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 2014  aprile 30 Mercoledì calendario

Secondo i giudici di Firenze, che hanno condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito a 28 e 25 anni di carcere per l’assassinio di Meredith Kircher, la giovane inglese fu ammazzata non con uno, ma con due coltelli, e non per aver resistito a un atto sessuale, ma in mezzo a un litigio provocato dal furto di soldi e carta di credito da parte di Amanda e Raffaele

Secondo i giudici di Firenze, che hanno condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito a 28 e 25 anni di carcere per l’assassinio di Meredith Kircher, la giovane inglese fu ammazzata non con uno, ma con due coltelli, e non per aver resistito a un atto sessuale, ma in mezzo a un litigio provocato dal furto di soldi e carta di credito da parte di Amanda e Raffaele. Così dicono le motivazioni della sentenza, rese note ieri e contenute in 400 pagine di ragionamenti, deduzioni, induzioni e traballanti certezze che non ci permettono di vedere mai nitidamente il film del delitto. Un giallo che, così come viene raccontato dai magistrati, nessun editore italiano accetterebbe di pubblicare. Giulia Bongiorno, che difende Sollecito, ha detto che ci sono almeno dieci errori per pagina e si dice sicura che la Cassazione cancellerà tutto. Amanda dall’America non s’è fatta sentire. Anche Raffaele per ora tace.

Sento il bisogno di riassumere i fatti. La questione va avanti da troppo tempo, siamo ormai al punto che tutti crediamo di sapere quello che è successo e invece ce ne siamo dimenticati.
Meredith Kercher, 21 anni, inglese, aveva vinto una borsa di studio Erasmus e stava a Perugia da due mesi. Abitava in via della Pergola 7 con altre amiche studentesse. Tra queste, l’americana Amanda Knox con cui, secondo parecchie testimonianze, non andava d’accordo sia perché Amanda era disordinata e forse addirittura sporca, sia perché si portava troppi uomini in casa. La mattina del 2 novembre 2007 una vicina chiama la Polizia Postale perché ha trovato due cellulari nel suo giardino. I telefonini portano gli agenti in via della Pergola. Qui i poliziotti trovano Amanda e Sollecito – in quel momento fidanzati – a colloquio con i carabinieri che loro stessi hanno chiamato. In casa c’è il cadavere di Meredith a cui la sera prima qualcuno ha tagliato la gola. I due innamorati forniscono parecchie versioni su quello che hanno fatto mentre Meredith veniva uccisa. Amanda, in particolare, prima dice che lei c’era, stava in cucina, ha sentito qualcosa ma non è andata a vedere. Poi cambia versione e sostiene di essere stata tutta la sera da Sollecito a guardare la tv e giocare col computer. Accusa un congolese che ha un locale a Perugia e si chiama Lumumba. Non dice invece una parola su Guede, che ha incontrato almeno quattro volte e ha riempito di sue tracce la casa del delitto (compresi i resti di escrementi in bagno, rimasti lì per più di un anno, dato che erano prove).  

Guede è l’ivoriano, il terzo protagonista del delitto.
Chiese il rito abbreviato e gli diedero trent’anni. La ricostruzione che ha mandato Guede praticamente all’ergastolo è parecchio diversa da quella che sta dietro alla condanna di Amanda e Raffaele. Secondo la sentenza-Guede, l’ivoriano aveva immobilizzato dietro la schiena il braccio sinistro di Meredith che, a destra, era bloccata da Sollecito. In piedi davanti a lei Amanda le passava e ripassava la lama del coltello lungo la gola. E a un certo punto questa lama è stata affondata. Il delitto sarebbe arrivato a conclusione o durante un’orgetta. Prima, o addirittura durante, Guede aveva infatti costretto Meredith a un rapporto sessuale. I dubbi emersi al momento della condanna di Guede (28 ottobre 2008) e ostinatamente ignorati da tutti i giudici successivi che si sono limitati a cambiare la ricostruzione dei fatti sulla base di riscontri che nessuno ha mai capito del tutto, restano in piedi ancora adesso: il movente, che continua ad essere campato in aria, l’arma del delitto, che non c’è e c’è ancora meno se le armi del delitto diventano due, la posizione dei quattro (i tre presunti assassini e la vittima) che risulta in tutte le ricostruzioni molto arzigogolata, per non dire artificialmente forzata allo scopo di far stare in piedi, in qualche modo, la scena. Diciamo che la stampa americana, lette le quattrocento pagine, farà a pezzi le nostre logiche giudiziarie e il nostro sistema processuale. Berlusconi all’attacco dei giudici ci sembrerà a quel punto solo un povero vecchietto sgarbato.  

Che cosa dicono queste quattrocento pagine?
Raffaele e Amanda, dopo il litigio provocato dalle proteste di Meredith per il furto dei soldi e della carta di credito, avrebbero colpito ripetutamente con i loro due coltelli Meredith. La ragazza era arrabbiata anche per il comportamento di Guede, che oltre tutto aveva sporcato il bagno. Eccole la cosa raccontata nel linguaggio della Corte d’Assiste: «Non è credibile che fra i quattro ragazzi fosse iniziata un’attività sessuale di gruppo», tuttavia è «un istinto sessuale» a guidare Guede mentre Amanda e Raffaele partecipano all’aggressione con l’intento di umiliare e punire la ragazza. «La volontà omicida degli aggressori risulta palese» e una volta che Meredith viene colpita, i due la finiscono per impedirle poi di denunciarli. I giudici sostengono che ci sono tracce del dna di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith e sul coltello con cui Amanda avrebbe colpito. La Bongiorno sostiene che non c’è traccia di Sollecito da nessuna parte (e questo risulta pure a noi).  

Che succede se la Cassazione cassa?
Bisogna rifare il processo. Leggeremo una quarta o una quinta ricostruzione di quella maledetta scena.  

L’aria è che almeno Amanda e Guede c’entrino, anche se nessuno ha saputo spiegarci in modo convincente come si siano mossi. Ma, putacaso, e se fossero innocenti?
Quando i magistrati ci mettono le mani addosso – e gli imputati peggiori per gli avvocati sono proprio gli innocenti – bisogna far finta di aver contratto una malattia e rassegnarsi a una terapia lunga e dall’esito incerto qualunque sia la verità.