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 2014  maggio 06 Martedì calendario

Biografia di Thomas Woodrow Wilson

Staunton (Virginia) 28 dicembre 1856 – Washington 3 febbraio 1924. Politico statunitense. Democratico, 28° presidente degli Stati Uniti d’America, per due mandati (1913-1921). Governatore del New Jersey. Rettore dell’università di Princeton. Premio Nobel per la Pace (1919). • Famiglia presbiteriana, crebbe in Georgia e South Carolina, sullo sfondo la Guerra civile americana (i genitori simpatizzavano per i sudisti). Laureato in Legge a Princeton, ottenne poi un dottorato in Scienze politiche alla Johns Hopkins. Dopo una brillante carriera universitaria, dal 1890 a Princeton, nel 1902 fu eletto all’unanimità rettore dell’università e tenne l’incarico fino al 1910. Nel 1885 aveva sposato Ellen Axson, dalla quale ebbe tre figlie.
• Le sue tendenze riformiste all’interno dell’università attirarono le attenzioni dei democratici del New Jersey che gli proposero di candidarsi alla carica di governatore. La vittoria, nel 1910, lanciò la sua carriera politica. Come governatore del New Jersey adottò una serie di riforme tese a combattere la corruzione e a proteggere l’amministrazione pubblica dalle ingerenze dei grandi trust. Fu quindi candidato dal Partito democratico alla Casa Bianca e nel 1912 vinse le elezioni con una schiacciante maggioranza sui suoi avversari (i candidati repubblicani erano due: William Howard e Theodore Roosevelt).
• Presidente degli Stati Uniti dal 4 marzo 1913, avviò una profonda azione riformatrice, promuovendo fra l’altro la riduzione delle tariffe doganali, il controllo federale sul sistema bancario, l’applicazione della tassazione progressiva e la legalizzazione dello sciopero. Una nuova legge proibì inoltre il lavoro minorile, un’altra limitò a otto ore la giornata lavorativa degli occupati nell’industria ferroviaria. In politica estera, tentò di promuovere una cooperazione con gli stati dell'America Latina, ma nel momento in cui vide minacciati gli interessi politico-strategici ed economici americani, non esitò di fronte all’intervento militare: nel 1915 gli Stati Uniti assunsero il controllo diretto di Haiti, nel 1916 sbarcarono a Santo Domingo, ove instaurarono un governo militare, e inviarono una spedizione militare in Messico con l’obiettivo di catturare Pancho Villa.
• Durante i primi anni della guerra scoppiata in Europa nel 1914 restò fedele al suo impegno di mantenere l’America neutrale, tanto che nel 1916 fu rieletto, sia pure con uno scarto di pochi voti sul candidato repubblicano, dopo che lo slogan della campagna era stato «Ci ha tenuto fuori dalla guerra». Tentò comunque di porsi come mediatore tra i belligeranti, ma senza successo. Le pressioni degli Alleati da un lato, e dall’altro la guerra sottomarina indiscriminata dei tedeschi, che non risparmiava il naviglio mercantile americano e che già dal maggio 1915 con l’affondamento del Lusitania aveva fatto vittime statunitensi, lo indussero a rompere le relazioni diplomatiche con Berlino e, il 2 aprile 1917, a chiedere al Congresso la dichiarazione di guerra alla Germania, che firmò il 6 aprile. L’invio di materiali e di truppe in Europa aumentò da allora di giorno in giorno.
• L’8 gennaio 1918 espose davanti al Congresso un suo piano di pace in 14 punti che stabilivano sia principi a carattere generale (rinuncia alla diplomazia segreta, libertà dei mari, libertà di commercio, riduzione degli armamenti, emancipazione graduale dei popoli sotto dominio coloniale), sia criteri diretti alla soluzione dei problemi politico-territoriali sollevati dal conflitto e ispirati ai principi di nazionalità e di autodeterminazione. L’ultimo punto proponeva l’istituzione di una Società delle nazioni che avrebbe dovuto tendere al mantenimento dell’integrità territoriale e all’indipendenza politica, per i grandi quanto per i piccoli stati.
• Conclusa la guerra, partecipò alla Conferenza di pace che si aprì a Parigi il 18 gennaio 1919, scontrandosi con le difficoltà della situazione europea e con i diversi obiettivi di guerra delle potenze vincitrici. Il trattato finale lo lasciò insoddisfatto, anche se riuscì a farvi includere l’accordo per la Società delle nazioni. «L’obiettivo, nelle intenzioni del presidente americano, era una pace senza annessioni e indennizzi per un mondo in cui i conflitti tra le potenze sarebbero stati risolti pacificamente sotto l'egida della Società delle nazioni. Ma dal tavolo della pace uscirono annessioni, indennizzi e una organizzazione impotente» [Sergio Romano, Cds 1/6/2013].
• Tornato negli Stati Uniti, presentò e sostenne il Trattato di Versailles davanti al Senato. La maggioranza al Congresso, però, nelle elezioni del 1918 era passata ai repubblicani, che fecero una dura opposizione. Ostile a ogni emendamento, Wilson volle appellarsi direttamente al popolo: contro il parere dei medici, intraprese un lungo tour propagandistico in favore della Società delle nazioni – fondata formalmente con la firma del Trattato di Versailles, il 28 giugno 1919 –  durante il quale fu colpito da un ictus e da una conseguente paralisi. Per questo suo impegno gli fu conferito il premio Nobel per la Pace 1919 (che per una questione procedurale gli fu consegnato l’anno successivo).
• Nel marzo del 1920 per sette voti il Senato non ratificò il Trattato di Versailles. Wilson ritenne ancora possibile un’affermazione delle sue idee in caso di vittoria del candidato democratico J. M. Cox, nelle prime presidenziali in cui, per sua stessa iniziativa, votarono le donne. Ma alla Casa Bianca s’impose il repubblicano Harding.
• Si ritirò a vita privata, a Washington, accudito dalla seconda moglie, Edith Bolling Galt, che aveva sposato il 18 dicembre 1915, dopo la morte della prima, Ellen Axson, nell’agosto del 1914. Edith, che gli era stata particolarmente vicina, anche nelle questioni della presidenza, durante la malattia, gli sopravvisse per 37 anni, riuscendo ad assistere alla cerimonia d’insediamento del presidente John F. Kennedy.