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 2014  aprile 22 Martedì calendario

C’è questa nuova parola, «incapienti»...• Sarebbero?Quelli che guadagnano talmente poco da non pagare neanche un euro di tasse

C’è questa nuova parola, «incapienti»...

Sarebbero?Quelli che guadagnano talmente poco da non pagare neanche un euro di tasse. Il termine è saltato fuori per via dell’idea di Renzi di far trovare a tutti quelli che guadagnano meno di 25 mila euro l’anno 80 euro in busta paga. Questi 80 euro dovevano risultare da un intervento sull’Irpef, cioè sull’imposta sul reddito che il nostro datore di lavoro versa ogni mese al fisco per conto nostro trattenendocela dallo stipendio lordo. Per quella via, però, chi è talmente sotto da non pagare Irpef non avrebbe ricevuto alcun beneficio. Proprio questi sono gli «incapienti».  

La parola è davvero nuova?
No, per niente. Intanto il termine esisteva in forma di aggettivo: sono indebitato per due milioni di euro, mi vengono a sequestrare casa, la mia casa vale però un milione di euro, il bene risulta quindi «incapiente» rispetto al mio debito. C’è poi un’intervista alla “Stampa” del 18 ottobre 2000 in cui l’allora sottosegretario alle Finanze Alfiero Grandi promette un intervento in Finanziaria a favore dei pensionati poveri «incapienti», italiani con un reddito tanto basso da non trarre beneficio dalle maggiori detrazioni fiscali stabilite. Chi ha però davvero rilanciato nel gergo politico la parola, fino ad allora di vita incerta, è stato Prodi. Intanto il termine «incapienti» stava nel famoso programma elettorale di 281 pagine con cui l’Unione (cioè l’alleanza di centro-sinistra capeggiata dal professore bolognese) si presentava alle elezioni del 2006. I neologismi, in quel documento, si sprecavano: «pattizia», «allocazione», «reingegnerizzare», «degiurisdigionalizzazione», soprattutto «montanità», con la “t”, «concetto che non può più prescindere da un elemento altimetrico coniugato con il grado di accessibilità dei territori», eccetera. Lei sa che queste epifanie del cretino mi divertono da pazzi, e dunque mi perdoni la piccola digressione. In quel catalogo di orrori c’erano pure gli «incapienti», a cui però Prodi dedicò davvero un intervento da 150 euro nella Finanziaria del 2008. Non gli portò fortuna alle elezioni, ma insomma... Dunque gli incapienti, questi poveri disgraziati, sono dei nostri vecchi amici. Solo che come niente ce li dimentichiamo.  

Quanti sono?
Le cifre che girano adesso parlano di 3,9 milioni di persone, italiani che guadagnano in media 407 euro netti al mese. Nel decreto illustrato da Renzi venerdì scorso non c’è niente per loro, ma si sa che il governo sta pensando a un’erogazione monetaria diretta, effettuata attraverso l’Inps, da 20-25 euro al mese, 240-300 euro l’anno. Il costo totale per lo Stato sarebbe di un altro miliardo.  

Possiamo dire che gli incapienti coincidono con i poveri?
La Banca Mondiale definisce «povero» chi guadagna meno di due dollari al giorno. Con questo parametro, da noi di poveri non ce ne sono. Per il resto, è difficile dire. Quanti di quelli che risultano privi di reddito hanno in realtà un reddito nascosto, cioè nero? Siamo il paese degli imbrogli e degli imbroglioni, a tutti i livelli, in alto e in basso. L’Istat e la Coldiretti hanno distribuito le ultime cifre sui poveri proprio ieri. La Coldiretti sottolinea che il numero di italiani che non ha i soldi per mangiare è aumentato del 10%. La sequenza 2010-2011-2012 di questi poveri è, in milioni, 2,7-3,3-3,7. Il dato si ricava dalla frequenza alle mense, anche se i poveri preferiscono ricevere i pacchi alimentari del ministero dell’Agricoltura (attraverso l’Agea, quando non rubano) e si vergognano di farsi vedere a mensa (ci sono, in molte di queste mense, entrate e uscite secondarie, nascoste, dove ci si può presentare senza il rischio di essere visti). Al Sud, come sempre, stanno peggio che al Nord. Dice poi l’Istat che oltre un milione di famiglie è senza reddito da lavoro. Costoro, un anno fa, erano il 18% in meno, 955 mila nel 2012, 1.130.000 nel 2013. Nota ancora il nostro istituto di statistica: quelle dei senza reddito sono famiglie dove non circola più denaro, ovvero risorse che abbiano come fonte il lavoro. Magari possono contare su redditi da capitale, come le rendite da affitto o quelle da pensione, di cui beneficiano membri della famiglia ormai ritiratisi dal lavoro attivo. Questo è davvero interessante.  

Perché?
L’economista francese Thomas Piketty, in un saggio che sta spopolando in America e in Inghilterra (Capital in the Twenty-First Century, Belknap/Harvard University Press) sostiene, con molti dati, proprio questo: che dagli anni Settanta in qua i redditi da lavoro sono inesorabilmente scesi e quelli da capitale saliti. Tra cent’anni ci troveremo nella stessa situazione di fine Ottocento, quando i redditi prodotti dal capitale erano 67 volte più grandi dei redditi da lavoro. E sa qual è l’assurdo? Che oggi quel rapporto è più favorevole negli Stati Uniti (il reddito da capitale è quattro volte quello da lavoro) che nella parasocialista Europa, dove il capitale sta a 6 e il lavoro a 1.