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 2014  giugno 13 Venerdì calendario

Un’interessante querelle è in corso all’interno del Partito democratico: la direzione del gruppo al Senato ha rimosso dalla Commissione Affari costituzionali tre senatori, e tra questi senatori licenziati c’è anche Corradino Mineo, volto assai noto, e tra i più simpatici, prima del Tg3 e poi di RaiNews24 di cui è stato anche direttore

Un’interessante querelle è in corso all’interno del Partito democratico: la direzione del gruppo al Senato ha rimosso dalla Commissione Affari costituzionali tre senatori, e tra questi senatori licenziati c’è anche Corradino Mineo, volto assai noto, e tra i più simpatici, prima del Tg3 e poi di RaiNews24 di cui è stato anche direttore. La rimozione di Mineo è sicuramente politica, perché il nostro collega è contrario all’idea di un Senato non eletto dal popolo e avrebbe quindi votato contro il testo che il governo sta preparando. In commissione Affari Costituzionali c’è un perfetto equilibrio tra maggioranza e opposizione e il no di Mineo avrebbe bloccato, o reso molto più complicata, l’approvazione della riforma.

Come mai le leggi seguono questi cammini tortuosi, perché esistono le commissioni...?
Si racconta che vent’anni fa, al primo ingresso in Parlamento, l’ancora inesperto Berlusconi abbia chiesto: «Ma cosa ce ne facciamo delle commissioni? Perché con le leggi non andiamo direttamente in aula?». Le commissioni, in realtà, esistono da sempre, ce le aveva già il Parlamento di Cavour, che le aveva copiate dal parlamento francese. È in commissione, in realtà, che si preparano i testi che poi l’aula dovrà approvare. Con questo vantaggio: che in commissione siede un gruppo ristretto di deputati o senatori, mentre in aula sono qualche centinaio. Quindi la commissione serve a sciogliere preventivamente la maggior parte dei nodi di una legge e lascia all’aula le prese di posizioni generali o le ultime questioni. Intanto presenta un testo, definito e che si può ancora emendare.  

Bene. Quindi, che cosa è successo?
C’è questa commissione Affari costituzionali, stiamo parlando in questo caso del Senato, la quale ha il compito prima di tutto di esaminare la costituzionalità dei provvedimenti e fornire un parere (non vincolante), e a cui poi incombono per definizione i testi di riforma costituzionale, com’è quello che vuole cambiare la natura e il profilo del Senato. Riforma chiave nel programma di Renzi, come ricorderà, il quale vuole sostanzialmente due cose: che il Senato non dia più la fiducia; e che i senatori non siano più eletti dal popolo, ma scelti tra i sindaci, tra i governatori regionali e un gruppo per indicazione diretta del Quirinale. A questa idea Mineo, ma non solo Mineo, si oppone. Allora la direzione del gruppo democratico, l’altro giorno, ha provveduto a rimuoverlo. L’operazione completa è stata questa: Mineo sedeva in commissione in via provvisoria al posto del senatore Minniti, sedevano poi in commissione anche i senatori Chiti e Pizzetti. La direzione del gruppo ha rimosso Chiti e Pizzetti (sostituendoli con Migliavacca e Cociancich) perché Chiti è presidente degli Affari europei e Pizzetti è sottosegretario, e ha messo il capogruppo Zanda al posto di Minniti e quindi del supplente Mineo. Mineo ha subito gridato all’operazione politica e allo sfregio dell’articolo 67 della Costituzione. Altri tredici si sono detti d’accordo con lui e tutti e 14 si sono autosospesi dal gruppo. Il senatore Corsini ha letto in aula questa dichiarazione: «La rimozione dei senatori Chiti e Mineo, decisa ieri dalla presidenza del gruppo, rappresenta un’epurazione delle idee considerate non ortodosse». Chiti parla di «rischio di un partito plebiscitario e autoritario. Se vogliono mi cacciano». Mineo ha fatto un po’ il giro delle radio: «Apprezzo il Renzi politico e penso sia una risorsa, ma il renzismo-stalinismo è grave. Non era mai successo che si violasse così l’articolo 67 della Costituzione. Da parte mia nessun veto, la mia colpa è quella di aver detto che i colonnelli di Renzi – Boschi, Zanda e Finocchiaro – hanno gravemente danneggiato il progetto di riforma del Senato voluto dallo stesso governo».  

Ho due domande. La prima: che cosa dice l’articolo 67 della Costituzione?
«Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Articolo fondamentale per la tutela della libertà e dell’indipendenza dell’eletto, articolo che Grillo, per esempio, vorrebbe abolire in modo da potersi permettere, dalla sua villa di Genova, di dare a deputati e senatori ordini secchi e impossibili da disattendere. Senonché, forse in questo caso c’entra poco: si siede in una commissione parlamentare su indicazione di un gruppo, cioè si sta in commissione per rappresentare il punto di vista del gruppo.  

Seconda domanda: che cosa significa «autosospensione»?
Non lo so e, a quanto ho capito, non lo sa nessuno. Che conseguenze potrà avere, sul piano pratico, l’«autosospensione» dal gruppo? Credo che non esistano precedenti. Il presidente del gruppo, Luigi Zanda, riceverà questi malpancisti, non ancora saliti al grado di dissidenti, lunedì. Martedì poi ci sarà l’assemblea del gruppo. Dovremmo allora capir meglio.  

Reazioni?
La reazione più forte viene dal presidente del Consiglio: «Non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo».