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 2014  luglio 07 Lunedì calendario

I Quattro Moschettieri (1934-1937)

la Repubblica, 29 marzo 2007
Il 28 marzo 1937, settanta anni or sono, l´EIAR trasmetteva l´ultima puntata della seconda serie de I Quattro Moschettieri. Centinaia di migliaia di italiani erano all´ascolto: divertiti, sorpresi, sorridenti. Tutto era cominciato due anni e mezzo prima, il 18 ottobre l934, giovedì. Dalla stazione EIAR di Torino «collegata con tutte le Stazioni italiane» alle ore l3 si diffuse per l’etere la prima puntata de Le avventure dei Quattro Moschettieri scritte da due giovanotti: Angelo Nizza, di ventinove anni, e Riccardo Morbelli, di ventisette. Regista, un uomo di teatro esperto di operette, Riccardo Massucci. Le trasmissioni proseguirono ogni giovedì fino al 4 luglio l935 e furono anche registrate in dischi di cartone Durium (tre per ogni puntata). Il programma oltre a decretare la popolarità, il trionfo anzi, della radio, spinse Nizza e Morbelli a scrivere una nuova serie di avventure radiofoniche che si chiamò semplicemente I Moschettieri e andò in onda per ventitré domeniche consecutive dal 25 ottobre l936 al 28 marzo l937. Fu l´esordio di attori che divennero notissimi come Riccardo Billi e Nunzio Filogamo, che dei quattro Moschettieri era il raffinato, annoiato, elegantissimo spadaccino Aramis.
Da Nizza e Morbelli Aramis fu trasformato in una figura, un personaggio snob che furoreggiava, a quel tempo, nel teatro comico, nell´avanspettacolo, nelle vignette dei giornali umoristici: il gagà. Filogamo era gay (ma questo allora non si poteva dire) e con la voce e la erre moscia che moltissimi italiani ancora ricordano (Filogamo è morto due anni or sono all´età di cento anni) riuscì a rendere le trasmissioni - intervallate da canzoni e musiche con i testi originali parodiati - scoppiettanti, piene di verve, di invenzioni verbali e con la comicità sempre vincente del rovesciamento del linguaggio. Fu un evento, il successo di un modello di teatro comico-musicale che durerà per decenni (grazie anche al Quartetto Cetra), in quasi tutti i programmi radiofonici e poi televisivi della RAI fino agli anni ’70. Vi sarà anche una ricaduta letteraria e saggistica di questa formula con i due bellissimi volumi che Nizza e Morbelli scrissero quasi nel tempo reale delle trasmissioni radiofoniche e che sono I 4 Moschettieri, del l935 e L´avventurosa vita di Aramis che fu pubblicato due anni dopo con il titolo cambiato, appunto, in 2 anni dopo.
Va detto anche che gli autori di quella fortunata trasmissione seppero sedurre una generazione di ascoltatori, facendo la parodia di tutto ciò che era passatista, e proiettando nel futuro immagini del loro tempo, facendo credere che esse sarebbero poi, a loro volta, diventate oggetto di nostalgia. Di qui una intelligente consapevolezza che si avverte in parole come queste: «Così fra trent´anni, i nostri figli parleranno di noi? Sorrideranno del foxtrot, delle donne coi capelli alla garzona e delle unghie laccate di rosso. Allora, nei cinematografi, daranno come comica finale, fuori programma, un supercolosso di Greta Garbo. Ma i nostri figli non potranno dimenticare che il nostro tempo è stata un´epoca rude, aspra e difficile, nella quale sono maturati i grandi avvenimenti che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Del nostro tempo non si potrà ridere mai».
La strana, inquietante riflessione è in una nota a pie’ di pagina del primo dei due volumi. E l´epoca era certo «rude, aspra e difficile». Quando erano iniziate le trasmissioni de I Quattro Moschettieri l’Italia e il resto del mondo erano ancora travagliati dalla crisi economica internazionale scoppiata a Wall Street nel l929. Quando le trasmissioni erano terminate vi era già stata la guerra d´Etiopia e l´intervento dell’Italia fascista contro la repubblica democratica di Spagna. Quindici giorni dopo l´ultima puntata, gli italiani saranno sconfitti, con gravi perdite, nella battaglia di Guadalajara. E, all´interno, il regime tendeva sempre più a irrigidirsi. Eppure, la radio, la musica leggera, il cinema e l´evento memorabile de I Quattro Moschettieri divertivano gli italiani. La febbre era aumentata per questa trasmissione quando la Perugina e la Buitoni, che ne erano gli sponsor, lanciarono una campagna a premi imperniata sulla raccolta di figurine disegnate, come le tavole dei volumi, con eccezionale intelligenza dal torinese Angelo Bioletto. Si racconta ancora delle affannose ricerche di figurine introvabili e del decreto del governo che, alla fine, proibì il concorso per ragioni di ordine pubblico e forse anche per moralizzare l’incipiente consumismo.
Ho detto del torinese Angelo Bioletto, ma l´umorismo e l’inventività di Nizza e Morbelli, la loro elegante goliardia avevano l´aria ironica e colta respirata nella Torino della loro adolescenza. Loro compagni di scuola e di giochi erano stati Cesare Pavese, Norberto Bobbio, Leone Ginzburg. Al liceo il compagno di banco di Morbelli era stato Giulio Carlo Argan e i due amici facevano gare di velocità e di abilità narrative. L´aria torinese, pensiamo alla comicità del loro coetaneo Macario, era nell´atmosfera surreale che Nizza e Morbelli riuscivano a evocare in un passare, lieve e naturale, dei loro racconti e dei loro personaggi dalla Roma di Petronio Arbitro, al Seicento, all’Ottocento, al Novecento. Era la stessa vena dei contemporanei Petrolini e Campanile, la loro grazia pungente nel prendere in giro i tic della piccola e media borghesia.
La radio era il mezzo ideale per esaltare la pluralità di forme espressive necessarie al racconto. Dalla musica, composta da Egidio Storaci, alle tecniche da cabaret sul modello della Germania di Weimar, al montaggio alternato di personaggi, oggetti sonori, avvenimenti, canzoni. Quando, a conclusione del primo ciclo di trasmissioni, apparve il primo dei due volumi andò a ruba. In un anno se ne fecero cinque edizioni e questa volta agli ascoltatori si aggiunsero i lettori i quali compresero subito che alla fantasia degli autori si univa un piglio moderno e dissacratorio, più giovanile del Selvaggio di Maccari, in un equilibrio tale da fare della parodia dell´opera di Alexandre Dumas e insieme dei libri rosa e dei romanzi di avventura, un vero e proprio romanzo d´avventura.
Nel romanzo successivo, 2 anni dopo, la mescolanza dei generi è ancor più raffinata e vi è anche una nota, nel risvolto di copertina, che la dice lunga: «Molte autorevoli persone ci dicono: "In fondo, voialtri che ne avreste la capacità - (ma guarda un po’! Grazie) - potreste tentare di darvi a un lavoro serio, un romanzo ponderato". Davanti a queste parole ci stringiamo nelle spalle, perplessi, indecisi. Finora non abbiamo mai osato rispondere. Ci confessiamo qui. Ebbene, non scriveremo mai un’opera seria. Morremo col rimpianto di non aver mai vinto un premio letterario e di non essere considerati dalla Critica. Ce ne dispiace proprio. Oh, quanto ce ne dispiace! Ma fin che siamo allegri, scriveremo di questa roba. E per ora siamo molto allegri. Non c’è proprio speranza».
E in 2 anni dopo c’è anche un messaggio per noi. I due autori immaginano di essere nel l977, di aprire l´album di fotografie e di ricordi della «nonna Mary» e di raccontarne, con il ritmo e col verseggiare di Guido Gozzano de L’amica di nonna Speranza, le emozioni femminili e i brividi adolescenziali di un lontano l937. Sono l08 versi deliziosi. L´amica di nonna Mary restituisce anzitutto un interno anni Trenta, e poi i versi giocano con un certo clima politico del tempo, con la spregiudicatezza delle ragazze ormai sedotte dal jazz americano, con la fine dell´amore romantico, della donna-crisi, delle giovinette sognanti («Sei qui nelle pose più strambe, con in mano la sigaretta, / e siedi di sghembo, scorretta, in mostra le floride gambe»). E intanto, l´interno descritto con la musicalità gozzaniana della famosa poesia: «Poltrone in metallo cromato, vasetti di cactus odiosi, i mobili nudi angolosi e tende di rosso incerato, alle pareti sospese, vicino a una stampa antica, le foto di Greta e De Sica nelle cornici all’inglese, la radio già muta da un po’, che i vicini più non affligge, un mazzo di carte da bridge fra disgustosi bibelots, le tele di Casorati (donne nude in libertà), i quadri di Carlo Carrà (contadini dai piedi enfiati)... un pacchetto di sigarette inglesi, marca Louisville... rinasco, rinasco del mille novecento trentasette!»..
E poi brandelli di conversazioni dei grandi, in salotto, che Mary e l´amica Mimma ascoltano annoiate. Hanno riunito anche dei loro coetanei: «Si chiacchera poi d’automobili, degli ultimi film proiettati... I giovanotti annoiati allungano i piedi sui mobili». E dal salotto filtrano le voci dei vecchi: «... Ginevra? Espediente fittizio... La pace? La pace, ma armata... E Stalin?.. Sì, sì, l’ha scappata, ma è un uomo di poco giudizio...» E dalla stanza di Mary: «Ci son dischi nuovi? Su, andiamo!... Ed or, guancia a guancia allacciate, le coppie si aggirano a stento fra i mobili novecento e le poltrone cromate. Suonan le note melense e più d’una signorina accenna stonata in sordina Let´s face the music and dance...» Insomma, un messaggio che raccogliamo, rinascendo settanta anni or sono.
Lucio Villari