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 2014  maggio 10 Sabato calendario

Il maniaco di Firenze si chiama Riccardo Viti, ha 55 anni e l’apparenza di un uomo qualunque, mai avuto a che fare con la polizia o con i carabinieri, identico a come lo avevamo immaginato dopo la descrizione delle prostitute, calvo ma non rasato a zero come usa oggi, la pancia, ingobbito mentre i poliziotti lo portavano fuori dall’appartamento di via Locchi, a un passo dall’ospedale di Careggi

Il maniaco di Firenze si chiama Riccardo Viti, ha 55 anni e l’apparenza di un uomo qualunque, mai avuto a che fare con la polizia o con i carabinieri, identico a come lo avevamo immaginato dopo la descrizione delle prostitute, calvo ma non rasato a zero come usa oggi, la pancia, ingobbito mentre i poliziotti lo portavano fuori dall’appartamento di via Locchi, a un passo dall’ospedale di Careggi. Sono andati a prenderlo all’alba, e la madre gli ha chiesto: «Ma sei te il mostro di Ugnano?» al che lui ha risposto, subito: «Sì, sono io. Ho fatto una cazzata».

Viveva con la madre? Perché nelle psicologie di questi qui le madri hanno sempre una parte.Viveva in un appartamento attaccato a quello dei genitori, con una porta comunicante. Lui, la sua compagna, un figlio di questa compagna (immigrata), adolescente e che va a scuola a Firenze. Dall’altra parte il padre e la madre. Il padre ha ottant’anni e ha assistito alla scena dell’arresto seduto sulla sua sedia e senza dire una parola, mentre la madre gridava.  

• Che mestiere fa?
Il padre fa l’idraulico, e portava il figlio con sé come aiutante. Il figlio, il maniaco, sarebbe un ragioniere, ma come ragioniere non aveva trovato lavoro. Padre e figlio tenevano gli attrezzi in un locale a piano terra. In mezzo a quei ferri c’era pure un rotolo di nastro adesivo, quello che Viti adoperava per legare i polsi delle prostitute. E un paio di bastoni, quelli con cui le seviziava nella posa da crocefisse. L’ultima, la notte tra il 4 e il 5 maggio, ci ha lasciato la pelle. Era la povera ventiseienne Andreea Cristina Zamfir, due figli lasciati in Romania. Era scesa alle Cascine per raccattare qualche soldo dagli uomini. È possibile che si fosse già fatta seviziare da Viti. L’uomo che viveva con lei, romeno anche lui, ha detto: «Nello scorso mese di marzo Cristina si fece medicare al pronto soccorso perché uno l’aveva legata e violentata». Viti, per avere il permesso di fare quello che faceva, pagava una tariffa più alta. Anche questo è servito a farlo ricordare.  

Alle donne?
Sì, dopo che giornali e televisione avevano parlato di questo maniaco, in questura e dai carabinieri si sono presentate una quantità di donne che hanno detto di ricordare, di sapere. Ieri, durante la sua confessione, Viti ha ammesso una decina di episodi, tra Firenze e Ugnano, spesso nella via del Cimitero di Ugnano, sotto il cavalcavia della A1 dove hanno trovato il cadavere di  Andreea Cristina. L’elemento chiave è stata la macchina, un Doblo grigio Fiat: nel percorso tra le Cascine e Ugnano ci sono un sacco di telecamere e gli inquirenti hanno potuto seguire praticamente tutto il percorso di quella notte. Per gli agenti un bel risultato. Alfano si è complimentato con un tweet, il questore di Firenze, Raffaelle Micillo, ha dato la notizia con queste parole: «La squadra mobile e i carabinieri sono riusciti a catturare la bestia, e chiedo scusa alle bestie». Questa frase non mi è piaciuta.  

Perché?
L’orrendo Viti è un uomo, e nella sua umanità sta il mistero di un cervello che ha bisogno di emozioni come quelle. È una storia di abiezione, ma umana. Davanti a quelli che lo interrogavano e ai quali non ha fatto nessuna resistenza, ha detto: «Ho fatto una bischerata. Speravo la trovassero viva, come le altre. Sono finito. Ormai non mi salva nessuno». Gli hanno chiesto: perché facevi queste cose? Ha farfugliato: «rivalsa». Ferite dell’anima sepolte chi sa dove. Più correttamente, il procuratore capo Giuliano Giambartolomei ha commentato: «Quello che è stato definito un mostro, è l’uomo della porta accanto. Una persona normale, che ha un’attività lavorativa, regolarmente sposato e con un figlio della convivente». Questa convivente faceva le pulizie all’ospedale di Careggi. Senza immaginarne il perché, dovrebbe aver portato lei al compagno lo scotch delle crocefissioni.  

È tremenda anche la storia di lei.
Sì. Andreea era venuta in Italia con i genitori poco più che bambina. Il padre muratore s’era sistemato a Benevento. È morto nel 2008 e allora la ragazza se n’è andata di casa, perché non andava d’accordo con la madre e con la sorella. Adesso viveva a Firenze, in una casa abbandonata e con le finestre murate che lei e il compagno avevano occupato abusivamente. Un materasso per terra, nessun mobile, un televisore, qualche collanina. Sporcizia ovunque. I due bambini stavano con i genitori paterni. Il compagno, Yean Ionta Manta, di 36 anni, ha detto piangendo che «lei non si drogava, non si prostituiva...». Poi ha mormorato: «Non avevamo i soldi per mangiare» (vedi anche la biografia di Riccardo Viti).