29 aprile 2014
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Biografia di Remo Sernagiotto
• Montebelluna (Treviso) 1 settembre 1955. Imprenditore. Politico. Assessore regionale ai Servizi sociali in Veneto (Forza Italia).
• «Un forzista antemarcia, avendo risposto alla chiamata azzurra di B. fin dal 1994 quando aveva deciso di accantonare per un po’ la sua fiorente impresa commerciale nel campo dello pneumatico, mi chiamavano “Remo coperton” ci scherza sopra anche lui, per buttarsi nella rivoluzione liberale del Cavaliere. E forzista è rimasto: l’unico assessore fedele a B. dopo la diaspora alfaniana. Dalla discesa in campo, quasi vent’anni fa, era stato un crescendo, perché Sernagiotto parla la lingua della sua gente: “Come molti trevigiani mi sono fatto da solo”, scrive nella sua biografia. Scrivevano invece il suo nome, e i tanti, nelle cabine elettorali, dandogli la preferenza: Sernagiotto. Alle regionali del 2010, l’avevano fatto in 11.324, roba che certe prime donne del sancta sanctorum di B., a Roma, non avevano messo assieme in tutta la loro carriera politica, sempre cooptati nelle posizioni migliori a ogni elezione. E magari poi sono trasmigrati nel Ncd. Sernagiotto, spirito imprenditoriale, abituato a vendere i suoi “coperton”, col Veneto delle partite Iva, delle impresine, dagli artigiani cresciuti ma col capannone ancora da pagare, ci andava a nozze. E anche qualche mossa un po’ democristiana, che da quelle parti vuol dire Dna, non aveva guastato. Come quella volta che, come riferì la stampa trevigiana, aprì un ufficio nell’Asl del capoluogo “per incontrare i cittadini”, iniziativa che, alle malelingue avversarie, parve la volontà di aprire un avamposto politico personale sul territorio. O come quell’altra volta che, fatti due conti, aveva proposto a Mariastella Gelmini, allora ministro dell’Istruzione, di chiudere le scuole statali in Veneto, affidandole alle parrocchie o ai privati. O quell’altra ancora, quando aveva distribuito un avanzo di fondi regionali, con un grande bando a pioggia per tutte le onlus, da quelle di estrazione cattolica a quelle laiche e di sinistra, nell’antico solco consociativo. (…)» (Goffredo Pistelli) [Iog 7/12/2013].
• Ha il porto d’armi e possiede una pistola, un revolver P38 special, che spesso porta con sé: «Mi fa compagnia da trent’anni, da quando facevo l’imprenditore e mi capitava di ricevere minacce dalla criminalità. Le forze dell’ordine mi suggerirono di acquistare una pistola per difesa personale e io seguii il consiglio. Poi ho lasciato l’azienda e sono entrato in politica ma ho deciso di mantenere il porto d’armi. Da assessore al Sociale giro tutto il Veneto, di giorno e di notte, molto spesso da solo. È una semplice precauzione, finora, fortunatamente, non mi è mai successo di farne uso. (…) Se mi esercito al poligono? Macché, mica sono un pistolero. Di tanto in tanto sparo qualche colpo nel bosco per evitare che si arrugginisca» (a Filippo Tosatto) [Mdp 27/11/2013].