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 2014  maggio 24 Sabato calendario

I processi che Grillo ha promesso a giornalisti, uomini politici e imprenditori non sarebbero che «sputi digitali», un gioco al massacro del web e con gli aficionados dei cinquestelle senza conseguenze pratiche

I processi che Grillo ha promesso a giornalisti, uomini politici e imprenditori non sarebbero che «sputi digitali», un gioco al massacro del web e con gli aficionados dei cinquestelle senza conseguenze pratiche. È la stupefacente dichiarazione resa ieri dal comico genovese al comizio conclusivo di piazza San Giovanni in Roma, stupefacente perché di processi così Grillo e i suoi ne fanno praticamente tutti i giorni.

Sentiamo le parole precise.«Non avrò mai nessuna carica istituzionale [...] Hanno paura, ma di che? Di un processino on line... È da 20 anni che ci prendono per il culo, avremo pure diritto a uno sputo digitale». Altre frasi (forse) significative: «Apriremo l’Europarlamento come una scatola di würstel», «Anche Bergoglio si è iscritto al blog. Siamo nati il giorno di San Francesco. Siamo i primi francescani d’Europa», «Renzi mi fa pena, questo ragazzo mi fa pena, ieri era a piazza del Popolo senza il popolo. Gridava, lui, il moderato, e diceva: “Vinciamo noi”. Diceva anche: “Andremo al Parlamento europeo per dire che vogliamo una comunità di persone: noi siamo il piano B dell’Europa». Non so se queste frasi sono davvero significative. Lunedì sera, dopo il voto, saranno dette altre frasi e queste saranno completamente dimenticate.  

Quanta gente c’era?
Secondo la polizia 150 mila persone, però «meno dell’anno scorso». E a Milano l’altro giorno, sempre secondo la polizia, erano non più di diecimila. Non è più tempo di piazze, si direbbe, per le quali ci vuole passione o fede quasi cieca. Gli elettori italiani, in quanto sfiduciati, sono anche disincantati. E tuttavia Grillo, a San Giovanni, ha un po’ ricordato i vecchi tempi gloriosi in cui la piazza era dominio della sinistra. Bandiere con il logo del M5S, palloncini tirati a forma di 5, urla “Vinciamo noi”, 40 pullman arrivati da tutta Italia, palco da 120 metri quadri, gru di 42 metri per le riprese dall’alto, punti ristoro, nursery, centro medico, 300 volontari per gestire il deflusso, 15 punti di raccolta differenziata. Il M5S, partito quanto mai liquido, ha dato a San Giovanni l’impressione di una sua solidità. Sul palco c’era anche Casaleggio.  

Nessuno ha parlato d’Europa.
La campagna elettorale italiana è stata deprimente proprio perché non ha affrontato i temi connessi con il voto. Quanto ci costa l’Europa? Siamo certi di voler restare nell’euro? Quanto ci costerebbe uscirne? In che modo rinegozieremo i patti che ci riguardano, ammesso che si debbano rinegoziare? Come intendiamo procedere contro quel gran nemico che è il debito pubblico italiano? Come potremo praticare una politica dello sviluppo e nello stesso tempo tentare la riduzione del debito che ci soffoca? Problemini ignorati da tutti. Berlusconi ha parlato di Europa, nel comizio conclusivo di ieri a Milano, solo attraverso un calcolo elettorale. Converrà votare Forza Italia, ha detto, perché i grillini sono isolati e il Pd, anche se in Italia prenderà molti voti, sarà minoranza a Strasburgo, cioè conterà poco. Forza Italia invece farà parte del gruppo sicuramente maggioritario del Popolari (a cui appartiene peraltro anche la Merkel: ma questo l’ex Cavaliere non lo ha ricordato). Altro ragionamento: non conviene votare i partitini (tipo Fratelli d’Italia o Ncd) perché o non supereranno lo sbarramento del 4 per cento o eleggeranno un numero così basso di parlamentari da risultare del tutto ininfluenti. E questo è il discorso europeo di Berlusconi.  

E Renzi?
Ha chiuso a Firenze, inalberando lo slogan «Non si vince con le minacce e la paura». In mattinata, durante una conferenza stampa, aveva tirato fuori le solite slides – dieci – per esaltare quello che il governo ha fatto nei suoi ottanta giorni di vita. Gli ottanta euro a cui seguiranno provvedimenti per le famiglie che vivono con meno di 500 euro al mese, il disegno di legge delega sul lavoro, la riforma elettorale – in Senato subito dopo il voto – il piano edilizio per la scuola, l’Artbonus per i privati che investono in cultura, la lotta alla corruzione (per ora annunciata), le auto blu all’asta, la riforma della Pubblica amministrazione, «entro giugno presenteremo tutte le spese on line», eccetera.  

Che ne dice dell’improvviso richiamo a Berlinguer?
Mi pare che né Renzi – un ex democristiano – né Grillo – che non ha antenati politici se non i qualunquisti di Giannini e i radicali di Pannella (forse) – somiglino minimamente al segretario del Pci. Forse possiamo prendere questo improvviso accapigliarsi intorno al nome di Berlinguer come un segnale di inquietudine, un segnale di imbarazzo per la vita presente della politica e della società italiane così sideralmente lontane dalla severità berlingueriana, dal suo continuo richiamo alla morale, alla sobrietà, al decoro.