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 2014  giugno 12 Giovedì calendario

Donati racconta Boulard

L’illustrazione italiana,1° Novembre 1875
                 

Roma, tra le molte singolarità sue, a quest’una principalissima, che il forestiere qui venendo e dimorando alquanto, si tiene del paese come se nato e cresciuto vi fosse. E’ ciò che avviene in peculiar modo degli artisti, i quali dinanzi alle meraviglie dell’arte di tutti i secoli e di tutte le civiltà, si sentono presi da ardentissimo affetto per la terra per raccogliere.

« Io sono più romano dei romani», mi diceva l’altro il pittore Bourlard; «Io sono innamorato di questa stupenda campagna così larga di ispirazione all’artista; il ripasso tutto il tempo che non impiego nel lavoro, e se potessi pianterei studio nell’aperta campagna e li farei i miei quadri. » E queste parole egli mi diceva, con l’accento breve e incisivo che gli è proprio, mentre io nel suo studio di via Margutta stava contemplando un bellissimo quadro non del tutto finito, dov’ei magistralmente raffigura una scena. Di quella campagna romana a lui si carente diletta. Ond’e’ che se mi fosse mai potuto passare pel capo che egli esagerasse nel dire, quella della era lì per farmi tosto ricredere.

Antonio Bourlard è belga di nascita e nel Belgio apprese l’arte in Parigi; ma non si rivelò veramente a se stesso se non a Roma, dove quattordici anni fa venne inviato a studio dal suo governo, e dove è rimasto. La natura fredda e circoscritta, il gretto, l’artificiale, il minuto non sono per lui. Egli ha mestieri del grandioso, del vero per ispirarsi. Ci vogliono per lui gli ampii orizzonti, le tinte calde, le scene svariate, gli splendidi tramonti, la mesta e severa poesia della campagna romana. L’indole sua schiva ed austera si confà mirabilmente con quella maestosa solitudine, con quei silenzii profondi, rotti appena dal muggito de’buoi e dai nitriti delle puledre, che scorazzano al pascolo.

Il Bourlard possiede vivo e squisito il sentimento dell’arte, alla quale vorrebbe che tutti restassero lo stesso. Che le professa egli. E come sente vivamente profondamente, così in ogni sua opera egli stampa quell’impronta originale che divertisi soltanto sorvolare, senza scostarsi dal vero. E perciò il Bourlard non segue le vie più battute, né si dà pensiero del lavoro che fa strombazzare nel volgo questo o quel nome, e preferisce questo a quel genere d’arte.

Egli osserva, osserva, osserva e poi dipinge; ma il suo dipinto può riuscire così un paese, come una deposizione dalla croce, un ritratto, fiori, frutta, cacciagione e va dicendo. E poiché sente fortemente ed a ricca l’immaginazione, gli accade talvolta di a troppo risalto, troppo colore, troppa movenza alle creazioni della sua fantasia. Da quasi tre lustri, dacche’ vive in Roma, ilBourlard lavoro in de fesso, e le sue opere, per la più parte, andarono ad onorare i musei della sua patria nativa. Duole che quella del’elezione, occupata come nella gravissima bisogna del costituirsi, non abbia potuto in quegli ultimi tempi dare alle arti le debite cure, premiando degnamente incoraggiando chi le coltiva così commendevolmente, come fa il Bourlard.

Attendendo tempi migliori, l’illustrazione non lascia intanto di fare il debito proprio. I nostri lettori hanno in questo stesso foglio uno dei tanti studii d’animali del bourlard, egregiamente riuscito. E la catastrofe di un dramma di sangue, e l’amore e l’ambizione di intero insieme collegati che incitano alla lotta e a lotta mortale! I due campioni, emuli o divani che si voglia dire, sono alle prese, con tutta la rabbia con tutta la ferocia di vuol farla finire per sempre. Incurante della propria difesa, ognuno di essi ha dato un omino che ad offendere il nemico, che dovrà in quel giorno scomparire dalla faccia della terra. Infatti intanto alternarsi di colpi dati e ricevuti alla cieca, arriva finalmente quell’uno che arreca la morte. Dal ventre, orribilmente lacerato, sgorga ad affronti il sangue vivo, e fra pochi istanti il fortunato vincitore non avrà più chi di contrasti i suoi amori e il suo dominio.

Crede forse il lettore che in ciò che ho narrato entri per un pochino latte del movelliere? Se così crede, sbaglia. La storia è vera, e della storia dei due torri così bene dipinti dal Bourlard, e qui riprodotti. Erano tutti e due della stessa mandra, e poi si poteva patire, onde avvenne ciò che v’ho detto. Un giorno il mandriano gli andava cercando col nostro pittore, che ne voleva fare uno studio, e dopo lungo cercare in luogo di posto rinvenne il cadavere ancora caldo dell’ucciso, e poco oltre il superstite che manifestatamente trionfava della riportata vittoria.

La strettezza del tempo ci toglie di offrire ai lettori di questa rassegna la riproduzione dell’ultimo quadro del Bourland, bellissima opera che partirà a pochi giorni per Brusselles.

Speriamo tuttavia di poterne adornare queste pagine prima fosse che i giornali belgi ne facciano lor pro.

 (Da Roma)

                                 
Cesare Donati