La Sicilia, domenica 19 agosto 2007, 27 giugno 2014
Tags : Giuseppe Russo
Russo, morto per mafia
La Sicilia, domenica 19 agosto 2007
(Cosenza, 6 gennaio 1928 – Ficuzza, 20 agosto 1977). Colonnello dei Carabinieri.
Sembrava una serata d’estate come tante altre, quella del 20 agosto 1977 a Ficuzza, piccola borgata a due passi da Corleone. E invece fu una serata tragica. Erano circa le 21.30, quando il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo decise di uscire per fare due passi. Aveva appena finito di cenare con la moglie Mercedes Berretti e la piccola Benedetta, nella piccola casetta al primo piano che dava sulla piazza. Appena fuori, si unì all’amico professor Filippo Costa e, insieme, cominciarono a passeggiare lungo il porticato borbonico, diretti verso il bar. Russo era in maglietta e pantaloncini. «Al bar entrò soltanto Russo per fare una telefonata scrisse Mario Francese sul Giornale di Sicilia del 21 agosto 1997, ricostruendone gli ultimi minuti di vita - Costa attese fuori. Un minuto dopo i due amici riprendevano la loro passeggiata... Nello stesso momento vi fu chi si accorse di una ’128’ verde che procedeva lentamente per il viale principale, evidentemente controllando i movimenti di Russo e Costa... L’auto continuò la sua marcia fino alla parte alta della piazza, effettuò una conversione a ‘U’ e si fermò proprio davanti all’abitazione del colonnello Russo. I due amici erano vicini alla macchina degli assassini. Non se ne resero conto. Non potevano. Si fermarono, Russo tirò fuori dal taschino della camiciola una sigaretta e dalla tasca dei pantaloni una scatola di Minerva. Russo non ebbe il tempo di accendere la sua ultima sigaretta. Erano le 22.15. Dalla 128 scesero tre o quattro individui, tutti a viso scoperto. Lentamente, per non destare sospetti, camminavano verso i due. Appena furono vicini aprirono il fuoco con le calibro 38. Sparavano tutti contro Russo, tranne uno, armato di fucile che aveva il compito di uccidere Costa. Erano killer certamente molto tesi. Al punto che uno di loro lanciandosi contro Russo per finirlo, gli cadde addosso. Si rialzò immediatamente e, come in preda ad un raptus, imbracciò il fucile sparando alla testa. Fu il colpo di grazia. Il killer voleva essere certo che l’esecuzione fosse completa e mirò anche alla testa dell’insegnante Filippo Costa. Fu il secondo colpo di grazia. Si poteva andar via. Ma l’ultimo killer nella fuga perse gli occhiali che saranno ritrovati sotto il corpo senza vita del colonnello Russo. Ci si convinse subito che si trattava di un duplice delitto di mafia. Un agguato preparato nei dettagli almeno da 26 giorni. La 128, trovata abbandonata a tre chilometri da Ficuzza, è stata rubata infatti a Palermo il 25 luglio, appunto 26 giorni prima». In quell’estate di trent’anni fa, il delitto Russo destò molto scalpore. L’ufficiale dei carabinieri, infatti, era un noto investigatore al centro di tante delicatissime indagini di mafia. In quel periodo si trovava in convalescenza e, probabilmente, meditava di lasciare l’Arma. Ma questo, Totò Riina e Bernardo Provenzano, astri nascenti della mafia «corleonese», non l’avevano chiaro. Sapevano bene, però, che il colonnello Russo aveva intuito che Cosa Nostra stava stendendo i suoi tentacoli sull’affare del secolo, sull’affare «diga Garcia» e sulle centinaia di miliardi che vi giravano attorno. E decisero di chiudere il conto con lo scomodo ufficiale dell’Arma. Quella sera a Ficuzza, il gruppo di fuoco, di cui facevano parte Pino Greco «Scarpuzzedda» e Vincenzo Puccio, era capeggiato personalmente da Leoluca Bagarella, su mandato del cognato, Totò Riina, e dell’altro boss corleonese Bernardo Provenzano. Per il duplice delitto di Ficuzza, in un primo momento furono erroneamente condannati tre pastori, Salvatore Bonello, Rosario Mulè e Casimiro Russo, che si era autoaccusato e aveva chiamato in causa gli altri due. Ma il 29 ottobre 1997, vent’anni dopo, la II sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo ha condannato definitivamente all’ergastolo Bagarella, Riina e Provenzano. Domattina alle 11 per ricordare il 30° anniversario di quel duplice delitto, nella piazza di Ficuzza, dedicata al colonnello Russo, si terrà una manifestazione, promossa dall’Arma dei Carabinieri, a cui parteciperanno gli amministratori e i consiglieri comunali di Corleone, il vescovo di Monreale, il vicepresidente della Commissione antimafia Giuseppe Lumia e diverse associazioni.
LA SCHEDA (d.p.) L’assassinio Russo era stato preceduto da tre sequestri e da una agghiacciante serie di delitti. A Roccamena, l’8 settembre 1974, fu rapito il giovane enologo monrealese Franco Madonia, rilasciato il 15 aprile 1975, dopo il pagamento di un riscatto da un miliardo di lire da parte dello zio "don" Peppino Garda. Il 1° luglio 1975 fu sequestrato il docente universitario Nicola Campisi, che sarebbe stato rilasciato l’8 agosto, dopo il pagamento di settanta milioni di riscatto. Infine, il 17 luglio, la "madre" di tutti i sequestri: quello di Luigi Corleo, il re delle esattorie, che fu misteriosamente soppresso. Ai sequestri fece seguito una catena impressionante di delitti, iniziati a Corleone con l’omicidio di Biagio Schillaci (27 luglio 1975). Qualche giorno dopo, sempre a Corleone, a subire un attentato fu Leoluca Grizzaffi, fratello di Giovanni, figlio di Caterina Riina, sorella di "don" Totò, allora fedele luogotenente di Luciano Liggio, che aveva sposato segretamente la maestria corleonese Ninetta Bagarella, sorella di Leoluca. Un "affronto" al clan Liggio, dunque, che provocò la rottura degli equilibri mafiosi. Infatti, l’attentato a Grizzaffi fu seguito il 12 gennaio 1976 dall’omicidio dell’autotrasportatore Giuseppe Zabbia. Il 13 febbraio fu ucciso, invece, Francesco Coniglio, impresario di pompe funebri, poi Giovanni Provenzano (4 maggio), Rosario Cortimiglia (4 giugno), il roccamenese Giuseppe Alduino (29 agosto), Giuseppe Scalisi (9 gennaio 1977). Il 9 luglio scomparve Onofrio Palazzo, il 23 luglio si ebbe la "pubblica esecuzione" di Giovanni Palazzo. Quindi la faida si spostò a Roccamena, da dove fuggì, il 29 luglio, dopo essere scampato ad un attentato, il cavatore Rosario Napoli, in rapporti con la Lodigiani. Il 30 luglio fu il turno di Giuseppe Artale, guardiano dell’impresa Paltrineri, assassinato sul ponte San Lorenzo. Il 10 agosto poi, il tiro dei killer si sposta a Mezzojuso, dove viene freddato Salvatore La Gattuta e, infine, la spirale si chiude a Ficuzza, con la duplice esecuzione del colonnello Giuseppe Russo e dell’insegnante Costa.
(Cosenza, 6 gennaio 1928 – Ficuzza, 20 agosto 1977). Colonnello dei Carabinieri.
Sembrava una serata d’estate come tante altre, quella del 20 agosto 1977 a Ficuzza, piccola borgata a due passi da Corleone. E invece fu una serata tragica. Erano circa le 21.30, quando il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo decise di uscire per fare due passi. Aveva appena finito di cenare con la moglie Mercedes Berretti e la piccola Benedetta, nella piccola casetta al primo piano che dava sulla piazza. Appena fuori, si unì all’amico professor Filippo Costa e, insieme, cominciarono a passeggiare lungo il porticato borbonico, diretti verso il bar. Russo era in maglietta e pantaloncini. «Al bar entrò soltanto Russo per fare una telefonata scrisse Mario Francese sul Giornale di Sicilia del 21 agosto 1997, ricostruendone gli ultimi minuti di vita - Costa attese fuori. Un minuto dopo i due amici riprendevano la loro passeggiata... Nello stesso momento vi fu chi si accorse di una ’128’ verde che procedeva lentamente per il viale principale, evidentemente controllando i movimenti di Russo e Costa... L’auto continuò la sua marcia fino alla parte alta della piazza, effettuò una conversione a ‘U’ e si fermò proprio davanti all’abitazione del colonnello Russo. I due amici erano vicini alla macchina degli assassini. Non se ne resero conto. Non potevano. Si fermarono, Russo tirò fuori dal taschino della camiciola una sigaretta e dalla tasca dei pantaloni una scatola di Minerva. Russo non ebbe il tempo di accendere la sua ultima sigaretta. Erano le 22.15. Dalla 128 scesero tre o quattro individui, tutti a viso scoperto. Lentamente, per non destare sospetti, camminavano verso i due. Appena furono vicini aprirono il fuoco con le calibro 38. Sparavano tutti contro Russo, tranne uno, armato di fucile che aveva il compito di uccidere Costa. Erano killer certamente molto tesi. Al punto che uno di loro lanciandosi contro Russo per finirlo, gli cadde addosso. Si rialzò immediatamente e, come in preda ad un raptus, imbracciò il fucile sparando alla testa. Fu il colpo di grazia. Il killer voleva essere certo che l’esecuzione fosse completa e mirò anche alla testa dell’insegnante Filippo Costa. Fu il secondo colpo di grazia. Si poteva andar via. Ma l’ultimo killer nella fuga perse gli occhiali che saranno ritrovati sotto il corpo senza vita del colonnello Russo. Ci si convinse subito che si trattava di un duplice delitto di mafia. Un agguato preparato nei dettagli almeno da 26 giorni. La 128, trovata abbandonata a tre chilometri da Ficuzza, è stata rubata infatti a Palermo il 25 luglio, appunto 26 giorni prima». In quell’estate di trent’anni fa, il delitto Russo destò molto scalpore. L’ufficiale dei carabinieri, infatti, era un noto investigatore al centro di tante delicatissime indagini di mafia. In quel periodo si trovava in convalescenza e, probabilmente, meditava di lasciare l’Arma. Ma questo, Totò Riina e Bernardo Provenzano, astri nascenti della mafia «corleonese», non l’avevano chiaro. Sapevano bene, però, che il colonnello Russo aveva intuito che Cosa Nostra stava stendendo i suoi tentacoli sull’affare del secolo, sull’affare «diga Garcia» e sulle centinaia di miliardi che vi giravano attorno. E decisero di chiudere il conto con lo scomodo ufficiale dell’Arma. Quella sera a Ficuzza, il gruppo di fuoco, di cui facevano parte Pino Greco «Scarpuzzedda» e Vincenzo Puccio, era capeggiato personalmente da Leoluca Bagarella, su mandato del cognato, Totò Riina, e dell’altro boss corleonese Bernardo Provenzano. Per il duplice delitto di Ficuzza, in un primo momento furono erroneamente condannati tre pastori, Salvatore Bonello, Rosario Mulè e Casimiro Russo, che si era autoaccusato e aveva chiamato in causa gli altri due. Ma il 29 ottobre 1997, vent’anni dopo, la II sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo ha condannato definitivamente all’ergastolo Bagarella, Riina e Provenzano. Domattina alle 11 per ricordare il 30° anniversario di quel duplice delitto, nella piazza di Ficuzza, dedicata al colonnello Russo, si terrà una manifestazione, promossa dall’Arma dei Carabinieri, a cui parteciperanno gli amministratori e i consiglieri comunali di Corleone, il vescovo di Monreale, il vicepresidente della Commissione antimafia Giuseppe Lumia e diverse associazioni.
LA SCHEDA (d.p.) L’assassinio Russo era stato preceduto da tre sequestri e da una agghiacciante serie di delitti. A Roccamena, l’8 settembre 1974, fu rapito il giovane enologo monrealese Franco Madonia, rilasciato il 15 aprile 1975, dopo il pagamento di un riscatto da un miliardo di lire da parte dello zio "don" Peppino Garda. Il 1° luglio 1975 fu sequestrato il docente universitario Nicola Campisi, che sarebbe stato rilasciato l’8 agosto, dopo il pagamento di settanta milioni di riscatto. Infine, il 17 luglio, la "madre" di tutti i sequestri: quello di Luigi Corleo, il re delle esattorie, che fu misteriosamente soppresso. Ai sequestri fece seguito una catena impressionante di delitti, iniziati a Corleone con l’omicidio di Biagio Schillaci (27 luglio 1975). Qualche giorno dopo, sempre a Corleone, a subire un attentato fu Leoluca Grizzaffi, fratello di Giovanni, figlio di Caterina Riina, sorella di "don" Totò, allora fedele luogotenente di Luciano Liggio, che aveva sposato segretamente la maestria corleonese Ninetta Bagarella, sorella di Leoluca. Un "affronto" al clan Liggio, dunque, che provocò la rottura degli equilibri mafiosi. Infatti, l’attentato a Grizzaffi fu seguito il 12 gennaio 1976 dall’omicidio dell’autotrasportatore Giuseppe Zabbia. Il 13 febbraio fu ucciso, invece, Francesco Coniglio, impresario di pompe funebri, poi Giovanni Provenzano (4 maggio), Rosario Cortimiglia (4 giugno), il roccamenese Giuseppe Alduino (29 agosto), Giuseppe Scalisi (9 gennaio 1977). Il 9 luglio scomparve Onofrio Palazzo, il 23 luglio si ebbe la "pubblica esecuzione" di Giovanni Palazzo. Quindi la faida si spostò a Roccamena, da dove fuggì, il 29 luglio, dopo essere scampato ad un attentato, il cavatore Rosario Napoli, in rapporti con la Lodigiani. Il 30 luglio fu il turno di Giuseppe Artale, guardiano dell’impresa Paltrineri, assassinato sul ponte San Lorenzo. Il 10 agosto poi, il tiro dei killer si sposta a Mezzojuso, dove viene freddato Salvatore La Gattuta e, infine, la spirale si chiude a Ficuzza, con la duplice esecuzione del colonnello Giuseppe Russo e dell’insegnante Costa.
Dino Partenostro