27 aprile 2014
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Biografia di Damiano Chiesa
Rovereto 24 maggio 1894 – Trento 19 maggio 1916. Irredentista, militare nell’esercito italiano durante la Prima guerra mondiale. Giustiziato dagli austriaci con l’accusa di alto tradimento. Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
• Infanzia e prima giovinezza nella città natale, che allora faceva parte dell’Impero austro-ungarico. Il padre Gustavo, impiegato municipale, appassionato di letteratura e storia locale, aveva aderito al partito liberal-nazionale trentino. In famiglia respirò subito un clima di fedeltà agli ideali risorgimentali e di insofferenza nei confronti della sovranità asburgica. Terminate le scuole superiori si iscrisse al Politecnico di Torino, poi alla facoltà di Ingegneria navale di Genova. A Torino, con un gruppo di amici diede vita a un quindicinale, L’ora presente, espressione dell’irredentismo trentino il cui primo numero vide la luce il 16 ottobre 1914. Sia a Torino sia a Genova prese contatti con gli ambienti interventisti e partecipò a conferenze e comizi di propaganda pro Fiume e Dalmazia. Non ebbe mai simpatie socialiste.
• Formalmente suddito dell’Impero austro-ungarico, con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 andò contro la legge austriaca, la cui autorità non riconosceva, arruolandosi volontario nel Regio esercito, 6º reggimento d’artiglieria da fortezza, con il falso nome di Mario Angelotti. Fu quindi destinato al fonte trentino. Come sottotenente fu inviato nelle postazioni sui monti intorno a Rovereto. Sul Coni Zugna, a sud di Rovereto, con i suoi soldati sistemò una caverna come riparo dei cannoni. Ma il 16 maggio 1916 gli austriaci, nel pieno della grande offensiva iniziata il giorno prima – la cosiddetta Strafexpedition, spedizione punitiva – bloccarono la caverna e fecero prigionieri Chiesa e i suoi uomini.
• Condotto a Trento, il 18 maggio fu sottoposto a un processo sommario nel castello del Buonconsiglio, allora presidio militare, e condannato a morte per «alto tradimento alla Casa d’Asburgo e all’Impero austro-ungarico». Durante l’udienza continuò a negare la nazionalità austriaca. A differenza di Cesare Battisti e Fabio Filzi, condannati due mesi più tardi per lo stesso reato, in mancanza di aggravanti gli fu concessa «in via di grazia» la fucilazione anziché l’impiccagione. Sentenza eseguita poco prima delle 19 del 19 maggio 1916 nella fossa della Cervara, sul retro del castello del Buonconsiglio.