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 2014  aprile 29 Martedì calendario

Biografia di Flavio Sidagni

• Crema (Cremona) 1955. Manager Eni, nell’aprile 2010 fu arrestato ad Atyrau, in Kazakistan, per spaccio e induzione all’uso di stupefacenti: la polizia, in seguito a una soffiata, lo aveva trovato a fumare uno spinello nel suo appartamento. «Nonostante il consumo fosse a uso strettamente personale, dato che la polizia aveva visto Sidagni passare lo spinello ad amici presenti nella casa, il top manager veniva accusato di traffico di stupefacenti e condannato il 14 settembre 2010 a una pena severissima: 6 anni (17 la richiesta della procura), da scontare nel carcere-inferno di Semey, noto per la sua durezza. A nulla valevano le osservazioni degli avvocati, che obiettavano come un top manager del settore petrolifero non avesse certo bisogno di commerciare hashish» (Ferruccio Pinotti) [Set 17/1/2014]. In seguito alle pressioni italiane, fu presa la decisione di non trasferirlo nel penitenziario di Semey ed è attualmente detenuto nel carcere di Atyrau.
• «C’è anche la sfortuna, in questa storia dove tutto va male. Il 16 aprile 2010, Sidagni ha già fatto il check-in, destinazione Malpensa. Deve tornare a casa, gli hanno scoperto una neoplasia al collo. Il volo viene annullato, colpa della nube di cenere prodotta dal vulcano islandese. Quattro giorni dopo la Polizia bussa alla porta del suo appartamento nel residence Eni di Atyrau. Gli agenti trovano un sacchetto con 120 grammi di hashish. L’appello per la liberazione firmato dai 153 dipendenti kazaki dei quali era responsabile amministrativo cade nel vuoto, così come le testimonianze che negano qualunque cessione a terzi della droga. Condanna in primo grado, confermata in appello. Da scontare all’inferno. La definizione è (…) di Amnesty International, che nel 1995 ha accostato questa parola al carcere di massima sicurezza di Semey, località non certo amena al confine con la Siberia, nota perché nei suoi dintorni l’Urss ci faceva i test nucleari e per l’esilio forzato di Fedor Dostoevskij. (…) Qualcuno ha letto l’arresto del manager come un possibile “messaggio” all’Eni da parte del governo kazako, desideroso di entrare nel consorzio che gestisce il bacino di Karachaganak, il più grande giacimento di gas del Paese, un tesoro da 1,35 trilioni di metri cubi di gas, oltre a 1,2 miliardi di tonnellate di petrolio. Alla Farnesina, dove lavorano parecchio per risolvere una situazione non certo facile, escludono questa ipotesi. L’azione costante dell’ambasciata italiana ad Astana ha permesso una prima riduzione del danno, uno “sconto” di 11 anni sulla pena. Ma Sidagni ci ha messo del suo per infilarsi in questa Fuga di mezzanotte riveduta e corretta al 2010, proprio come fece il protagonista del film sul turista americano finito in un carcere turco. Anche Maddalena Cotti (la madre, ndr) preferisce stare ai fatti. “La verità è che mio figlio ha sbagliato, ma sta pagando un prezzo enorme” (…)» (Marco Imarisio) [Cds 28/11/2010].
• «A Crema, nessuno lo conosce con il suo nome. Era “Chido” per tutti. Un campione di boccette che girava con Rayban scuri e si faceva maledire dai suoi compagni di squadra perché non usciva mai dal cerchio di centrocampo. Un tipo estroverso, uno da bar. Intelligente, però. Gli mancavano ancora due esami alla laurea in Bocconi e già era arrivata l’offerta dall’Eni. Ciao, Italia. Gira cinque Paesi africani, poi l’Olanda. Infine, dal 2000, il Kazakistan, dove si è sposato con Irina, madre di un bimbo di sei anni. Con i vecchi amici se la tirava da navigatore del mondo. Ma forse Sidagni non ha capito che quella vita gli stava portando via qualcosa, che ogni tappa del suo viaggio lo portava sempre più vicino alla linea d’ombra. Tornò dall’Angola portandosi dietro parecchi problemi irrisolti, mentre fu l’Eni a richiamarlo dall’Olanda, dove si era cacciato in una situazione simile a quella odierna» (Marco Imarisio).
• Dalla prigione scrisse una lettera a Repubblica (pubblicata il 16 novembre 2010): « Mi chiamo Favio Sidagni e lavoro per l’Eni da 30 anni. Negli ultimi 10 ho lavorato in Kazakistan come manager del Dipartimento Finanza e Controllo dei 2 consorzi Kpo e Agip Kco. Il 20 Aprile scorso l’Autorità di polizia Kazaka ha predisposto una perquisizione forzata del mio appartamento rinvenendo sostanze stupefacenti leggere che detenevo per uso personale. Sono 7 mesi che mi trovo in prigione ad Atyrau e sia nel processo di prima istanza che in appello, sono stato condannato a 6 anni di carcere a regime duro. Durante l’iter giudiziario sono stato supportato dall’Eni, dall’Ambasciata italiana ed in particolare dagli amici e dai colleghi kazaki di Kpo e Agip Kco. Circa 153 colleghi kazaki hanno indirizzato alle Autorità Giudiziarie locali una petizione a mio favore, e malgrado ciò sono stato condannato per spaccio anziché possesso. La sentenza ha scioccato me e tutte le persone vicine considerata l’insussistenza delle prove a carico e l’assenza della flagranza di reato. Rivolgo un disperato appello all’Eni, all’Ambasciata italiana ed alle Autorità kazake in attesa che il mio caso venga analizzato dalla Corte Suprema di Giustizia kazaka. Chiedo all’Eni e all’Ambasciata di continuare a sostenermi; alle Autorità kazake, in vista del summit Ocse che si terrà a breve ad Astana, chiedo una sentenza giusta ed umanitaria che consideri una serie di fattori: sono un incensurato di 55 anni, sono figlio unico di una madre vedova di 81 anni e sposato con una donna kazaka senza lavoro, con un figlio di 6 anni a carico». Nel 2011 scrisse una seconda lettera al quotidiano, «inviando una serie di sms di nascosto in un bagno del carcere, con un cellulare che gli era stato prestato e rischiando due settimane di isolamento, se fosse stato scoperto. Sidagni scrisse di avere la “fondata sensazione” che Eni lo considerasse “un possibile strumento di pressione nelle mani delle autorità kazake, con cui l’azienda non ha rapporti facili negli ultimi due anni”. Spiegò di avere trascorso il primo anno “rinchiuso in una cella di 20 metri quadrati con altri 7 detenuti, alla mercé della criminalità, che mi ha spremuto come un limone, chiedendomi soldi per tutto”» (Pst 18/7/2013).