La Gazzetta dello Sport, 3 maggio 2014
Piero Pelù ha dato del «boy scout di Licio Gelli» a Matteo Renzi e, benché siano passati due giorni, la cosa fa ancora discutere
Piero Pelù ha dato del «boy scout di Licio Gelli» a Matteo Renzi e, benché siano passati due giorni, la cosa fa ancora discutere.
• Renzi ha risposto?Per ora no. Ha lasciato che rispondessero i suoi, atteggiamento che significa: non sei abbastanza importante per una replica diretta. Lei saprà che un criterio per valutare chi siamo è pesare i nostri nemici. Renzi, se continua a stare zitto, ci sta dicendo: Pelù conta troppo poco perché io ci perda tempo.
• Questa cosa ha avuto un’eco gigantesca per via del 1° maggio.
Sì, il concerto, o concertone, del 1° maggio a Roma, in piazza San Giovanni, trasmesso come ogni anno da Raitre. Dicono che fossero presenti 700 mila persone, divenute un milione dopo le 21. Ma naturalmente non è possibile: la piazza San Giovanni misura 42 mila metri quadri, e in occasione della beatificazione di Roncalli e Wojtyla la sala stampa della Santa Sede, per aiutare i giornalisti a non dire bugie, ci ha dato una serie di metrature con relative capienze. La piazza San Pietro, ad esempio, è grande 20 mila metri quadri e contiene al massimo 80 mila persone. In piazza San Giovanni, quindi, al suo massino, ne entrano 160 mila. Quando è arrivato il suo momento, Pelù è salito sul palco e ha gridato ai 160 mila: «Vi chiedo un minuto di silenzio da dedicare a chi è morto sul lavoro, a chi è ricattato per il lavoro, ai lavoratori della cultura, che solo in Italia non dà da mangiare, ai disoccupati, ai lavoratori di Piombino, di Porto Marghera, dell’Ilva di Taranto, del Sulcis. Un minuto per Mancini, il poliziotto morto per fare veramente il suo dovere e per scoprire nella Terra dei Fuochi i veleni che venivano interrati. Non vogliamo elemosine da 80 euro, vogliamo il lavoro. Gli F35 rubano soldi alla scuola e agli ospedali. Io gli unici cannoni che ammetto sono quelli che dovrebbe fumarsi Giovanardi. Renzi? È il non eletto, ovvero il boy scout di Licio Gelli: deve capire che in Italia abbiamo un nemico interno: la disoccupazione, la corruzione, il voto di scambio, la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra. La nostra è una guerra interna, il nemico è dentro di noi, forse siamo noi stessi». Saprà che Renzi, da giovane, ha fatto una bella carriera come capo-scout. Ignoro del tutto, invece, le sue relazioni con Licio Gelli.
• Bel discorso, però.
Sì, certo, di grande presa. Nel 1993, essendo Pelù per la prima volta al concertone di San Giovanni, attaccò Wojtyla per le idee sul sesso della Chiesa («Papa, ma sai ‘na sega») e poi, davanti a Vincenzo Mollica che lo intervistava, infilò un preservativo sul suo microfono. Il discorso di questo Primo Maggio è molto forte, e perentorio, al punto che Beppe Grillo l’ha subito rilanciato sul suo blog. Ha solo questo profilo di problemi: è stato pronunciato, in tv, durante il periodo di par condicio, che condiziona tutti, specialmente nelle trasmissioni non-politiche; la Rai, servizio pubblico teoricamente super partes, ne ha moltiplicato l’impatto; Pelù è in promozione sia per quanto riguarda un suo disco uscito proprio adesso - Identikit,
per lanciare il quale il cantante ha fatto una tournée (Roma, Padova, Milano, Firenze) di cui il concertone di piazza San Giovanni è stata la conclusione - sia per quanto riguarda la pubblicazione della seconda biografia, intitolata Identikit di un ribelle
e arrivata nelle librerie venti giorni fa; infine Pelù è in polemica personale con Matteo Renzi perché, divenuto Renzi sindaco, ha perso (lui dice per sua scelta) la direzione dell’Estate artistica fiorentina, che gli veniva pagata 70 mila euro (anno 2007) e da allora non ha risparmiato attacchi violenti contro l’attuale premier. Più in generale: il cantante contribuisce all’idea troppo diffusa che le soluzioni dei problemi siano semplici, che la verità delle cose sia sicura, che i buoni e i giusti stiano da una parte sola e sappiano quello che bisogna fare, mentre i cattivi sono tutti gli altri che impediscono ai buoni di fare quello che si deve nell’interesse dei poveri. In questo arronzare, il cantante ha due grandi maestri: Grillo e Celentano. Nel pomeriggio, su Facebook, Pelù s’è poi scusato per aver definito "elemosina" gli 80 euro. Ma ha aggiunto: «dove sta il lavoro, quello a tempo indeterminato che ti garantirà stabilità e poi la tanto agognata pensione?». Frase che, unita alla prova di scrittura fornita, mostra che il bravo rocker non ha studiato abbastanza per parlare di questi problemi da quel palco.
• Non aveva il diritto di dire la sua?
Certo, e la cosa è stata ribadita anche dal segretario della Cisl, Bonanni: il diritto a esprimere un’opinione è fuori discussione. La questione riguarda invece la natura del concertone del 1° maggio. Come mai i leader sindacali, da ventiquattro anni, lasciano che a festeggiare i lavoratori siano i cantanti o i comici, con risultati, politicamente parlando, risibili? Il sindacato non ha più la forza di portare centomila lavoratori in piazza, a sostegno di una riflessione seria sullo stato del Paese? Non sarebbe anche il caso di ripensare l’idea della diretta tv, un incentivo potente a dire cose impressionanti come che sia in modo da restare bene impressi al mercato di massa?
• Ho l’impressione che lei non voglia prender atto dello spirito dei tempi.
Ho l’impressione che Filippo Turati, o Di Vittorio, o la Maddalena Secco, prima operaia a parlare da quel palco (era il 1° maggio del 1945, la festa si celebrava in piazza del Popolo), se vedessero lo stato a cui è stata ridotto il Giorno dei Lavoratori, inorridirebbero.