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 2014  aprile 26 Sabato calendario

La situazione in Ucraina sta precipitando, le truppe di Mosca sono a un chilometro dal confine orientale, i filorussi hanno sequestrato un pullmann dove viaggiavano tredici osservatori dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e li hanno rinchiusi in una casa di Slavyansk insieme con l’autista (nessuno di loro è italiano)

La situazione in Ucraina sta precipitando, le truppe di Mosca sono a un chilometro dal confine orientale, i filorussi hanno sequestrato un pullmann dove viaggiavano tredici osservatori dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e li hanno rinchiusi in una casa di Slavyansk insieme con l’autista (nessuno di loro è italiano). Questi osservatori stanno in Ucraina sulla base di un’intesa internazionale e devono garantire lo svolgimento pacifico e regolare delle elezioni presidenziali del prossimo 25 maggio. Il loro sequestro è un atto gravissimo, che rompe di fatto l’accordo di Ginevra in cui russi, ucraini, americani ed europei s’eranno impegnati, appena pochi giorni fa, a una "de-escalation" generale. Cioè: riportare la pace, e poi ragionare intorno alle richieste russe (fare dell’Ucraina una federazione, rinviare le elezioni presidenziali). Adesso c’è il primo ministro ucraino, Arsenij Yatsenuk, che dichiara: «Mosca vuole la terza guerra mondiale. Provocheranno un conflitto armato in Europa». Gli europei e gli americani, in una conference call di preparazione al G7, annunciano sanzioni. Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, risponde che Mosca non accetterà imposizioni unilaterali. Kerry, per conto degli americani, ha contro-replicato: «La finestra temporale per un cambio di linea in Ucraina si sta chiudendo. Se la Russia sceglie la strada della de-escalation, tutti noi ne saremo lieti. Ma se non lo fa, il mondo garantirà che il prezzo per la Russia possa solo salire».

Com’è la situazione sul terreno?

Facendo la tara della propaganda, sembra di poter dire questo: che il governo di Kiev, nemico di Mosca, ha tentato nei giorni scorsi di recuperare le posizioni conquistate dai filorussi, specialmente là dove c’erano edifici pubblici occupati. Questa reazione, forse imprudente o addirittura sbagliata, ha provocato cinque o, secondo altre fonti, sette morti. Slavyansk è assediata dalle truppe ucraine, a Kramatorsk si combatte. Si parla di un elicottero abbattuto (ma forse nei giorni scorsi) e, certamente, di check point violati. Il governo ucraino chiama la sua «operazione antiterrorismo». Il ministro dell’Interno, Arsen Avakov, ne reclama la legittimità. Però Mosca, agitando l’articolo 51 della Carta dell’Onu, dove si parla del diritto all’autodifesa, vuole mandare a sua volta oltre frontiera i propri «peacekeeper» (letteralmente: «mantenitori di pace»), naturalmente fingendo di non sapere che ci sono già truppe russe in Ucraina, nascoste da divise che non appartengono a nessuna nazionalità. I famosi «omini verdi».  

Quanti russi sono schierati alla frontiera?
Quarantamila soldati. Intendiamoci: gli ucraini non hanno nessuna possibilità di resistere militarmente e Mosca ha già fatto sapere di essere pronta a un’azione in stile Georgia 2008, quando Putin si prese Ossezia e Abcazia (filorusse) in poche ore. Putin ieri ha detto: «Se il regime di Kiev ha cominciato davvero ad usare l’esercito contro i civili dentro il Paese, questo è senza alcun dubbio un crimine molto grave contro il proprio popolo. Ci saranno conseguenze per coloro che prendono queste decisioni a Kiev, anche nell’ottica dei rapporti interstatali tra Russia e Ucraina».  

Minacce relative al gas? E le sanzioni?
Sono un problema. Ieri la Merkel ha evocato le sanzioni di livello 2, che dovrebbero colpire non più gli amici di Putin, come al livello 1, ma l’economia russa. Il portavoce della Cancelliera, Steffen Seibert, ha detto che la Merkel sostiene «completamente» l’idea polacca di realizzare un’unione europea dell’energia.  

Potrebbe nascere?
Sono belle parole, ma il gas ce l’ha Putin. Tutti pregano in cuor loro di non essere costretti ad applicare nessuna sanzione. C’è un dossier, distribuito mercoledì scorso, in cui si analizza questo famoso livello 2. Gli inglesi della British Petroleum possiedono il 20 per cento di Rosneft, colosso petrolifero russo, chiudendo o limitando, per esempio, le importazioni di petrolio russo danneggerebbero in modo forse irreparabile il proprio portafoglio. I banchieri della City si stanno mettendo le mani nei capelli all’idea che i magnati russi possano pretendere di colpo la restituzione dei capitali - immensi - depositati a Londra. I francesi hanno un contratto da un miliardo e duecento milioni per consegnare alla marina russa la prima di due navi anfibie della Classe Mistral. Rinunciare? In Germania esiste una lobby delle aziende che operano in Russia. Si chiama Ostausschus e sta facendo il diavolo a quattro (chi se ne frega dell’Ucraina). Qui si parla di fatturati da un’ottantina di miliardi, e c’è la questione del gas russo, che soddisfa il bisogno di energia tedesca per un buon terzo.  

E l’Italia?
Mah. Il nostro ministro degli esteri, la Federica Mogherini, fidava molto sull’Osce, ma quelli dell’Osce sono stati sequestrati. La ministra insiste nel credere all’intesa italo-tedesca, alla supremazia della politica sulle armi, eccetera. Da destra dicono che non è all’altezza, fanno notare che Paolo Scaroni, appena rimosso dall’Eni, aveva naturalmente gran dimestichezza con i russi e oggi, se non fosse stato messo malamente da parte, potrebbe dare qualche idea, aiutare a costruire qualche ponte.