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Doria e Giulia

Corriere della Sera, 28 agosto 2007
MILANO – Inconfessato e inconfessabile, il segreto di casa Puccini giaceva lì, tra le cianfrusaglie archiviate di una cantina. Sepolto vivo dentro una vecchia valigia. Intriso di sangue, veleni, menzogne. E di dolore, soprattutto. Sparso a piene mani su creature innocenti, per più generazioni.
Una verità nascosta, messa a tacere da una manciata di soldi, straziante e funesta come un melodramma del compositore lucchese, le cui eroine, si sa, finiscono sempre malissimo, ma anche complessa e ambigua come un giallo. Che solo oggi, quasi un secolo dopo, sembra trovare la sua soluzione grazie al paziente lavoro di un regista ostinato e appassionato, Paolo Benvenuti, che quella valigia è riuscito a scovare e ad aprire rivelandone il «tesoro» celato: centinaia di lettere, fotografie e persino un breve film.
Da cui spuntano le prove di una seconda donna segreta del musicista e persino di un loro presunto figlio.
Documenti inediti e sconvolgenti che ribaltano il capitolo più oscuro della biografia del maestro: la sua presunta relazione con Doria Manfredi, servetta di casa Puccini, lo scandalo scatenato dalla moglie del compositore, Elvira, che sosteneva di averli colti in flagrante e aveva cacciato la ragazza; la tragica morte di quest'ultima, suicida per vergogna pochi giorni dopo, il 23 gennaio 1909.
«Inghiottì tre pastiglie di sublimato corrosivo – precisa Benvenuti ”. Un veleno terribile che la straziò per cinque giorni e cinque notti. Le sue urla si sentivano in tutta Torre del Lago. Ma quando il medico ne visitò il corpo, scoprì che Doria era vergine. Quindi innocente. I Manfredi andarono in tribunale, la moglie di Puccini fu condannata a cinque mesi e cinque giorni di carcere. Che non scontò perché il compositore mise a tacere la questione offrendo alla famiglia della ragazza 12 mila lire. E il caso fu archiviato».
Ma non così le tante domande irrisolte. Se non era Doria, chi era allora la giovane beccata sul fatto con Giacomo? Perché Doria non si difese? Perché si sacrificò a quel modo?
Domande su cui Benvenuti, con i suoi studenti di «Intolerance », la scuola di cinema del Comune di Viareggio, ha lavorato per anni. Trovato infine il bandolo, il regista, già autore di pellicole di luminoso rigore quali Gostanza da Libbiano
e Segreti di Stato, si appresta ora a raccontare la complessa vicenda in un nuovo film, La fanciulla del lago, titolo che rimanda non a caso a quello di una famosa opera di Puccini,
La fanciulla del West.
«Com'è noto, lui modellava le sue eroine liriche sulle sue amanti di turno. Ai tempi dello scandalo Doria, lui stava lavorando alla
Fanciulla del West. La cui protagonista, Minnie, è una ragazzona tosta che gestisce un saloon frequentato da omaccioni. Niente a che vedere con la povera Doria. I vecchi del posto, che allora avevano chiuso la bocca in cambio di una generosa offerta di Puccini e del suo editore Ricordi, sugli altri amori dell'impenitente compositore si sono rivelati meno discreti».
Così, spiega Benvenuti, non è stato difficile far raccontare loro che sì, Giacomo a quei tempi frequentava con singolare assiduità «La terrazza di Emilio», un bar del posto sul lago di Massaciuccoli.
Una sorta di stamberga su palafitte molto simile al saloon di Minnie. «A sua volta modellata sulle fattezze di Giulia, l'ostessa del lago, un donnone alto un metro e ottanta, che andava a caccia e sparava come un uomo. L'opposto di Doria, anche se Giulia Manfredi ne era coetanea e cugina. Insomma, la donna di Puccini era lei. Doria, che sapeva tutto, tra i due faceva solo da messaggera d'amore. Furono quei bisbiglii sottovoce a insospettire Elvira, che quando una notte intravide nel giardino il marito avvinghiato a una figura femminile, pensò subito si trattasse della servetta ». Il resto viene da sè. Per paura, per non gettare altro fango sulla famiglia, Doria tacque. Ma non sopportando la vergogna si tolse di mezzo.
«Quanto a Giulia, non si sposò mai e continuò clandestinamente la relazione con Puccini. Le lettere ritrovate nella valigia lo attestano. Nel 1923 nacque un figlio, Antonio, che lei dette a balia a Pisa. Per un anno pagò una salata retta, 1000 lire al mese, per il mantenimento, ma nel 1924, quando Puccini morì, le elargizioni di colpo s'interruppero. Antonio crebbe così in estrema povertà, senza poter studiare, senza sapere chi fosse davvero suo padre». Della famiglia Manfredi oggi resta Nadia, figlia di Antonio, e nonna di un bambino, che guardacaso si chiama Giacomo e somiglia in modo impressionante al musicista alla sua età. «Di quella storia ne sapevano poco e ne parlavano controvoglia – spiega il regista ”. Ho insistito finché Nadia si è lasciata scappare di una certa valigia di suo padre... Era ancora in cantina. Dentro un pacco di lettere, molte indirizzate a Giulia, gonfie di nostalgia. E poi tante foto con dedica, spedite di nascosto. In fondo, dentro una scatola da biscotti, una pellicola vecchissima, resa appiccicosa dal tempo. L'ho fatta restaurare a Roma, ed è stata la sorpresa più bella: un film emozionantissimo di otto minuti su Puccini, realizzato probabilmente da Gioacchino Forzano, il suo librettista, nel 1915. Dove il musicista si vede al piano, a bordo del suo sidecar, a caccia, mentre chiacchera con le ragazze del paese... Insomma una summa di una sua giornata e anche della sua vita».
L'anteprima assoluta alla Mostra del Cinema di Venezia martedì 4 settembre. «Per l'occasione si sentirà anche la musica che Puccini improvvisava sulla tastiera mentre l'operatore lo riprendeva, ricostruita, fotogramma dopo fotogramma, dal maestro Riccardo Moretti, che nel mio film interpreterà Giacomo».
Giuseppina Manin