Corriere della Sera, 15 ottobre 2005, 15 luglio 2014
Tags : Anno 1901. Raggruppati per Opere. Italia. Musica
Puccini librettista (note dall’Epistolario)
Corriere della Sera, 15 ottobre 2005
Come il Renzo dei Promessi sposi, che con gagliardaggine affermava d’esser poeta con una «vena curiosa», anche il musicista Giacomo Puccini si dilettava a scriver versi agli amici. È quanto emerge dalle ricerche in corso sulla sua corrispondenza (in parte inedita) che sta compiendo il Centro Studi Giacomo Puccini nell’ ambito delle iniziative promosse dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni Pucciniane (2004-2008), istituito per i 150 dalla nascita del musicista di Torre del Lago. Celebrazioni che, domani sera, avranno un primo grande evento con il concerto della Filarmonica e Coro della Scala diretti da Riccardo Chailly nella Basilica di San Frediano a Lucca. Il «Puccini poeta» emerge da studi condotti da Virgilio Bernardoni, Dieter Schickling e Gabriella Biagi Rivenni sull’epistolario d’inizio secolo, i cui primi risultati vengono ora raccolti nel volume Madama Butterfly fonti e documenti della genesi a cura di Arthur Gross (Maria Pacini Fazzi editore). Puccini scriveva versi d’ occasione, ma talvolta anche testi in rima che trasmetteva ai suoi librettisti per suggerire loro la composizione dei testi delle opere liriche. Ciò accadde con Luigi Illica e, in particolare, con Giuseppe Giacosa, i librettisti della Madama Butterfly, che andò in scena il 17 febbraio 1904 alla Scala, e il cui soggetto è ispirato al racconto di John Luther Long del 1898 e successivo dramma di David Belasco. La diatriba, settecentesca, se le parole dell’ opera in musica dovessero venir composte prima o dopo le note, e già risolta in favore della seconda ipotesi da Casti e Salieri nell’ operetta del 1786 Prima la musica poi le parole. Per Puccini nemmeno si pone: non solo le parole devono seguire le note, ma nel suo caso il compositore si faceva addirittura poeta per suggerirle. Almeno per la Butterfly. La composizione della Madama Butterfly iniziò nel 1901 e venne praticamente conclusa nel dicembre del 1903. Durante questo periodo Puccini scrisse numerose lettere a Giacosa e Illica. Nelle prime dimostra di documentarsi sul Giappone; dal 1902 sollecita invece la stesura del libretto, anche in poesia. Ecco un esempio del maggio 1902: «Caro Giacosa / Senti una cosa: / tu finirai / la Butterflaj? / mi raccomando / come un calmucco / spremi il tuo succo / finisci alfin!...» Tra tutte le «missive poetiche» la più interessante sembra quella che Puccini invia a Giacosa da Boscolungo il 3 settembre 1903, nella quale suggerisce esplicitamente un testo per il libretto della Butterfly, della quale ha già composto la musica. «Caro Giacosa - scrive Puccini -, eccoti il metro giusto della ninna nanna: Bimbo mio dormi / qui vicino a me / dormi tranquillo / stringiti al mio sen / dormi d’un sonno / sol, senza pensier / sogna tua mamma / sognala davver - Mio bimbo, lontan dai guai / bimbo mio dormi - Suz: Povera Butterfly etc. Puoi anche fare una altra ripresa del metro e quantità di versi come ti ho esposto - mandami presto anche gli accomodi del I atto. / aff tuo / GPuccini / Giovedì». Più che il suggerimento di un metro, sembra un vero e proprio testo da mettere in pagina. E Giacosa lo rispetta abbastanza. Ecco il passaggio del secondo atto del libretto: «Dormi amor mio, / dormi sul mio cor. / Tu se con Dio / ed io col mio dolor / (si avvia lentamente alla scaletta) / Dormi amor mio, / dormi sul mio cor. / Tu se con Dio / ed io col mio dolor. / A te i rai / degli astri d’or: / bimbo mio dormi! / (sale la scaletta) / Suzuki (mestamente crollando la testa) / Povera Butterfly!». Insomma, poesie ironiche e suggerimenti caratterizzarono la genesi della Butterfly sino ai giorni della messa in scena. Quando la rima lascia il posto alla paura. «Caro Illica, domenica / sono a letto da 6 giorni ammalato di gastroenterite!», scrive Puccini al librettista il 24 gennaio 1904, quando siamo alle prove. «Le prove,... dicono, che tutto va bene. Però Zenatello e la Suzwki (ndr sic!) sono due lavativi. Il I dice che la parte lo stanca!!! la 2ª è al di sotto del mediocre e non credo che renderà la parte - Rosina (la Storchio, ndr) ottimissima!». Come è noto la prima dell’ opera alla Scala andò malissimo. Il compositore dedicava ironiche rime agli amici
Come il Renzo dei Promessi sposi, che con gagliardaggine affermava d’esser poeta con una «vena curiosa», anche il musicista Giacomo Puccini si dilettava a scriver versi agli amici. È quanto emerge dalle ricerche in corso sulla sua corrispondenza (in parte inedita) che sta compiendo il Centro Studi Giacomo Puccini nell’ ambito delle iniziative promosse dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni Pucciniane (2004-2008), istituito per i 150 dalla nascita del musicista di Torre del Lago. Celebrazioni che, domani sera, avranno un primo grande evento con il concerto della Filarmonica e Coro della Scala diretti da Riccardo Chailly nella Basilica di San Frediano a Lucca. Il «Puccini poeta» emerge da studi condotti da Virgilio Bernardoni, Dieter Schickling e Gabriella Biagi Rivenni sull’epistolario d’inizio secolo, i cui primi risultati vengono ora raccolti nel volume Madama Butterfly fonti e documenti della genesi a cura di Arthur Gross (Maria Pacini Fazzi editore). Puccini scriveva versi d’ occasione, ma talvolta anche testi in rima che trasmetteva ai suoi librettisti per suggerire loro la composizione dei testi delle opere liriche. Ciò accadde con Luigi Illica e, in particolare, con Giuseppe Giacosa, i librettisti della Madama Butterfly, che andò in scena il 17 febbraio 1904 alla Scala, e il cui soggetto è ispirato al racconto di John Luther Long del 1898 e successivo dramma di David Belasco. La diatriba, settecentesca, se le parole dell’ opera in musica dovessero venir composte prima o dopo le note, e già risolta in favore della seconda ipotesi da Casti e Salieri nell’ operetta del 1786 Prima la musica poi le parole. Per Puccini nemmeno si pone: non solo le parole devono seguire le note, ma nel suo caso il compositore si faceva addirittura poeta per suggerirle. Almeno per la Butterfly. La composizione della Madama Butterfly iniziò nel 1901 e venne praticamente conclusa nel dicembre del 1903. Durante questo periodo Puccini scrisse numerose lettere a Giacosa e Illica. Nelle prime dimostra di documentarsi sul Giappone; dal 1902 sollecita invece la stesura del libretto, anche in poesia. Ecco un esempio del maggio 1902: «Caro Giacosa / Senti una cosa: / tu finirai / la Butterflaj? / mi raccomando / come un calmucco / spremi il tuo succo / finisci alfin!...» Tra tutte le «missive poetiche» la più interessante sembra quella che Puccini invia a Giacosa da Boscolungo il 3 settembre 1903, nella quale suggerisce esplicitamente un testo per il libretto della Butterfly, della quale ha già composto la musica. «Caro Giacosa - scrive Puccini -, eccoti il metro giusto della ninna nanna: Bimbo mio dormi / qui vicino a me / dormi tranquillo / stringiti al mio sen / dormi d’un sonno / sol, senza pensier / sogna tua mamma / sognala davver - Mio bimbo, lontan dai guai / bimbo mio dormi - Suz: Povera Butterfly etc. Puoi anche fare una altra ripresa del metro e quantità di versi come ti ho esposto - mandami presto anche gli accomodi del I atto. / aff tuo / GPuccini / Giovedì». Più che il suggerimento di un metro, sembra un vero e proprio testo da mettere in pagina. E Giacosa lo rispetta abbastanza. Ecco il passaggio del secondo atto del libretto: «Dormi amor mio, / dormi sul mio cor. / Tu se con Dio / ed io col mio dolor / (si avvia lentamente alla scaletta) / Dormi amor mio, / dormi sul mio cor. / Tu se con Dio / ed io col mio dolor. / A te i rai / degli astri d’or: / bimbo mio dormi! / (sale la scaletta) / Suzuki (mestamente crollando la testa) / Povera Butterfly!». Insomma, poesie ironiche e suggerimenti caratterizzarono la genesi della Butterfly sino ai giorni della messa in scena. Quando la rima lascia il posto alla paura. «Caro Illica, domenica / sono a letto da 6 giorni ammalato di gastroenterite!», scrive Puccini al librettista il 24 gennaio 1904, quando siamo alle prove. «Le prove,... dicono, che tutto va bene. Però Zenatello e la Suzwki (ndr sic!) sono due lavativi. Il I dice che la parte lo stanca!!! la 2ª è al di sotto del mediocre e non credo che renderà la parte - Rosina (la Storchio, ndr) ottimissima!». Come è noto la prima dell’ opera alla Scala andò malissimo. Il compositore dedicava ironiche rime agli amici
Pierluigi Panza