la Repubblica, 9 luglio 2012, 13 luglio 2014
Tags : García Márquez e l’Alzheimer
Come mai mi chiama Carlo?
la Repubblica, 9 luglio 2012
Non se la merita Gabito questa inconsueta pantomima sul suo stato di salute.
Sulla memoria che se ne va. Sull’Alzheimer che avanza implacabile come accadde per sua madre Luisa, la straordinaria Ursula dei Cent’anni di solitudine, e come accadde — dice suo fratello Jaime — per tutta la famiglia Márquez, avvezza al calvario della demenza senile. Ieri, due frasi su twitter, hanno trasformato in un piccolo giallo le condizioni di salute del maestro Gabriel García Márquez, 85 anni il 6 marzo scorso, uno degli scrittori più letti ed amati nel mondo. Il direttore della Fondazione Nuevo Periodismo, la scuola di giornalismo creata da Márquez a Cartagena, in Colombia, nel 1994, ha smentito le parole di Jaime García Márquez, l’ottavo degli undici figli di Gabriel Eligio, il telegrafista, e Luisa, sua moglie, tredici anni più piccolo di Gabo. Parole che avevano già fatto il giro del mondo perché, per la prima volta, un membro della famiglia aveva rivelato un triste «segreto» già noto fra gli amici più intimi dello scrittore. Jaime Abello, il direttore della scuola, ha scritto: «Non voglio polemizzare, né commentare interpretazioni sull’intimità e la salute di Gabo, ma ribadisco che non esiste nessuna diagnosi medica di “demenza senile”. È soltanto anziano e si dimentica alcune cose ma tuttavia posso godere della sua amicizia».
Un missile sparato contro Jaime che qualche ora prima, davanti ad una platea di duecento ragazzi a Cartagena, aveva detto che suo fratello «non può più scrivere», che «non finirà mai la seconda parte della sua autobiografia» Vivere per raccontarla e che «a volte quando parliamo per telefono mi viene da piangere perché sento che se ne sta andando». I due Jaime, Abello e García Márquez, hanno l’ufficio sullo stesso pianerottolo, uno di fronte all’altro, nella calle San Juan de Dios, nel quadrilatero del vecchio e maestoso centro coloniale di Cartagena de Indias. Ma evidentemente non si sono mai amati.
Anzi, Abello è il fiduciario di Mercedes Barcha, l’inflessibile moglie di Gabo, custode assoluta della sua privacy; mentre Jaime fratello, che con Mercedes non ha mai avuto «affinità elettive», (lui e Gabo scappavano di nascosto per andarsi ad ubriacare di pregiati whisky di malto in qualche bettola di Cartagena), rivendica il suo ruolo privilegiato di familiare (e di studioso dell’opera di Márquez) con diritto ad esprimersi liberamente. «A volte vorrei non essere suo fratello e poter parlare con un po’ più di libertà» — ha detto Jaime — «Ho una informazione che mi
intristisce ma adesso devo raccontarla perché non posso più controllarmi».
Jaime e Gabito non si vedono da oltre due anni perché Márquez non va più a Cartagena quando arriva la primavera come faceva tutti gli anni, a marzo, per trascorrere in Colombia la settimana del suo compleanno. Rimane a Città del Messico ed esce pochissimo. Ma si sentono quasi tutti i pomeriggi, racconta Jaime. «Chiama perché vuole che gli rinfreschi la memoria». «A me è toccata questa missione — aggiunge —, fortunata ma allo stesso tempo molto dolorosa. Ma penso che se ho il privilegio di poter parlare con lui debbo anche pagarlo in qualche modo. E lo pago con il dolore che provo, un dolore che alla fine mi lascia comunque una soddisfazione molto grande». A questo punto molti dei ragazzi si sono commossi ed anche sul volto di Jaime è scesa qualche lacrima.
Dopo aver rivelato che l’Alzheimer di Márquez è rapidamente peggiorato anche per le sessioni di chemioterapia alle quali si è dovuto sottoporre dieci anni fa per un tumore linfatico, Jaime ha concluso la sua conferenza-confessione parlando di due racconti inediti che, alla fine, lo scrittore ha deciso di non pubblicare: La tigra e Ci vediamo ad agosto. «Li ha riscritti molte volte in questi anni ma non è più riuscito a raggiungere la perfezione che ha sempre cercato nelle sue opere».
Così mentre Mercedes e Abello smentiscono, Jaime conferma. D’altra parte il primo a parlare dell’Alzheimer era stato all’inizio di giugno un altro grande amico di Márquez, un po’ reietto per ragioni ideologiche dalla moglie Mercedes: Plinio Apuleyo Mendoza. Plinio ha raccontato di aver telefonato a Gabo nel giorno del suo compleanno per fargli, come sempre, gli auguri. «Ma Mercedes non me lo ha passato, perché spesso non riconosce più neppure gli amici più cari. In seguito suo figlio Rodrigo mi ha detto che dalla voce non riconosce più nessuno. Se invece vede il volto qualcosa rammenta». Un altro testimone è lo scrittore peruviano Alfredo Bryce Echenique: «Che tristezza e che angoscia vederlo così — ha confessato — . Ci sono giorni in cui sta benissimo ma altri nei quali perde completamente la memoria. È capitato che non mi riconoscesse neppure e mi chiamasse “Carlos”, chissà perché».
Non se la merita Gabito questa inconsueta pantomima sul suo stato di salute.
Sulla memoria che se ne va. Sull’Alzheimer che avanza implacabile come accadde per sua madre Luisa, la straordinaria Ursula dei Cent’anni di solitudine, e come accadde — dice suo fratello Jaime — per tutta la famiglia Márquez, avvezza al calvario della demenza senile. Ieri, due frasi su twitter, hanno trasformato in un piccolo giallo le condizioni di salute del maestro Gabriel García Márquez, 85 anni il 6 marzo scorso, uno degli scrittori più letti ed amati nel mondo. Il direttore della Fondazione Nuevo Periodismo, la scuola di giornalismo creata da Márquez a Cartagena, in Colombia, nel 1994, ha smentito le parole di Jaime García Márquez, l’ottavo degli undici figli di Gabriel Eligio, il telegrafista, e Luisa, sua moglie, tredici anni più piccolo di Gabo. Parole che avevano già fatto il giro del mondo perché, per la prima volta, un membro della famiglia aveva rivelato un triste «segreto» già noto fra gli amici più intimi dello scrittore. Jaime Abello, il direttore della scuola, ha scritto: «Non voglio polemizzare, né commentare interpretazioni sull’intimità e la salute di Gabo, ma ribadisco che non esiste nessuna diagnosi medica di “demenza senile”. È soltanto anziano e si dimentica alcune cose ma tuttavia posso godere della sua amicizia».
Un missile sparato contro Jaime che qualche ora prima, davanti ad una platea di duecento ragazzi a Cartagena, aveva detto che suo fratello «non può più scrivere», che «non finirà mai la seconda parte della sua autobiografia» Vivere per raccontarla e che «a volte quando parliamo per telefono mi viene da piangere perché sento che se ne sta andando». I due Jaime, Abello e García Márquez, hanno l’ufficio sullo stesso pianerottolo, uno di fronte all’altro, nella calle San Juan de Dios, nel quadrilatero del vecchio e maestoso centro coloniale di Cartagena de Indias. Ma evidentemente non si sono mai amati.
Anzi, Abello è il fiduciario di Mercedes Barcha, l’inflessibile moglie di Gabo, custode assoluta della sua privacy; mentre Jaime fratello, che con Mercedes non ha mai avuto «affinità elettive», (lui e Gabo scappavano di nascosto per andarsi ad ubriacare di pregiati whisky di malto in qualche bettola di Cartagena), rivendica il suo ruolo privilegiato di familiare (e di studioso dell’opera di Márquez) con diritto ad esprimersi liberamente. «A volte vorrei non essere suo fratello e poter parlare con un po’ più di libertà» — ha detto Jaime — «Ho una informazione che mi
intristisce ma adesso devo raccontarla perché non posso più controllarmi».
Jaime e Gabito non si vedono da oltre due anni perché Márquez non va più a Cartagena quando arriva la primavera come faceva tutti gli anni, a marzo, per trascorrere in Colombia la settimana del suo compleanno. Rimane a Città del Messico ed esce pochissimo. Ma si sentono quasi tutti i pomeriggi, racconta Jaime. «Chiama perché vuole che gli rinfreschi la memoria». «A me è toccata questa missione — aggiunge —, fortunata ma allo stesso tempo molto dolorosa. Ma penso che se ho il privilegio di poter parlare con lui debbo anche pagarlo in qualche modo. E lo pago con il dolore che provo, un dolore che alla fine mi lascia comunque una soddisfazione molto grande». A questo punto molti dei ragazzi si sono commossi ed anche sul volto di Jaime è scesa qualche lacrima.
Dopo aver rivelato che l’Alzheimer di Márquez è rapidamente peggiorato anche per le sessioni di chemioterapia alle quali si è dovuto sottoporre dieci anni fa per un tumore linfatico, Jaime ha concluso la sua conferenza-confessione parlando di due racconti inediti che, alla fine, lo scrittore ha deciso di non pubblicare: La tigra e Ci vediamo ad agosto. «Li ha riscritti molte volte in questi anni ma non è più riuscito a raggiungere la perfezione che ha sempre cercato nelle sue opere».
Così mentre Mercedes e Abello smentiscono, Jaime conferma. D’altra parte il primo a parlare dell’Alzheimer era stato all’inizio di giugno un altro grande amico di Márquez, un po’ reietto per ragioni ideologiche dalla moglie Mercedes: Plinio Apuleyo Mendoza. Plinio ha raccontato di aver telefonato a Gabo nel giorno del suo compleanno per fargli, come sempre, gli auguri. «Ma Mercedes non me lo ha passato, perché spesso non riconosce più neppure gli amici più cari. In seguito suo figlio Rodrigo mi ha detto che dalla voce non riconosce più nessuno. Se invece vede il volto qualcosa rammenta». Un altro testimone è lo scrittore peruviano Alfredo Bryce Echenique: «Che tristezza e che angoscia vederlo così — ha confessato — . Ci sono giorni in cui sta benissimo ma altri nei quali perde completamente la memoria. È capitato che non mi riconoscesse neppure e mi chiamasse “Carlos”, chissà perché».