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 2014  aprile 17 Giovedì calendario

Biografia di Raffaele Mincione

• Pomezia (Roma) 1965 (~). Finanziere. Azionista di Bpm.
• «Elegante, misterioso, playboy e molto ricco (o quantomeno con fortissime disponibilità da investire, il che non è necessariamente la stessa cosa). Un poker di caratteristiche che si attagliano quasi allo stesso modo a Raffaele Mincione, ora azionista di rilievo – con il 7% – della Bpm. Le sue foto più diffuse lo ritraggono in smoking, con farfallino nero e a fianco di belle donne. Gli si attribuiscono storie con Heather Mills, l’ex moglie di Paul Mc-Cartney e con Nina Wendelboe (ex di Philippe Junot); a Londra, ha condotto a lungo una vita da jet set. Il quarantottenne nato a Pomezia continua a dividersi tra la City – dove ha lavorato nelle principali banche d’affari – e Roma, ma proprio a Londra ha fatto uno dei colpi della sua vita di finanziere, con l’acquisto a prezzi da saldo (rispetto alla richiesta iniziale) di uno stabile a Knightsbridge, nel cuore più chic della città. Una parte delle sue fortune (economiche) vengono fatte risalire ai bond russi, comprati quando valevano 8 (all’epoca della disfatta del rublo) e rivenduti a 128. Non è l’unico colpo gobbo, sempre nel campo della finanza distressed, come lo stesso Mincione ha raccontato all’Espresso poco più di un anno fa; sulla stampa specializzata si è parlato anche di operazioni sul petrolio. Almeno in Italia i riflettori sull’uomo d’affari, che pure aveva già società attive a Roma, oltre che nei paradisi fiscali del Jersey e del Lussemburgo, si accendono quando acquista i diritti inoptati dell’aumento di capitale di Bpm, tra Natale e Capodanno 2011. Una quota di poco superiore all’8%, pagata grosso modo 60 milioni, narrano le cronache. Un investimento motivato dallo stesso Mincione, all’epoca, con il fatto che “Bpm è una banca con un solido Tier1 e una fortissima presenza in Lombardia: credo che con il nuovo management, con a capo Annunziata e Bonomi, la banca possa esprimere ancora più valore”. Da allora sono passati poco più di due anni ma è come se fosse trascorsa un’era geologica. L’origine dei capitali di Mincione continua a restare confusa, tanto da aver sollevato più di un’interrogazione parlamentare, dai senatori Anna Bonfrisco a Mario Ferrara, mentre il deputato Alberto Giorgetti stigmatizza come la partecipazione in Bpm “sia veicolata attraverso non meglio identificate società offshore”. Qualcuno parla dei fondi di facoltose famiglie milanesi; più di recente e non senza qualche mal di pancia interno – è emerso almeno un finanziatore indiretto di Mincione: la Fondazione Enasarco. L’Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio, per investire le sue risorse infatti ha scelto tra l’altro di “sottoscrivere quote di un fondo obbligazionario che a sua volta ha investito in fondi di Mincione”. Un’ottantina di milioni di euro, ricostruisce l’Ente, tuttavia senza avere rapporti diretti con lo stesso Mincione né soprattutto “aver mai partecipato alle scelte decisionali di investimento del suo fondo”. Sia come sia, anche la Consob ha voluto vederci chiaro sulla sua quota, scesa peraltro al 7%. E infatti a maggio (2013) era partita la richiesta di informazioni, sfociate nella dichiarazione riportata in chiaro anche sul sito, che fa risalire a Mincione stesso la proprietà delle quindici società in cui ha spacchettato il 7% (attraverso il Capital Investment trust regolato dalle leggi del Jersey, anche se la società controllante delle singole partecipazioni è la Time & Life sa, di cui è presidente Lamberto Dini). (…) Mincione, che per due anni e passa ha fatto il socio silente, è improvvisamente uscito allo scoperto, proponendosi nei fatti come l’anti-Bonomi, l’altro socio forte della Bpm. L’asso nella manica del finanziere è stato Lamberto Dini (…) Certo la situazione è esplosiva: da un lato infatti c’è una governance che ha cominciato a rinnovare solo nello spirito e niente nelle carte (lo Statuto è rimasto lo stesso che aveva dato vita al duale), dall’altro c’è una situazione quasi irreale, di due soci con pacchetti tra il 7% e l’8,6% in una struttura che continua a chiamarsi “popolare”. Per non parlare del socio industriale francese, il Credit Mutuel, che ha a sua volta il 6,8%. Inoltre c’è l’esigenza di dare un assetto ragionevolmente gestibile alla banca, che negli ultimi tempi è andato perso e che è deflagrato con le dimissioni di Piero Montani, andato via – non in punta di piedi – per trasferirsi a Genova alla guida della Carige. (…)» (Vittoria Puledda) [Rep 11/11/2013].
• «Nel dicembre 2011 ero a cena con un amico, Stefano Marsaglia, di Barclays, ed ero molto depresso perché era sfumato un affare su cui contavo molto, nelle riassicurazioni in Germania. Otto mesi di lavoro buttati. Stefano mi disse: “Se vuoi fare soldi compra Bpm, che è quotata a multipli dell’utile ridicoli”. Eravamo in piena crisi finanziaria, con rischio default dell’Italia. Sono andato a casa e ho controllato i numeri: aveva ragione. In più era in corso da 18 mesi una ispezione della Banca d’Italia e questo mi ha tranquillizzato. Dava la certezza che nei conti della banca non c’erano sorprese sgradite. Così ho cominciato ad acquistare i titoli» (a Fabio Tamburini) [Cds 21/11/2013].
• Vive a Londra. Ha una casa di campagna vicino Roma dove produce olio.
• Sposato, due figlie.