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 2014  aprile 28 Lunedì calendario

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono santi • Abu Mazen condanna la Shoah • Una bambina bruciata viva • Diminuiscono le nascite, forse non è un male • Il 20% dei ragazzini italiani gioca d’azzardo


Santi Ieri è stato il giorno in cui Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati proclamati santi. A Roma è arrivato circa un milione di pellegrini. Molti sono andati ad assistere alla cerimonia a san Pietro, altri hanno guardato l’evento dai 18 schermi disseminati per la città. Erano schierati 10mila poliziotti. La frase, in latino con cui papa Francesco ha dichiarato santi i due pontefici: «Beatos Ioannem Vigesimum tertium et Ioannem Paulum secundum sanctos esse decernimus et definimus». Poi, nell’omelia, ha parlato di loro come «sacerdoti, vescovi e Papi del ventesimo secolo, ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio». Non hanno «avuto vergogna delle piaghe di Cristo», né hanno avuto pudore delle proprie sofferenze; furono «due uomini coraggiosi». Giovanni Paolo II è stato definito dal Francesco «il Papa della famiglia», Giovanni XXIII «il Papa della docilità allo Spirito Santo». La teca con il sangue di Wojtyla è stata portata da Floribeth Mora Diaz, la costaricana guarita dopo aver sentito la sua voce; un’altra miracolata, suor Marie Simon Pierre, uscita dal Parkinson, legge una preghiera. L’urna con un frammento di pelle di papa Roncalli è portata dai quattro nipoti, dal sindaco di Sotto il Monte Eugenio Bolognini che è suo pronipote, da una suora delle Poverelle e da don Ezio Bolis, presidente della Fondazione che ne porta il nome. Tra i presenti alla cerimonia, Ratzinger, palesemente emozionato quando Napolitano è andato a chiedergli notizie della sua salute, poi quando Bergoglio gli si è avvicinato per rendergli omaggio. Terminata la cerimonia papa Francesco ha incontrato le delegazioni: prima Napolitano con la moglie Clio, poi il presidente polacco Komorowski, Juan Carlos e Sofia, i reali del Belgio e altri ventuno capi di Stato, quindi i capi di governo, Renzi con la moglie Agnese, il nuovo premier francese Manuel Valls, e una lunga serie di africani e asiatici che lo hanno abbracciato, si sono fatti imporre una mano sulla testa, hanno chiesto di benedire la foto dei nipoti o invocato una fotografia insieme al pontefice, accontentati a volte con un sorriso a volte con impazienza. Quando Francesco ha fatto il giro della piazza con la papamobile, la folla è impazzita: gli hanno lanciato omaggi di tutti i tipi (anche una sciarpa della Roma). A un tratto ha riconosciuto qualcuno tra la gente e gli ha fatto segno che lo avrebbe richiamato più tardi, facendo con le dita il segno della rotella del telefono. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, è salito a bordo per un bacio e una foto. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Shoah Il presidente palestinese Mahmūd Abbās (Abū Māzen), tramite l’agenzia palestinese Wafa, ha definito la Shoah come «il crimine più odioso contro l’umanità nella storia moderna». Nel documento ha espresso il suo «cordoglio per le famiglie delle vittime» e aggiunto: «L’Olocausto riflette un concetto di discriminazione etnica e razziale che i palestinesi rifiutano e combattono con determinazione». L’affermazione è arrivata nella Giornata della Memoria. Con questa dichiarazione forse Abū Māzen vuole far ripartire i negoziati di pace, fermi da giovedì quando ha firmato l’accordo per la nascita di un governo unitario con l’organizzazione fondamentalista islamica Hamas, che Israele (assieme a Stati Uniti e Unione Europea) accusa di terrorismo. Il premier israeliano ha commentato: «Piuttosto che rilasciare dichiarazioni mirate ad ingraziarsi la comunità internazionale, Abbas deve scegliere tra Hamas e la pace con noi. Non può affermare che l’Olocausto fu una terribile tragedia e allo stesso tempo abbracciare coloro che vogliono la distruzione del nostro popolo».

Delitto Neyda Di Zio, 5 anni. La mamma Ena Pietrangelo, 40 anni, e il papà Gianfranco Di Zio, 48, falegname, si erano lasciati da poco. Innamorati dal 2008, quando la Pietrangelo si era messa con lui dopo aver lasciato il precedente marito. Si era portata dietro le tre figlie che aveva avuto dalla prima unione, ma da qualche tempo Di Zio manifestava di non sopportare che la sua bambina vivesse insieme alle sorellastre: era diventato violento con tutte, picchiava figlia e moglie, terrorizzava le altre ragazzine. Così l’amore era finito: l’anno scorso la Pietrangelo lo aveva denunciato per maltrattamenti, lui era stato condannato a un anno di reclusione (pena sospesa), cacciato di casa e obbligato a vedere la piccola solo in presenza degli assistenti sociali, una volta alla settimana per un’ora. Ieri, con la scusa di discutere importanti questioni personali, mamma, papà e bambina salirono sulla Peugeot prestata da un parente. In un luogo isolato, tenendo la piccola in braccio, Di Zio cosparse tutti con della benzina che si era portato da casa e appiccò il fuoco. La mamma riuscì a scendere dall’auto in tempo, ma non fu in grado di strappare la bimba dalle braccia del padre ormai in fiamme. Nel tentativo si procurò ustioni alle mani e al corpo e fu portata all’ospedale. Niente da fare per l’ex compagno e per la bambina, ormai liquefatta quando arrivarono i soccorsi. Nella serata di domenica 27 aprile, in un quartiere popolare di Pescara, davanti ai cancelli di una ex fabbrica della Coca Cola.

Natalità Michael Teitelbaum di Harvard e Jay Winter di Yale, autori del libro The Global Spread of Fertility Decline, scrivono che la natalità sta diminuendo ovunque nel mondo, non solo in Occidente. La metà dei cittadini del pianeta oggi abita in nazioni dove in media le donne hanno due figli a testa o ancora meno: cioè al di sotto di quella soglia che garantisce la stabilità della popolazione ai livelli attuali. Restano delle eccezioni, concentrate nell’Africa subsahariana, dove cinque paesi hanno ancora dei tassi di natalità di sei figli per donna. Secondo i due studiosi nella denatalità ci sono anche aspetti positivi: le possibilità di uno sviluppo più sostenibile di fronte alle minacce dei cambiamenti climatici; l’aumento dei diritti delle donne e il miglioramento della qualità della loro vita. Altri esempi: «In India un calo delle nascite significa poter finalmente concentrare le risorse su un’istruzione di qualità; lo Stato indiano del Kerala che ha un tasso di nascite inferiore ha anche uno sviluppo più avanzato». La Cina grazie al calo delle nascite può riconvertirsi: da un’economia fondata sullo sfruttamento della manodopera abbondante e sottopagata, verso produzioni più qualificate e salari migliori. Soprattutto è positivo il cambiamento nell’emisfero Sud del pianeta: «Messico, Filippine, Bangladesh, dovevano incoraggiare l’emigrazione come risposta ai loro problemi » di sovrappopolazione, ora la riduzione delle nascite consente di governare meglio anche i grandi flussi migratori (Rampini, Rep).

Gioco Un’indagine nazionale rivela che almeno 800mila bambini e adolescenti fra 10 e 17 anni (ovvero il 20% del totale) giocano d’azzardo. Quattrocentomila bimbi fra 7 e 9 anni hanno già impegnato la paghetta con lotterie, scommesse sportive e bingo. Tanti giocano usando computer e tablet, dato che la metà dei genitori (51,3%) non usa filtri e limitazioni per i figli (Corbi, Sta).

(a cura di Daria Egidi)