28 aprile 2014
Santo Roncalli va bene. Ma Santo Wojtyla?
Una croce in legno ricurvo alta 30 metri e pesante 600 chili si spezza, il Cristo lungo sei metri che sorregge sta per abbattersi su un prato di Cevo, nel bresciano. Alla fine della traiettoria c’è Marco Gusmini, ventunenne di Lovere (Bg), un piccolo handicap motorio che forse non gli permette di mettersi in salvo. Muore sul colpo travolto dalla scultura dedicata a Wojtyla in occasione della sua visita a Brescia (settembre 1998) e poi spostata a Cevo nel 2005. È giovedì 24 aprile, sul prato del dosso è già stato allestito il maxischermo che domenica avrebbero trasmesso le cerimonie di canonizzazione di papa Roncalli e di Giovanni Paolo II [1].
Tragedia assurda, somma crudele di coincidenze: un altro orario, un altro giorno, un altro angolo di caduta e chissà. Oggi c’è solo da piangere la morte di un ragazzo di chiesa sotto la croce di Giovanni Paolo II. Ma un tempo, il tempo in cui si credeva ai segni del cielo, in molti avrebbero pensato a un dubbio divino: «Ma Dio Wojtyla lo voleva veramente santo?» [2].
Ieri, a nove anni dalla morte, papa Wojtyla è stato canonizzato. Un tempo la Chiesa ci metteva decenni, se non addirittura secoli, prima di proclamare qualcuno santo. Ma la gente (e non solo i cattolici) voleva Wojtyla «santo subito», e così è stato [3].
Massimo Fini: «Io credo che Giovanni Paolo II passerà alla storia come il papa che ha rischiato di distruggere ciò che resta della Chiesa cattolica e del senso del sacro in Occidente. E questo è doppiamente paradossale. Perché mentre la popolarità di Wojtyla è cresciuta fino all’apoteosi della sua esibita agonia e della sua morte, nello stesso tempo sono crollate le vocazioni (crisi del sacerdozio e degli ordini monacali) e la fede, almeno in Occidente, si è intiepidita fino a ridursi, in molti casi, a vuota forma» [3].
A rompere per primo il coro delle celebrazioni per la canonizzazione di Giovanni Paolo II è stato il New York Times (22 aprile), con un editoriale della nota columnist Maureen Dowd dal titolo «Non era un santo» («A saint, he ain’t»). La Dowd attribuisce a Wojtyla il grave torto di aver chiuso gli occhi sul fenomeno della pedofilia: «La Chiesa sta dando il premio più alto alla persona che avrebbe potuto fermare questa macchia e non fece nulla [...] Giovanni Paolo II può essere considerato una figura rivoluzionaria nella storia, ma un uomo che fece finta di non vedere la crisi morale non può essere descritto come un santo [...] Quando la Chiesa lo eleva, è come se facesse l’occhiolino all’inferno che causò a numerosissimi bambini e ragazzi» [4]
Due giorni dopo ha mosso critiche simili anche l’inglese Independent: «Wojtyla e i suoi consiglieri non hanno compreso la gravità del problema fino al suo 26esimo anno di papato, sebbene i vescovi americani avessero fatto istanza alla Santa Sede sin dalla fine degli anni Ottanta, chiedendo di trovare un modo rapido per sospendere i preti pedofili. L’esperienza di Giovanni Paolo II in Polonia, sotto i regimi comunisti e nazisti che screditavano innocenti preti con accuse inventate, forse ha influenzato la sua scelta di difendere a spada tratta il clero» [5].
Più interlocutorio – ma comunque critico – il commento del Washington Post a firma di James Martin, gesuita americano editorialista di America, il più importante magazine cattolico degli Stati Uniti: «Per molti la reazione alla doppia canonizzazione è: chi se ne importa? Anche tra i cattolici ci sono quelli che pensano che il processo di canonizzazione sia disperatamente arcano, che il “culto dei santi” sia superato, che credere nei miracoli sia assurdo e, in questo caso, che la canonizzazione sia “una cattiva idea”. Quindi, la domanda è: “Abbiamo ancora bisogno di santi?”». La risposta del gesuita è semplice: «Non è la Chiesa che crea i santi, ma Dio, la Chiesa soltanto li riconosce. Naturalmente il processo di canonizzazione è imperfetto, la Chiesa dovrebbe riconoscere più santi laici e sposati. Tuttavia, in complesso, funziona» [6].
Vito Mancuso: «Tra le religioni monoteiste è solo il cristianesimo a conoscere il fenomeno della santità, che invece rimane del tutto sconosciuto all’ebraismo e all’islam [...] La canonizzazione da parte del papato di propri esponenti rientra alla perfezione in una prospettiva dalla forte connotazione politica: degli otto pontefici del ’900 ormai ben tre (Pio X, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II) sono diventati santi e tre sono sulla via per diventarlo (Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I), lasciando peraltro la memoria degli altri due (Benedetto XV e Pio XI) in grave imbarazzo» [7].
Nel libro di Andrea Riccardi, La santità di papa Wojtyla, appena pubblicato dalla San Paolo, si legge della deposizione del cardinale Carlo Maria Martini agli atti del processo di canonizzazione (durante il quale sono state ascoltate 114 persone: 35 cardinali, 20 arcivescovi e vescovi, 11 sacerdoti, 5 religiosi, 3 suore, 36 laici cattolici, 3 non cattolici e un ebreo). Martini segnala nell’azione e nelle decisioni di Giovanni Paolo II «non sempre felici» le nomine e la scelta dei collaboratori, «soprattutto negli ultimi tempi»; eccessivo appoggio ai movimenti, «trascurando di fatto le chiese locali»; forse imprudente nel porsi «al centro dell’attenzione» – specie nei viaggi – con il risultato che «la gente lo percepiva un po’ come il vescovo del mondo» e ne usciva oscurato «il ruolo della Chiesa locale e del vescovo». Concludendo freddamente: «Non vorrei sottolineare più di tanto la necessità della sua canonizzazione, poiché mi pare che basti la testimonianza storica della sua dedizione seria alla Chiesa e al servizio delle anime». Concetto che si può riassumere così: «Era un uomo di Dio ma non è necessario farlo santo» [8].
Massimo Fini: «Il pontificato di Giovanni Paolo II ha esasperato la mondanizzazione della Chiesa. Wojtyla si è occupato troppo di politica e del sociale. È nato come papa “politico” con la sua lotta al comunismo. E sono infinite le occasioni in cui Wojtyla è entrato a piedi uniti in questioni interne dello Stato italiano. Per cui in molti lo hanno percepito più come un leader politico che come un padre spirituale» [9].
Dal punto di vista della dottrina Wojtyla fu sostanzialmente percepito come un conservatore, molto rigido verso le spinte moderniste che venivano dall’interno della Chiesa stessa. Praticò una «campagna distruttiva contro il cristianesimo del dissenso, contro i teologi della liberazione, contro la fede vista anche come impegno civile. Decine di attacchi contro singoli religiosi e contro movimenti cristiani duramente ostacolati e repressi in nome di un conservatorismo che invece ha portato al conferimento della prelatura personale all’Opus Dei di Josemaria Escriva de Balaguer. Riconoscimento che è arrivato proprio grazie a Giovanni Paolo II» (Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti). Giovanni Paolo II fu soprattutto tenace nell’opporsi a riconsiderare normative di etica sessuale, con la riconferma della disciplina del celibato ecclesiastico obbligatorio [10].
Tra le accuse che invece gli vengono rivolte dal mondo laico, quelle di aver coperto, oltre la pedofilia, anche il riciclaggio del denaro di Cosa Nostra nel sistema Ior-Ambrosiano e di aver finanziato con quei soldi le minoranze dissidenti nei paesi comunisti mentre poi tollerava certe dittature fasciste sud americane [11].
Perché di politica Giovanni Paolo II ne ha fatta tanta. E la battaglia contro i regimi comunisti era perfettamente in sintonia con la tenace campagna in difesa del cristianesimo. Per questo contribuì a finanziare un sindacato polacco, Solidarność, nato nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica, che si imporrà negli anni come il movimento di matrice cattolica e anticomunista fortemente avverso al governo centrale polacco [10].
E come veniva finanziato il movimento? Tra i principali sponsor c’era lo Ior, la banca vaticana diretta all’epoca dal vescovo americano Paul Casimir Marcinkus. E incrociare Marcinkus è come avviare un film che racconta un pezzo della storia criminale d’Italia: Sindona, Calvi, Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, la mafia e Pippo Calò, Flavio Carboni, cardinali senza scrupoli, esponenti di spicco dell’Opus Dei e lotte di potere interne al Vaticano. Per non parlare della banda della Magliana e del caso Emanuela Orlandi [10].
Galeazzi: «I giudici italiani che si occupavano del processo per il crac del Banco ambrosiano di Roberto Calvi, trovato morto a Londra il 18 giugno 1982, erano giunti alla conclusione che monsignor Marcinkus come presidente dello Ior aveva gravissime responsabilità nella vicenda. Per questa ragione dalla Città del Vaticano doveva essere estradato in Italia per essere interrogato. La richiesta ufficiale fu inviata alla Città del Vaticano. Marcinkus, presentandosi davanti ai giudici, poteva dimostrare limpidamente la sua innocenza e l’infondatezza delle accuse addebitategli. Ma la linea difensiva della Santa Sede fu un’altra. Non si interessò di accertare se le accuse a Marcinkus fossero fondate, ma respinse le richieste della magistratura perché contrarie ai Patti lateranensi, poiché queste avrebbero interferito in un ambito, e all’interno di uno Stato, in cui l’Italia non poteva entrare» [10].
Altra accusa mossa a Giovanni Paolo II: l’aver sostenuto, sempre col fine di opporsi al comunismo, sistemi politici o vere e proprie dittature di destra. In particolare i suoi rapporti col dittatore cileno Augusto Pinochet verso cui dimostrò più di una volta solidarietà.Nuovo occasione di critica fu quando l’arcivescovo Oscar Romero, religioso salvadoregno impegnato a favore dei poveri del suo paese (verrà assassinato proprio a causa della sua opposizione al governo golpista), andò in visita in Vaticano e, ricevuto da Wojtyla, questi lo esortò a «sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo Paese» e a «non avvicinarsi troppo a forze dell’opposizione», ritenute violente. Anche il fatto che il processo di beatificazione di alcuni vescovi e sacerdoti vittime delle dittature di destra latinoamericane, in particolare del Cile, proceda a rilento o non sia stato ancora avviato, è stato considerato una mancata presa di distanza da questi regimi [12].
Siamo poi certi che la caduta dell’Urss, a cui Giovanni Paolo II ha dato un contributo decisivo, sia stata un gran bene per l’umanità? Le vie del Signore sono misteriose, ma la fine del sistema bipolare, con l’apparente vittoria del capitalismo sul comunismo, ci consegna, 25 anni dopo, un pianeta sull’orlo della Terza Guerra Mondiale (questione ucraina), con un Islam assassino scatenato e imperversante, e un mondo devastato da una crisi finanziaria e morale senza precedenti. Wojtyla, in tutto questo, ci ha messo del suo e Francesco, ardente di fede, lo ha fatto ciononostante santo. Dio sarà d’accordo? [13].
(a cura di Francesco Billi)
Note: [1] Massimo Pisa, la Repubblica 25/4; [2] Marino Niola, la Repubblica 25/4; [3] Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 26/4; [4] Paolo Mastrolilli, La Stampa 24/4; [5] www.independent.co.uk 24/4; [6] L’Huffington Post, 24/4; [7] Vito Mancuso, la Repubblica 24/4; [8] Luigi Accattoli, Corriere della Sera 10/4; [9] Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 3/5/2011; [10] Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Wojtyla Segreto, Chiarelettere 2011; [11] Gianluigi Nuzzi, Twitter 25/4; [12] Wikipedia; [13] Giorgio Dell’Arti, Margna 26/4.