6 maggio 2014
Tags : Pietro Badoglio
Biografia di Pietro Badoglio
Grazzano Monferrato (dal 1939 Grazzano Badoglio, Asti) 28 settembre 1871 - Grazzano Badoglio 1° novembre 1956. Generale e politico italiano. Vice capo di stato maggiore alla fine della Prima guerra mondiale. Capo di stato maggiore generale (1925-40). Presidente del Consiglio (1943-44). Maresciallo d’Italia (dal 1926).
• Militare di carriera (Accademia di artiglieria e genio a Torino, Scuola di guerra), si era distinto nel 1911 in Libia ottenendo la promozione a maggiore per meriti di guerra. Tenente colonnello alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, avanzò di nuovo rapidamente di grado con una brillante operazione, innovativa nella tecnica d’attacco, che gli valse, nell’agosto 1916, la conquista del Sabotino. Con altre battaglie nel corso del 1917 (presa del Kuk e del Vodice) si conquistò la fiducia del generale Capello, comandante della II armata, che gli affidò il XXVII corpo d’armata, con i gradi di tenente generale, ancora una volta per meriti di guerra. Il XXVII corpo era schierato a cavallo dell’Isonzo: fu sulla sua ala sinistra che si scatenò il 24 ottobre la maggiore pressione dell’attacco austro-tedesco e che si verificò la penetrazione decisiva fin oltre Caporetto. Due settimane dopo, subentrato Diaz a Cadorna nella carica di capo di stato maggiore, Badoglio fu nominato con il generale Giardino suo sottocapo. Unico vice di Diaz quando Giardino, nel febbraio 1918, lasciò il Comando supremo: insieme affrontarono la difficilissima impresa di ricostruire un esercito che la disfatta di Caporetto aveva dimezzato. Ebbe una parte importante anche nella preparazione della battaglia di Vittorio Veneto.
• Figura controversa, anche solo in relazione ai fatti della Prima guerra mondiale: tra i principali responsabili della sconfitta di Caporetto e nello stesso tempo uno degli artefici del successivo riscatto. «Contro di lui stanno ancora il mantenimento dello schieramento offensivo delle sue divisioni, le dichiarazioni irresponsabili di fiducia ribadite fino alla vigilia, il fatto che fu subito tagliato fuori dalle sue truppe e praticamente scomparve nei giorni più drammatici. Contro di lui gioca poi il fatto che il suo ruolo di braccio destro di Diaz nel nuovo Comando supremo gli valse un trattamento di assoluto favore da parte della commissione d’inchiesta su Caporetto, che nel 1919 omise di pubblicare le pagine sulla sua parte nella sconfitta: un favore pagato con polemiche velenose sulle sue responsabilità mai sopite, anzi inasprite dalle sue successive fortune» [B].
• In seguito: commissario straordinario della Venezia Giulia (dopo che D’Annunzio aveva occupato Fiume) e capo di stato maggiore dell’esercito (1919-21). Diffidente del fascismo alle prime manifestazioni violente, vi si accostò poi e rispose alla chiamata di Mussolini che lo volle capo di stato maggiore generale (1925-40); comandò il corpo di spedizione italiano nella guerra d’Etiopia, conquistata anche grazie all’impiego di armi chimiche (1935-36). Capo del governo dal 25 luglio 1943 al 6 giugno 1944 (firmato l’armistizio con gli Alleati, il 9 settembre abbandonò Roma con il re e altre alte autorità militari). Poi si ritirò a vita privata.