9 luglio 2014
Tags : Francesco Pacifico
Biografia di Francesco Pacifico
• Roma 1977. Scrittore.
• Esordio nel 2003 con Il caso Vittorio (minimum fax). Tra i suoi libri: San Valentino. Come il marketing e la poesia… (Fazi, 2007), Storia della mia purezza (Mondadori, 2010), Seminario sui luoghi comuni (minimum fax, 2012).
• Anche traduttore dall’inglese (tra gli altri, di Kurt Vonnegut, Dave Eggers, Rick Moody, Henry Miller).
• Collabora con Repubblica, IL, Rolling Stone, Studio.
• «Raramente ho conosciuto scrittori che non avevano una casa di proprietà familiare dove andare a parare. Per me è andata così: ho vissuto dai miei fino a 27 anni, rinunciando a qualunque velleità di avere una vita vera. A 26 ho pubblicato il primo libro, poi a 27 mi sono sposato e ho vissuto tre anni ad affitto bloccato bassissimo con mia moglie. Dai 26 ai 32 ho fatto per lo più il traduttore, traducendo cose che mi venivano facili, senza ambire a diventare bravo. Dai 26 ai 30 contavo sulle spese divise con mia moglie, poi ci siamo lasciati e ho iniziato a lavorare di più. A 32 anni ho avuto la fortuna di vendere un romanzo in vari paesi e ne ho approfittato per smettere di tradurre. Da allora in due anni ho tradotto solo due libri. Non ce la facevo più, ero sempre solo. Ho aumentato le mie collaborazioni con riviste e giornali, tentando di stabilizzarle, di lavorare con chi mi garantiva un pezzo o due al mese. Poi i pezzi son diventati troppi e adesso ho una collaborazione fissa con IL per avere uno stipendio. Insomma, si cerca sempre di svoltare, non sempre ci si riesce e allora si conta sul fatto di vivere nella casa che la tua bisnonna comprò negli anni Quaranta in un palazzo fascista e si rinuncia a vivere nel quartiere che ti piace. Mi son detto: quando finisco il prossimo romanzo cerco una casa che mi piace, ma non so se lo farò mai. A dire il vero, spero in una donna con delle idee e del gusto, per non pensarci io».
• «Vengo da una famiglia cattolica, soprattutto mia madre, ma la mia conversione è avvenuta intorno al 2000. Prima di allora sono stato scout e frequentavo l’oratorio, ma niente di più. Per me la conversione a vent’anni è stata un’esperienza spirituale e intellettuale totalizzante, in cui mi sono buttato a capofitto. Poi tutto è crollato, mi sono lasciato con mia moglie con cui mi ero sposato in Chiesa, la donna della mia vita, e proprio quelle persone che mi avevano accolto nella via della fede sono state le prime ad abbandonarmi, a non aiutarmi quando ne avevo estremo bisogno» (ad Antonio Prudenzano) [Affaritaliani.it 25/3/2010].