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 2014  giugno 25 Mercoledì calendario

Gli allegri progionieri della Bastiglia

La Domenica del Corriere, domenica 3 gennaio 1932
Con i suoi larghi fossati, i ponti elevatoi, le spesse mura e le pesanti porte la celebre prigione di Stato aveva un aspetto ben sinistro e pauroso. Ancor oggi il suo nome suona terribile. Gli fu invece un tempo in cui la Bastiglia era un carcere… modello, persino migliore, sotto certi aspetti, di quello di Madrid, che i recenti casi di Spagna hanno reso famoso. Cominciamo col dire che alla Bastiglia non poteva entrare chi volesse, essendo una prigione di lusso, riservata solo a detenuti di alta distinzione, i quali vi erano trattati con ogni riguardo, mangiavano bene e vivevano meglio, ricevevano visite, passeggiavano liberamente nel castello, giocavano a scacchi o al biliardo col governatore.
Nel 1713 il segretario di Stato Voisin , rivolgendosi a D’Argenson, tenente di polizia, a proposito di un arrestato di mediocre condizione, osservava che questo individuo non meritava «assez de menagements pour être mis à la Bastille».

«Ripassi domani»
Anche accadeva che un prigioniero si vedesse respinto, non essendovi pronto l’alloggio per lui, con un cortese:«ripassi domani, signore». Questo capitò al colonnello di cavalleria Courlandon, il quale presentandosi la sera del 26 gennaio 1695 alla Bastiglia per esservi rinchiuso si sentì dire dal governatore della prigione De Besmaus:
 – Spiacentissimo, caro colonnello, ma non ho posto per voi. Abbiate la compiacenza di passar la notte al vicino albergo della Corona e di ripassare domani mattina alle undici.
Arresto, traduzione, incarceramento si svolgevano sempre e per tutti nelle forme più cortesi.
La mattina presto, un ufficiale di polizia, accompagnando da cinque o sei arcieri, si presenta al fortunato mortale cui il Re ha fatto tu l’orrore con regio rescritto di accordargli ospitalità nel proprio castello della Bastiglia, e lo tocca col suo bastone di ebano dalla punta di avorio.
 – Signore, – dice il bargello mandato ad arrestare Mirabeau,
 – non ho ordine di farvi premura. Sarà per domani, se oggi non avete tempo.
 – No, signore, – risponde Mirabeau – non voglio essere in debito; non è mai abbastanza presto per obbedire agli ordini del Re.
Quello incaricato di arrestare Renneville, imputato di spionaggio a favore dell’Olanda, spinge la cortesia fino ad aiutare il prigioniero a far le valigie. E Renneville, in compenso, paga la colazione all’ufficiale e ai suoi uomini.
Il duca di Richelieu, tratto in arresto nel 1711 perché ha abbandonato la duchessa, si fa pettinare, arricciare, profumare alla presenza del bargello De Torsac e di De Savinnes, tenente delle guardie del Corpo, come se invece che alla Bastiglia dovesse recarsi a una festa da ballo. Una vettura a quattro cavalli attende di strada il prigioniero, con lui prende posto l’ufficiale di polizia.
Talvolta questi, per rendere più onore all’arrestato, monta da solo in altra vettura da piazza. Giunti al Castello:
 – Chi va là?
 – Grida la sentinella.
 – Ordine del re, – risponde il bargello. Una campana squilla, il ponte levatoio s’abbassa e incontro al prigioniero ecco avanzano con profondi inchini il capitano delle porte e il vice comandante della Bastiglia, che lo accompagnano subito dal governatore, cui lo presentano con tutte le regole.
Quindi un secondino s’affaccia e annuncia solenne:
 – L’appartamento del Signore è pronto.
E qui lasciamo la parola al prigioniero De Marmontel:
«Mi fecero salire in una vasta camera, dove erano due letti, due tavole, un armadio e tre sedie di paglia. Faceva freddo ma il guardiano accese un buon fuoco e mi portò legna in abbondanza. Mi fornì anche tutto l’occorrente per scrivere. Tornò poi a chiedermi come trovavo il letto e, essendomi io lagnato dei materassi e delle coperte, subito provvide a mutare ogni cosa. Mi domandò a che ora desideravo mi fosse servito il pranzo. Risposi: – allora degli altri – La Bastiglia aveva una biblioteca, di cui il governatore mi mandò il catalogo, dicendomi di scegliere. Per mio conto lo ringraziai ma al mio domestico volle per sé i romanzi di Prévost, che gli furono portati. »
Se un prigioniero non è contento dei mobili della sua camera, può arredarla come meglio gli piace.
Il prigioniero può condurre seco il proprio domestico, a cui l’amministrazione del carcere provvede vitto e alloggio: se non lo ha ne fa richiesta al Governatore, che s’affretta a procurargliene uno a spese del Re.
Chi soffre la solitudine chiede e ottiene facilmente uno compagno di camera. Dodici gentiluomini bretoni, imprigionati nelle 1778, vengono, sul loro domanda, alloggiati insieme. Ma c’è di più. Il prigioniero che lo desidera può condurre vita di famiglia. Nel 1693 una certa signora La Fontaine poté ottenere la compagnia di suo marito e un valletto per il servizio di… casa.
Le visite al detenuto cominciano di buon mattino. Primo è il barbiere della prigione, che entra accompagnato da un guardiano, bacinella e bricco in argento, saponetta profumata, salvietta di lino con ricami, e al dito un diamante da duemila scudi.
Poi è la volta del sarto, che veste senza… spogliare i clienti, perché paga l’amministrazione. E non crediate già che egli confezioni divise da galeotto: sono abiti di lusso e all’ultima moda.

Paga l’amministrazione…
Al signor Latude, un volgare cavaliere d’industria, la Bastiglia provvede due dozzine di camelie e di fazzoletti di fine tela batista, vesti da camera foderate di pelle di coniglio, abiti, berretti, ecc.
La moglie del commissario De Rochebrune si dispera di non poter trovare in tutta Parigi un vestito di seta bianco con fiori verdi preteso dalla signora Sauvé. Il prigioniero Hugonnet scrive una lettera di protesta al Governatore perché le camice che gli hanno portato non sono quelle richieste. Decisamente il mestiere di governatore della Bastiglia non era scevro di fastidi: più comodo fare l’imbastigliato.
Dopo il barbiere e il sarto, si presentava a costui il cuoco con la lista dei piatti del giorno per la colazione e il pranzo. Quanto ben di Dio! Non si digiunava certo alla Bastiglia! Dei cibi ai vini, nulla è troppo fine, nulla troppo costoso.
Tanto paga l’amministrazione, la quale può spendere da 5 a 30 lire al giorno per prigioniero, secondo il suo grado, senza contare gli«straordinari ».
Anche di venerdì non si mangiava male alla Bastiglia. Al signor Marmontel è servita una colazione di magro assai gustosa, che dà luogo ha un non meno gustoso equivoco.
Gliela portano due secondini e gliela serve il suo domestico Bury. Stoviglie, posate, tovaglie non sono, è vero di prima qualità, ma la zuppa di fave bianche al burro è eccellente. Ancor meglio un piatto di merluzzo: «La petite pointe d’ail l’assaisonnait, avec une finesse de saveur et d’odeur qui aurait flatté le goût du plus friand gascon ». Discreto vino. Frutta niente.
«Bisogna bene privarsi di qualche cosa », pensa Marmontel; ma ecco che, mentre fa per alzarsi da tavola e lasciare il posto al domestico, entrano nuovamente i due secondini di prima, carichi di una piramide di piatti.

Un bell’equivoco
Le stoviglie sono di fine maiolica, stavolta, le posate d’argento, le tovaglie di lino.
 – Signore. – Dice ridendo Bury, – voi avete mangiato la mia colazione; troverete giusto che ora io mangi la vostra.
La colazione per Marmontel era di grasso e si componeva di un eccellente minestra, di una fetta di manzo, di una coscia di cappone bollito, di un piatto di carciofi fritti, di un altro di spinaci, di una bella pera bergamotta , di uva fresca, di una bottiglia di vecchio Borgogna e di caffè Moca.
«Dopo pranzo, – narra Marmontel, – il Governatore venne a visitarmi e mi chiese se avessi mangiato bene. Per la cena mi consigliò un pollo »
Si servivano alla Bastiglia, secondo le stagioni, ostriche e capponi, trote e piccioni, dolci e frutta. Quanto agli vini, sentite che dice il duca di Richelieu: «A ogni pasto si ricevevano due bottiglie di Borgogna o di sciampagna, più una terza per il corso della giornata. Cosicché non era raro il caso che il medico della Bastiglia dovesse curare i prigionieri per sbornie e indigestioni »
Dopo pranzo, passeggiate, letture, visite, partite alle carte o al biliardo. È permessa ai detenuti persino qualche scappata «per affari » in città. I fratelli Klingel, che erano stati imprigionati insieme, potevano uscire quando loro piaceva ma alternativamente. Bastava che uno di essi fosse sempre presente alla Bastiglia. Chi non esce può ricevere visite parenti, amici e amiche Voltaire dava udienza a quanti in Parigi si interessano alla sua gloria nascente. Talvolta i prigionieri trattengono il loro visitatori a pranzo.
Il salone del governatore è il centro della vita mondana del carcere.
La signorina De Launay e il cavaliere De Menil intrecciano alla Bastiglia un romanzo d’amore. Deliziosa esistenza! Lasciò scritto uno degli amanti:
«Non desideravo più altra libertà fuori di quella che godevo in carcere. Oltre le sue mura, non mi pareva più che esistesse il mondo. Il solo tempo felice di mia vita l’ho passato alla Bastiglia».
Ma tutto finisce. Un bel giorno, – assai brutto per i prigionieri, – arriva l’ordine di liberazione. Bisogna lasciare la Bastiglia. Non valgono le proteste, né le raccomandazioni. Tale era il regime della«terribile » Bastiglia. Un vero peccato che l’abbiano distrutta. Ci si stava così bene…

M.Vugliano