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 2014  giugno 15 Domenica calendario

Alla Camusso non piace la cosiddetta rivoluzione di Renzi e ieri ha rilasciato una dichiarazione durissima contro il disegno di legge delega relativo alla pubblica amministrazione

Alla Camusso non piace la cosiddetta rivoluzione di Renzi e ieri ha rilasciato una dichiarazione durissima contro il disegno di legge delega relativo alla pubblica amministrazione.

Sentiamo.«Avremmo voluto dal governo una maggiore dose di coraggio nell’affrontare il tema del riordino della pubblica amministrazione. Si continua ancora a parlare di una riforma per i cittadini ma nel decreto legge non si intravede alcuna misura che possa favorire realmente il rapporto tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni. Non vi sono norme che semplifichino effettivamente l’accesso ai servizi pubblici e riducano il carico burocratico per i fruitori delle pubbliche amministrazioni. Andrà valutato se invece qualche beneficio sia stato previsto per le sole imprese. Se questo è il provvedimento non vi può che essere delusione e sconcerto per una riforma annunciata come epocale, ma che vedrà forse la sua attuazione in un tempo più lungo, quando si chiarirà quali siano le linee che il governo vorrà assumere, visto che il disegno di legge con il quale si dovrebbe procedere alla riorganizzazione è una sorta di delega in bianco. La riorganizzazione ancora una volta viene annunciata, ma viene rinviata ad un tempo futuro e a contenuti che si capiranno in seguito». A questa intemerata, il ministro Madia ha risposto così: «Proponiamo un grande progetto di cambiamento. Al sindacato dico che non è responsabile fare opposizione perché rispondiamo a una richiesta sociale».  

Che ne dice?
La Camusso è una nemica dichiarata di Renzi, come dimostra lo sciopero discutibilissimo della Rai (11 giugno). Ho già scritto altre volte che Camusso è la principale sconfitta del 25 maggio. Quindi si deve applicare una tara alle sue prese di posizione, dato che contengono una forte valenza politica, vale a dire un preconcetto. Ha però ragione sulla questione della legge delega: a parte una miriade di provvedimenti minori, e dietro ai quali non riusciamo a scorgere la filosofia della burocrazia dei nuovi tempi (non essendo ovviamente una strategia il semplice rinnovamento o ringiovanimento), la legge delega significa che il governo chiederà al parlamento la delega per riformare la pubblica amministrazione, e attuerà poi questa delega con una serie di decreti da emanare a partire dal 2015. Le precedenti esperienze relative alle leggi delega ci dicono che ci vogliono anni per emanare i decreti, che la procedura risulta faticosa e farraginosa, che qualche volta i termini sono stati superati e le leggi decadute. Dunque su questo punto l’osservazione di Camusso, a fronte dell’enfasi con cui Renzi chiama le sue mosse «rivoluzione», non è affatto peregrina. La risposta della Madia fa poi cadere le braccia: non è possibile che chi si oppone al pensiero del premier sia considerato irresponsabile, che è il punto debole del segretario anche sulla questione Mineo e 13 ribelli. Sul punto, come abbiamo scritto, noi diamo ragione a Renzi, ma non se c’è il rischio di considerare il dissenso una colpa (o un crimine).  

Non è strano che Camusso non abbia detto una parola nemmeno sui 15 mila nuovi posti di lavoro?
La Cgil potrebbe mugugnare su questo perché i 15 mila posti (ma forse questo numero è esagerato) si ricavano vietando a chi ha raggiunto l’età della pensione di restare in servizio. Quindi è un semplice scambio, con vantaggio finanziario del datore di lavoro, cioè lo Stato. Dal prossimo ottobre non si potrà più slittare il momento della pensione. Per i magistrati il momento della pensione non sarà più rinviabile dal 31 dicembre del 2015. I magistrati hanno sostenuto che obbligarli al ritiro a 70 anni avrebbe decapitato la Cassazione! Non voglio commentare questa presa di posizione come minimo ridicola.  

Però ci sono altre cose che per i sindacati potrebbero risultare un boccone amaro.
Almeno due: la possibilità di spostare un dipendente pubblico in un posto diverso purché questo nuovo posto sia collocato nel raggio di 50 chilometri; la mobilità e licenziabilità dei dirigenti. Si tratta di due riforme che potrebbero davvero risultare rivoluzionarie. Sul primo punto: il dipendente pubblico potrà essere spostato anche se non è d’accordo. La legge prevede che le modalità di questo provvedimento dovranno essere stabilite attraverso una serie di incontri con i sindacati, però entro due mesi, altrimenti Palazzo Chigi procederà di testa sua. Quanto ai dirigenti: una parte del loro stipendio sarà determinato dall’andamento del Pil (quindi tagliabile se il Pil scende), il loro contratto sarà triennale e il triennio sarà valutato da una Commissione. Se i risultati non risulteranno soddisfacenti, il dirigente sarà messo in mobilità e poi licenziato. Ieri sul Corriere della Sera Sergio Rizzo ha fatto un elenco di casi in cui statali condannati in via definitiva anche per colpe gravissime sono stati poi reintegrati dalla Pubblica Amministrazione grazie a tutta una serie di «leggi vigenti». Questo per dire della difficoltà di licenziare un dirigente pubblico. Sarà interessante vedere l’esito di questo scontro.  

Perché la Camusso ce l’ha tanto col fatto che Renzi vuol facilitare la vita alle imprese?
Per la Cgil, se si sta a queste prese di posizione, le imprese restano un nemico. Al segretario non va giù che la bolletta elettrica sia tagliata e i diritti camerali dimezzati. È convinta che qualunque vantaggio di questo tipo si traduca in profitto e mai in investimenti.