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 2014  agosto 01 Venerdì calendario

Si devono registrare le prime, vere difficoltà per Matteo Renzi.• Che difficoltà? La prima difficoltà si chiama Senato

Si devono registrare le prime, vere difficoltà per Matteo Renzi.

Che difficoltà?
La prima difficoltà si chiama Senato. La seconda difficoltà si chiama Carlo Cottarelli. La terza difficoltà si chiama Pier Carlo Padoan.  

Cominciamo dal Senato.
È molto semplice. Ieri al Senato, discutendosi sulla riforma del medesimo Senato, il senatore Stefano Candiani, leghista, ha presentato l’ennesimo emendamento all’articolo 55 della Costituzione, nel quale si stabilisce che il nuovo Senato avrà competenza anche sulle leggi relative alla famiglia, al matrimonio, alla salute e ai temi etici (biotestamento, diritti civili). La Lega aveva chiesto che sul punto si votasse in segreto, il ministro Boschi aveva detto di no, la relatrice Finocchiaro aveva detto di no, l’altro relatore Calderoli, leghista, aveva invece dato parere favorevole. Il presidente Grasso ha quindi deciso per il voto segreto e l’emendamentoi è passato con 154 sì, 147 no e 2 astenuti. Dopo la bocciatura del governo, i leghisti hanno intonato il coro «libertà, libertà», il presidente Grasso ha quindi sospeso la seduta e convocato la conferenza dei capigruppi. Per protesta Cinquestelle, Sel e Lega hanno disertato l’Aula. Il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, ha protestato per la concessione del voto segreto. Grasso ha replicato: «Ho rispettato sia nelle forme sia nella sostanza le regole previste dalla Costituzione e dai regolamenti senza accettare che queste regole venissero di volta in volta piegate da qualsivoglia interesse di parte». Al mattino Grasso era stato violentemente contestato dal vicepresidente grillino della Camera, Luigi Di Maio: «Ho visto Pietro Grasso trincerarsi dietro il voto dell’aula per non assumersi alcuna responsabilità. Al grido “L’aula è sovrana”ha posto in votazione qualsiasi questione procedurale venisse avanzata dalla maggioranza: tutti chiari espedienti per evitare il voto segreto o per eliminare la discussione su migliaia di emendamenti in 5 minuti». Il governo era andato sotto anche in commissione Giustizia, su un emendamento di Nitto Palma al decreto carceri.  

Reazioni?
Un comunicato del Pd dice che sono tornati in azione i 101 franchi tiratori che fecero fuori Prodi alle elezioni per il Quirinale. Bersani ha risposto con un tweet spiritoso: «Spiacevole davvero il voto al #Senato. Ma sui #101 andiamo cauti. Lì l’esperto sono io». Renzi ha minimizzato: quel punto non è essenziale, la storia è brutta ma vedremo nel corso delle altre letture se tornare o no al testo originale. Però il Movimento 5 Stelle, non a torto, sostiene che il Senato responsabile delle leggi sulla famiglia eccetera è a questo punto troppo importante per non essere eletto dai cittadini. Renzi sta cercando di calmare le acque facendo sapere che è pronto a modificare l’Italicum, introducendo le preferenze e alzando la soglia per il premio di maggioranza. Non so se questo basterà a rasserenare gli animi. Mi chiedo anche che cosa accadrà quando un incidente del genere, da qui all’8 agosto, dovesse ripetersi.  

Ha detto che un altro motivo di difficoltà si chiama Carlo Cottarelli.
Sì, Carlo Cottarelli al tempo del governo Letta abbandonò il Fondo Monetario Internazionale per venire in Italia ad occuparsi dei risparmi nella spesa pubblica. Cioè i tagli non più lineari della nostra amministrazione. Caduto Letta, Renzi ha mostrato per il cosiddetto mister Forbici molta poca simpatia, per esempio evitando di trasferire il suo ufficio a Palazzo Chigi, astenendosi dal pubblicare le 25 relazioni su altrettanti segmenti della spesa pubblica pronte sin da marzo, non dando seguito a una serie di risparmi che avrebbero dovuto cominciare già a maggio. Criticato da un editoriale di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, Cottarelli ha risposto scrivendo sul suo blog che il governo spende i risparmi futuri prima ancora che si siano realizzati e che in questo modo i tagli non serviranno certo ad alleggerire la pressione fiscale. Renzi ha risposto che con o senza Cottarelli i tagli si faranno lo stesso. Si sa che mr Forbici se ne andrà a ottobre, per tornare come direttore esecutivo al Fmi (Renzi non ha rinnovato a bella posto quell’incarico ad Andrea Montanino). Al suo posto il renzianissimo Yoran Gutgeld.  

E Padoan?
Sta con Cottarelli e lo si descrive assai pentito di aver accettato la carica di ministro dell’Economia, invece della presidenza dell’Istat. Sta meditando di andarsene anche lui a ottobre.  

Per dimettersi ci vuole una ragione.
Potrebbe essere l’annuncio di una manovra da 16 miliardi per trovare le coperture agli 80 euro e al resto. La manovra è sicura. Che sia solo di 16 miliardi è tutto da dimostrare.