Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 16 Mercoledì calendario

Juncker è il nuovo presidente della Commissione Europea • Undici Stati sono contrari a Federica Mogherini come Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri • Hamas respinge la tregua a Gaza • Deraglia il metrò a Mosca: 21 morti e 160 feriti • Conte lascia la Juve

 

Juncker Jean-Claude Juncker ha ottenuto l’approvazione dell’Europarlamento e dal novembre prossimo potrà insediarsi alla presidenza della Commissione europea. La maggioranza composta dal suo partito popolare Ppe, i socialdemocratici S&D e gli euroliberali Alde, che contava su 479 seggi, ha tenuto. Juncker è passato nell’aula di Strasburgo con 422 si, 250 no e 57 astenuti/schede nulle (su 729 presenti). L’ex premier lussemburghese ha dovuto promettere molte concessioni per ottenere i consensi necessari. Il capogruppo di S&D Gianni Pittella ha annunciato l’appoggio decisivo dei suoi 191 eurodeputati solo poco prima del voto. L’obiettivo era ottenere soprattutto nuove politiche orientate al rilancio della crescita e dell’occupazione, che indicassero una chiara svolta rispetto al passato del lussemburghese alla guida dell’Eurogruppo dei ministri finanziari. In quegli anni (dal 2005 al 2012) era stato promotore del rigore finanziario filo Germania e delle misure di austerità rivelatesi recessive in vari Paesi. La principale promessa è stata «un ambizioso pacchetto di interventi per l’occupazione, la crescita e gli investimenti», pescando nel bilancio dell’Ue e della banca comunitaria Bei, per «mobilitare fino a 300 miliardi di ulteriori investimenti pubblici e privati nell’economia reale nei prossimi tre anni». Dovrebbe iniziare «entro il febbraio 2015».

Mogherini Per il ruolo chiave di alto rappresentante Ue per gli Affari esteri «Federica Mogherini è considerata un buon candidato», ma «ha dieci-undici paesi contro». Lo riferiscono fonti vicine a Jean Claude Juncker. Tra i Paesi dell’Est che rimproverano alla candidata italiana una linea politica troppo vicina a Putin solo la Lituania esce allo scoperto. «Non sosterremo la candidatura del ministro italiano», afferma il premier Butkevicius a poche ore dalla cena in programma questa sera a Bruxelles dove i leader dovranno trovare l’intesa sulle nomine europee dopo l’ok a Juncker. Il sottosegretario responsabile per le Politiche europee Sandro Gozi, che rappresentava in Aula la presidenza italiana di turno dell’Ue durante il voto su Juncker, ha confermato la decisione del governo di Matteo Renzi di puntare su Mogherini come ministro degli Esteri Ue. Ha escluso che l’Italia possa accettare un ridimensionamento del ruolo e ha richiamato i poteri del «Trattato» specificamente indicati. Ha anche ricordato che l’accordo sul «si» a Juncker è collegato alla nomina della responsabile della Farnesina come Alto Rappresentante. Renzi sarebbe pronto allo scontro davanti a un freno del lussemburghese e dei Paesi dell’Est, fiducioso che le trattative sviluppate con Merkel e altri leader lo vedrebbero vincente in un voto a maggioranza.

Hamas La tregua proposta dall’Egitto è durata poche ore ed è stata unilaterale. Ieri mattina Israele ha sospeso gli attacchi sulla Striscia di Gaza. Da dove invece continuavano a partire missili, razzi, colpi di mortaio, alla fine della giornata quasi 130 proiettili verso le città israeliane. La raffica contro Tel Aviv, nel pomeriggio, viene rivendicata insieme da Hamas e dalla Jihad islamica: il messaggio è rivolto ai mediatori del Cairo, le fazioni palestinesi sono unite. Dopo aver fermato per qualche ora i raid, il premier Benjamin Netanyahu ha dato ordine ai generali di ricominciare. Alla sera ha parlato alla nazione: «La decisione da parte di Hamas di respingere la tregua non ci lascia alternativa. Pagheranno per questa scelta. L’offensiva verrà allargata e intensificata». In otto giorni di conflitto i morti a Gaza sono quasi duecento, per la maggior parte civili. Ieri la prima vittima israeliana: un uomo di 38 anni non è sopravvissuto alle ferite per un colpo di mortaio, era un volontario che distribuiva cibo e dolci ai soldati posizionati attorno alla Striscia. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Metro Ventuno persone sono rimaste uccise e centosessanta ferite (più di quaranta sono in condizioni disperate) nel deragliamento di un vagone della metropolitana di Mosca. Morto anche il macchinista. Il treno è deragliato sulla linea Arbatsko-Pokrovka, che arriva in centro città. In un primo momento si è parlato di un taglio della corrente che avrebbe provocato l’arresto del treno. Poi è emersa l’ipotesi che il sistema antincendio abbia frenato il treno per la presenza di fumo nella galleria. Ma alcuni macchinisti interpellati dalla tv russa, hanno escluso la possibilità che un treno deragli per una frenata d’emergenza. L’emittente Rossiya 24 e diversi siti internet hanno fatto un’altra supposizione. Proprio dove è avvenuto l’incidente, sei giorni fa è stato installato un nuovo scambio automatico. Per un qualche motivo, magari per un calo di tensione, lo scambio sarebbe scattato indirizzando il convoglio verso un tunnel cieco.

Conte Antonio Conte, l’allenatore dei tre scudetti consecutivi, lascia la Juventus. «“Risoluzione consensuale” è la formula di rito. Tutto avviene all’improvviso, al secondo giorno di ritiro, all’alba della nuova stagione, quando gli screzi e le incertezze che avevano accompagnato il finale dell’ultima annata sembravano ormai acqua passata e l’emergenza rientrata con il tweet societario di maggio che sanciva “Stagione 2014-15: allenatore Antonio Conte”. E invece no, tutto cambia, tabula rasa. Antonio Conte lascia la Juve, dopo tre anni di successi. Non ci sono strappi però, è la fine di un rapporto o, come dicono i protagonisti, “la fine di un matrimonio”. Adesso i campioni d’Italia, irraggiungibili soprattutto nell’ultimo campionato, devono ripartire: la corsa è a due, tra Allegri e Mancini, con l’ex milanista in pole. Per Conte si profila l’ipotesi dell’Italia. Il divorzio si consuma in un pomeriggio estivo a Vinovo dove l’ormai ex tecnico, accompagnato dal suo avvocato, Antonio De Rensis, incontra i vertici del club bianconero. Ci sono il presidente Agnelli, l’amministratore delegato Marotta e il direttore sportivo Paratici. Un antipasto c’era già stato lunedì, tra De Rensis e Marotta: si vociferava di discorsi per il rinnovo di contratto, di disgelo. Niente di tutto questo. Erano i prodromi di quanto è montato ieri, tra indiscrezioni che si facevano sempre più verità. Nel faccia a faccia non volano stracci, non vengono usate parole grosse perché i rapporti umani sono sempre stati ottimi. Conte esprime tutta la sua stanchezza dovuta al triennio tanto esaltante, quanto logorante sotto il profilo psicologico. Le critiche per l’eliminazione dall’Europa League non lo hanno lasciato indifferente. La stanchezza e il logorio sono le principali cause della separazione più che le divergenze sul mercato, anche se le ambizioni di rafforzamento del tecnico non collimavano con il percorso societario. Di stanchezza aveva già parlato pubblicamente, Conte, nel bel mezzo dei festeggiamenti dopo lo scudetto dei 102 punti: “Non so se avrò la forza per andare avanti”» (Bonsignore, Cds)

(a cura di Roberta Mercuri)