Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 29 Martedì calendario

Biografia di Elisabetta Tripodi

• Reggio Calabria 22 luglio 1966. Politico. Del Pd. Dal 2010 sindaco di Rosarno (Reggio Calabria), con una giunta di centrosinistra dopo due anni di commissariamento per infiltrazioni mafiose.
• Vive sotto scorta da quando il boss ergastolano Rocco Pesce l’ha minacciata per aver sgomberato una casa abusiva del clan. «All’apparenza è una lettera garbata, dai toni fin troppo ossequiosi: “Sono qui con la presente per esprimere tutto il mio rammarico e disappunto…”, “data la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti...”, “le scrivo in modi ed enfasi del tutto confidenziale...”, fino alla conclusione: “i miei più rispettosi e cordiali saluti”. Il problema sono la firma – Rocco Pesce, uno dei capi della cosca di ’ndrangheta che controlla Rosarno – e il destinatario, il sindaco della cittadina Elisabetta Tripodi (…) E sono altre frasi, considerate allusive al punto di trasformarsi, secondo gli inquirenti, in intimidazioni, minacce, vero e proprio ricatto. Perciò, anche se il mittente è detenuto da vent’anni e sta scontando l’ergastolo, i carabinieri gli hanno notificato l’avviso di una nuova indagine e un nuovo ordine d’arresto per il reato di “minaccia aggravata a un Corpo dello Stato”. Perché la lettera di Pesce, accusano i magistrati, rappresenta un avvertimento “idoneo a incutere timore e preoccupazione, finalizzato a impedire o comunque turbare l’attività politico-amministrativa della Giunta comunale di Rosarno”. (…) Ultimamente i Pesce hanno subito duri colpi sul piano giudiziario: arresti, sequestri di beni, un burrascoso “pentimento” in famiglia dai contorni inquietanti, sfociati in un processo nel quale la nuova Giunta del sindaco Tripodi s’è costituta parte civile. Perché, com’è scritto nell’atto presentato al giudice, “il Comune di Rosarno ha subito e subisce un grave danno dalla presenza sul suo territorio dell’associazione mafiosa denominata cosca Pesce”. (…) Il palazzo in cui viveva la madre di Rocco, ottantaquattrenne signora anch’essa imputata nel processo, è stato sgomberato perché abusivo, e il figlio fa notare che la metà delle case di Rosarno sono abusive. Parla di “persecuzione a noi riservata”, attribuisce al sindaco Tripodi “giudizi affrettati” dovuti alla “giovane età”, si duole che l’amministrazione comunale abbia “tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini anziché i problemi dei miei familiari, e comunque dei cittadini di Rosarno”. Per poi affermare: “Io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi (del sindaco, ndr) più stretti familiari, in occasione dei consueti aperitivi in corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni”. Il sindaco nega qualsiasi relazione tra le due famiglie, ma al di là di questo particolare le espressioni di Rocco Pesce vengono bollate come vera e propria sfida. Tanto più che, dopo aver ribadito “la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta”, aggiunge: “Mi viene in mente un detto, senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia... Lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”; cioè proseguire con la “persecuzione” nei confronti dei Pesce» (Giovanni Bianconi) [Cds 7/9/2011].