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 2014  maggio 28 Mercoledì calendario

Fino all’altro giorno la chiamavamo guerra «a bassa intensità», ma l’altro giorno i morti ammazzati potrebbero essere stati più di cento, e gli scontri continuano senza posa

Fino all’altro giorno la chiamavamo guerra «a bassa intensità», ma l’altro giorno i morti ammazzati potrebbero essere stati più di cento, e gli scontri continuano senza posa. Forse l’intensità non è più così bassa, forse è urgente che la diplomazia riprenda in mano il filo della situazione.

Stiamo di nuovo parlando dell’Ucraina.Sì. C’è un nuovo presidente, eletto domenica scorsa con il 55% dei voti. Si chiama Petro Poroshenko, ha 48 anni, è a capo dell’impero dei dolciumi Roschen, ma non ne può mangiarne perché è diabetico, ha fatto il ministro con governi di ogni tipo, sembra dunque l’uomo giusto per trattare con i russi, ci sono state piccole aperture da una parte e dall’altra, la trattativa a un certo punto potrebbe partire sul serio. Ma intanto sul terreno... 

Che succede sul terreno?
Donetsk è nel caos. Tutte le vie di entrata e uscita sono bloccate dai militari ucraini, i soldati di Kiev che hanno circondato la città. Tra le ultime notizie c’è quella di un’altra cattura degli inviati Ocse, non si sa ancora in che numero e non si sa ancora sequestrati da chi. La cattura dovrebbe essere avvenuta tra Donetsk e Lugarsk. I contatti – sono notizie che vengono dall’ambasciata estone – si sono persi lunedì alle 18. Tra gli ostaggi dovrebbero esserci un turco, uno svizzero, un estone, un danese. Gli scontri continuano intanto intorno all’aeroporto, riconquistato dai governativi. Un gruppo di uomini armati ha assaltato e incendiato il palazzetto per l’hockey su ghiaccio, quello destinato ad ospitare i campionati del mondo 2015.  

Il centro del fuoco è sempre Donetsk?
A Donetsk ci sono i ribelli filorussi, costituiti in un’autoproclamata Repubblica popolare che pretende la stessa autonomia della Crimea. Costoro non intendono sloggiare. Da Kiev è arrivato un ultimatum: «O ve ne andate o sarete uccisi con armi di precisione». Non conosciamo la scadenza dell’ultimatum, ma dovrebbe essere prossima. A Kiev i ribelli filorussi sono senz’altro definiti «terroristi». «Il comando garantisce sicurezza a coloro che sono disposti a deporre le armi», ha detto il portavoce del governo, Vladislav Seleznyov. Per gli altri c’è la morte. I filorussi hanno risposto diramando un ordine di evacuazione per i civili, ma restando dove sono. Il massacro, purtroppo, si avvicina. Le autorità di Kiev proclamano ad ogni piè sospinto che l’operazione di pulizia in Ucraina orientale continuerà finché sul territorio «non rimarrà neanche un singolo terrorista». Così si è espresso, ancora ieri, il vice premier ucraino Vitali Iarema.  

Quante vittime finora?
Il ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov, ha detto che potrebbero esserci state molte perdite. Fonti mediche nella città avevano parlato di almeno 30 vittime, senza precisare se fossero civili o miliziani. Il sindaco della città, Oleksandr Lukyanchenko, dice che i morti sono 40, di cui 38 combattenti e due civili. I feriti sarebbero 31. Ma dai separatisti filorussi arrivano notizie molto più drammatiche: sarebbero cadute almeno 100 persone «e la metà sono civili». Denis Pushilin, leader della Repubblica popolare di Donetsk: «Non riusciamo ancora a recuperare i cadaveri, siamo sotto il tiro dei cecchini. Sparano alla gente mentre tenta di recuperare i corpi. L’obitorio è troppo piccolo per contenere tutte le salme. Stiamo cercando camion-frigo per conservarle in attesa dell’identificazione». Putin ha telefonato a Renzi per le condoglianze relative alla morte del fotografo Andrea Rocchelli. Nella stessa telefonata, il presidente russo ha chiesto che le autorità di Kiev fermino l’operazione militare a Est, e avviino un dialogo con i leader delle regioni russofone per cercare una soluzione. Quasi nello stesso momento si veniva a sapere che Obama aveva telefonato al neopresidente Poroshenko offrendogli «il piano sostegno degli Stati Uniti».  

Mosca ha riconosciuto Poroshenko?
Ancora no, ma questo non significa che non esistano spiragli per una trattativa. Alle elezioni, i fascisti e gli altri partiti di estrema destra hanno preso appena l’1% dei voti. Poroshenko era già ministro con Yanukovich, il presidente amico di Putin. Appena eletto ha dichiarato: «Senza Mosca non è possibile garantire la sicurezza del nostro Paese» e «Voglio mettere fine alla guerra». Belle aperture, subito riequilibrate da queste altre parole: «I separatisti dell’Est sono come i pirati somali, che hanno creato nel loro paese uno stato perpetuo di assenza di leggi». Putin è troppo politico per non cogliere lo spiraglio che comunque il nuovo presidente gli ha aperto e ha smesso di chiamare Poroshenko «coniglio di cioccolato». All’annuncio di un prossimo viaggio nel bacino carbonifero del Donbass, cioè in mezzo ai ribelli, i filorussi hanno dichiarato: «Venga pure, ma con delle risposte alle nostre rivendicazioni». Forse l’intensificazione dei combattimenti è solo una preparazione sanguinosa al tavolo dell’armistizio.