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 2014  luglio 05 Sabato calendario

Alla gran tempesta scoppiata tra Italia e Germania, è seguita ieri la quiete delle dichiarazioni della Merkel, di Renzi e dei renziani

Alla gran tempesta scoppiata tra Italia e Germania, è seguita ieri la quiete delle dichiarazioni della Merkel, di Renzi e dei renziani. La Merkel, attraverso il suo portavoce, a proposito degli attacchi arrivati a Renzi dalla Bundesbank: «La nostra banca centrale è un organismo indipendente. Non ci sono divergenze tra noi e l’Italia su patto di stabilità e crescita». Poi Renzi, che aveva appena ricevuto Barroso, presidente della commissione Ue: «Non c’è nessuna polemica con il governo tedesco su stabilità e flessibilità. Il rapporto con la cancelliera Angela Merkel è ottimo. Non ho sentito polemiche da esponenti politici. Se poi parliamo di quanto detto da qualche banchiere, rispondo che la Bundesbank deve perseguire il suo obiettivo statutario, non entrare nel dibattito politico. L’Europa è dei cittadini europei, non dei banchieri». Infine la Mogherini, nostro ministro degli Esteri, e Carlo Padoan, nostro ministro dell’Economia. Mogherini: «C’è un filo diretto tra Italia e Germania, tra me ed il ministro degli Esteri Steinmeier e tra Matteo e Angela Merkel. Bisogna uscire dall’idea di un’Italia e dei Paesi del sud Europa contro quelli del Nord perchè abbiamo obiettivi comuni. Si tratta di capire come condividere questa volontà e trovare strumenti concreti per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia europea». Padoan: «Non c’è nessun problema con la Germania. Ieri ho avuto un lungo colloquio con il mio amico Schäuble. Non c’è nessun problema. Nei prossimi mesi possiamo fruttuosamente lavorare insieme agli altri Paesi membri dell’Europa per rimettere crescita e lavoro al centro dell’agenda economica».

Ho capito che tra italiani e tedeschi deve esserci stata una gran litigata. Adesso è come quando marito e moglie per far meglio la pace si mettono a far l’amore.A me sembra la storia del trattato di Uccialli tra noi e Menelik (1889, epoca delle nostre prime guerre coloniali): raggiunto l’accordo e steso il trattato nelle due lingue, in italiano l’articolo 17 diceva una cosa, in abissino ne diceva un’altra. Ciascuno bada al proprio elettorato.  

• Come sono andate in realtà le cose?
Una settimana fa, Renzi è tornato dal vertice dei capi di governo di Bruxelles con la notizia che ci sarebbe stata concessa una certa flessibilità nei conti pubblici in cambio delle riforme. Noti la genericità dell’assunto: il nostro governo aveva bisogno soprattutto di una qualche garanzia che il saldo del debito verso le aziende fornitrici dello Stato e il cofinanziamento dei fondi europei sarebbero stati esclusi dal patto di stabilitaà, cioè non avrebbero contato nel calcolo del rapporto tra deficit e Pil, e in concreto su questo non abbiamo sentito una parola. A sua volta, la Merkel, sia pure sollecitandoci alle riforme, non ha poi detto di quali riforme si tratti e certo nessuno si permette di consegnarci come promemoria la lettera che nell’estate 2011 fu preparata per Berlusconi.  

Quindi?
Quindi, dopo il ritorno con grancassa di Renzi da Bruxelles, sono arrivati subito i distinguo da parte loro. Cioè, parecchie dichiarazioni in cui si negava che ci fosse stato un qualche cedimento sul rigore dei conti pubblici. Il culmine è stato raggiunto mercoledì scorso, in occasione dell’insediamento di Renzi alla presidenza dell’Unione. Prima ancora che il nostro premier pronunciasse il discorso di Telemaco, all’Aja il premier olandese Mark Rutte ha raccontato in Parlamento che lui e la Merkel hanno in realtà bloccato il tentativo di Francia e Italia di ammorbidire le regole di bilancio. A Strasburgo poi, quando Renzi ha finito il discorso di Telemaco, ha preso la parola il bavarese Manfred Weber, capogruppo dei Popolari (lo stesso partito della Merkel), e ha negato qualunque concessione sulla cosiddetta flessibilità: «I nuovi debiti uccidono il futuro. Non è che siccome i mercati sono più stabili possiamo essere flessibili. L’Italia ha un debito del 130% e volete soldi in cambio di riforme? E poi come facciamo ad essere sicuri che le farete? In questi anni abbiamo perso fiducia».  

Renzi ha risposto?
Sì, e con molta durezza. Ha ricordato che nel 2003 alla Germania, per fare le riforme (che però quel paese fece), fu concesso di sforare ampiamente il famoso limite del 3%. «A Weber sfugge che parte dei deputati popolari (Ncd e Udc, ndr) appoggia il mio governo, dunque non so se ha parlato a nome del gruppo o a titolo personale. Se parlava invece a nome della Germania vorrei ricordargli che è stata Berlino a sforare per prima. E comunque, se voleva dare lezioni all’Italia, Weber qui ha sbagliato posto».  

• Dove sta l’attacco dei banchieri? Questi sono tutti politici.
L’altro giorno, all’assemblea della Cdu, il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidman, ha tuonato che le riforme vanno fatte e non solo annunciate, e che il debito non porta crescita. Aveva vicino a sé il ministro delle Finanze Schäuble, che gli ha fatto però un discorso tutto politico, assumendo la parte della colomba. Come vede, è un tira e molla ben studiato in funzione dell’opinione pubblica e che alla fine potrà portarci qualche margine. Non dimentichi che nel frattempo Mario Draghi ha messo a disposizione delle banche e dell’economia mille miliardi di euro.