26 aprile 2014
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Biografia di Paolo Boselli
Savona 8 giugno 1838 – Roma 10 marzo 1932. Politico. Parlamentare dal 1870 (destra storica). Presidente del Consiglio dal 18 giugno 1916 al 30 ottobre 1917. Ministro nei governi Crispi, Pelloux, Sonnino.
• «Il quantum di union sacrée che quell’Italia divisa della metà del 1916 è in grado di esprimere si concentra nella figura di mediazione, fra nobile e sbiadita, di quel vecchio esponente del patriottismo (classe 1838) richiamato dalle riserve della memoria risorgimentale perché offre meno spigoli di un Salandra rispetto ai due “uomini forti” in circolazione, Giolitti e Cadorna» [Isnenghi e Rochat, La Grande guerra, il Mulino 2008].
• Laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino nel 1860, nel 1867 segretario generale della commissione italiana all’Esposizione universale di Parigi. Nel 1871 a Roma titolare della prima cattedra di Scienza della finanza istituita in Italia, alla quale rinunciò nel 1874 per dedicarsi completamente all’attività politica.
• Eletto deputato per la destra storica nel collegio di Savona nel 1870, rimase alla Camera ininterrottamente fino al 1921. Svolse un’intensa attività parlamentare dedicandosi in prevalenza a temi finanziari ed economici. Sostenne la tutela del lavoro delle donne e dei bambini, l’abolizione della tassa sul sale, la gestione statale delle ferrovie, schierandosi, anche volendo restare un liberista, tra quanti propugnavano un intervento regolatore dello Stato in campo economico e sociale. Dal 1888 al 1891 ministro della Pubblica istruzione nel governo Crispi, quindi, dal 1893, ministro dell’Agricoltura, industria e commercio e dal 1894 al 96 alle Finanze, sempre con Crispi capo del governo. Ministro del Tesoro (1899-1900) nel secondo governo Pelloux, di nuovo ministro della Pubblica istruzione (1906) nel governo Sonnino.
• Favorì l’istituzione del Museo del Risorgimento a Roma, sostenne la fusione del Museo industriale di Torino con la scuola degli ingegneri e la creazione del Politecnico, avvenuta nel 1906 con una legge della quale fu relatore. Dal 1907 fino alla morte presidente della società Dante Alighieri, cui assegnava «i fini supremi dell’italianità». Il 20 maggio 1915, come decano della Camera, fu relatore del disegno di legge che dava al governo poteri straordinari in caso di guerra. La breve relazione, che sarebbe stata affissa in tutti i Comuni del Regno, plaudiva alla guerra come rinascita degli ideali del Risorgimento, come «compimento dei destini nazionali e la difesa del diritto di nazionalità».
• Caduto il governo Salandra a causa della condotta insoddisfacente della guerra, nel giugno 1916, presidente del Consiglio incaricato su indicazione dello stesso Salandra, si propose di aprire a diversi schieramenti politici la partecipazione al governo, che accolse di conseguenza socialisti riformisti, radicali, un repubblicano e un cattolico, oltre agli uomini del centro e della destra, e ottenne il 1º luglio una maggioranza larghissima alla Camera, confermata dall’unanimità del Senato. Si dichiarò subito contrario a ogni controllo parlamentare in materia militare e diede piena fiducia al generale Cadorna, provocando un’insoddisfazione crescente in alcuni settori della sua stessa maggioranza, fino a perdere del tutto la fiducia degli ambienti interventisti. A poco valsero, come tentativi di pacificazione, i suoi appelli patriottici: il governo fu messo in minoranza il 25 ottobre 1917, in coincidenza con lo sfondamento di Caporetto.
• Negli anni Venti, ammirati D’Annunzio e Mussolini come incarnazione dell’«anima della vittoria», aderì con convinzione al fascismo.