oms: vogliono la creazione di una task force di 200 specialisti che partano per le zone a rischio. Insistono nel dire che «si tratta di un fenomeno senza precedenti e assolutamente fuori controllo, la situazione non fa che peggiorare, per cui si sta nuovamente estendendo, soprattutto in Liberia e Sierra Leone».
• Quanti sono i morti finora?
726 su 1323 casi censiti, il che abbassa la media della mortalità di Ebola, finora considerata al 90%. 57 le vittime negli ultimi quattro giorni. Tra questi ci sono veri eroi della medicina, che hanno combattuto il virus a loro rischio e pericolo e ci hanno lasciato la pelle: il dottor Sheik Umar Khan, il medico americano Kent Bratley, Samuel Brisbane, che dirigeva il primo ospedale di Monrovia.
• Non c’è speranza che si trovi una cura? Un vaccino?
Gli americani ne sperimenteranno uno a settembre. Nel National Institute of Health. Ci sono stati risultati incoraggianti sulle scimmie, adesso si sperimenterà sull’uomo. Prima però che un farmaco sia reso davvero disponibile, con tutti i test necessari, ci vorranno anni.