La Gazzetta dello Sport, 4 luglio 2014
La storia delle scuole di Genova sta facendo discutere mezzo mondo...• Che cosa fanno nelle scuole di Genova?La Provincia ha fatto sapere che non ci sono i soldi per pagare la luce, i telefoni, i riscaldamenti
La storia delle scuole di Genova sta facendo discutere mezzo mondo...
• Che cosa fanno nelle scuole di Genova?La Provincia ha fatto sapere che non ci sono i soldi per pagare la luce, i telefoni, i riscaldamenti. Ergo, dal prossimo anno scolastico chiusura il sabato negli 88 istituti superiori: si fa lezione solo cinque giorni a settimana e quel giorno in meno porterebbe risparmi per un milione di euro. Io dico “provincia”, ma dovrei dire Commissario straordinario alla Provincia, Giuseppe Piero Fossati, chiamato a reggere l’istituzione fino a che non sarà completato l’iter della soppressione di quell’ente locale. Fossati dice: «Questo provvedimento da solo non sarà neanche sufficiente: dovremo ridurre le spese di altri cinque milioni per far fronte ai nuovi pesantissimi tagli nazionali ed evitare il dissesto finanziario».
• M’immagino che famiglie e studenti, col sabato a disposizione, saranno ben felici. Ma l’organizzazione scolastica – durata delle lezioni, giorni di scuola, vacanze e quant’altro – non dovrebbe essere modellata sulle esigenze di chi deve imparare e non su quelle finanziarie?
Così dovrebbe essere. E infatti uno si chiede: poiché taglieranno il sabato, ma l’orario di lezioni settimanali resterà invariato, la permanenza a scuola da lunedì al venerdì dovrà allungarsi? Cinque ore fisse? Cinque ore fisse e qualche giorno sei? Ritorno il pomeriggio? Ma tornare il pomeriggio presuppone l’organizzazione, in qualche modo, di una mensa. A Genova chiederanno soldi alle famiglie? Le famiglie sono in genere contente delle vacanze di sabato, ma certo non sono pronte a tirar fuori soldi. Perlomeno: non «altri soldi».
• La faccenda è limitata a Genova o se ne parla anche altrove?
A Milano l’assessore all’Istruzione, Marina Lazzati, aveva chiesto i cinque giorni già nel giugno 2013. Nella sua proposta si parlava anche di «migliore organizzazione del personale», un passaggio antipatico perché metteva le esigenze di bidelli e segretarie prima delle esigenze degli studenti. D’altra parte la maggior parte dei 40 miliardi che lo Stato spende ogni anno per la scuola (60 con i soldi che mettono le Regioni, sono comunque molti meno soldi dei 115 miliardi per la Sanità) se ne vanno in stipendi. La scuola è sempre stata un enorme bacino di sottogoverno. Quello era un ministero che la Dc non mollava mai.
• Avevo chiesto se ci sono altre province...
Biella, commissariata anche lei, ha messo nero su bianco di non avere più un soldo. E perciò, se possibile, cinque giorni di lezione. Verona ha tagliato i trasporti il sabato per incoraggiare gli studenti a non presentarsi. A Pavia l’assessore Milena D’Imperio ha imposto la settimana lunedì-venerdì e messo tra virgolette: «Non possiamo più permetterci scuole aperte il sabato. il decreto 66 varato dal Governo per le coperture degli 80 euro, e ora divenuto legge, impone alla Provincia di restituire allo Stato 3,5 milioni di euro. Tecnicamente non siamo alla presenza di tagli diretti alla scuola ma, di fatto, siamo chiamati a risparmiare su una serie di voci tra cui le utenze, cioè i costi di riscaldamento e luce, e sui trasporti di collegamento con le palestre». I risparmi avrebbero dovuto essere pari a mezzo milione di euro l’anno, ma gli studenti hanno protestato, e s’è deciso di procedere con la settimana corta nei soli mesi invernali. Ci saranno altre situazioni, ma le conosceremo tra l’11 e il 22 luglio, quando i presidi presenteranno una bozza di orario per ciascuna scuola. Subito dopo, dovrebbe esserci un confronto nazionale, anche con i sindacati, sulla settimana corta.
• Come si concilia questo mugugnare e accorciare con l’idea ministeriale di lavorare di più (parlo degli insegnanti) magari tenendo aperte le scuole dalle 7 di mattina alle 10 di sera? Orari lunghissimi, e poi il sabato tutti a casa?
Non so come si concilia. L’idea del ministro Giannini e del suo sottosegretario Renzi è di aumentare gli stipendi degli insegnanti, ma di aumentargli pure l’orario di lavoro, addirittura portandolo da 18 ore settimanali a 36, con una stagione di 230 giorni invece che di 206. Queste 18 ore in più servirebbero anche a organizzare i corsi di recupero senza oneri aggiuntivi, facendo risparmiare alle famiglie un bel po’ di soldi per le lezioni private. Nel 2012 il ministro Profumo tentò un’operazione dello stesso genere e fu bloccato da una rivoluzione generale. Anche adesso i sindacati sono sul piede di guerra, ma bisognerà comunque aspettare il vaglio di Renzi. Tutto passa ormai per le mani di Renzi che non si è ancora ufficialmente pronunciato. Si sa solo che nei prossimi giorni studierà il problema e ci farà sapere che ne pensa il prossimo 15 luglio.