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 2014  aprile 15 Martedì calendario

Biografia di Giovanni Fiandaca

• Palermo 6 ottobre 1947. Giurista. Ordinario di Diritto penale all’Università di Palermo. Già docente di Diritto penale e Criminologia all’Università Kore di Enna. Dal 1994 al 1998 componente del Consiglio superiore della magistratura (membro laico eletto su indicazione del Pds). Candidato con il Pd alle elezioni europee del 2014.
• «Maestro di tanti magistrati antimafia come Nino Di Matteo o Antonio Ingroia che da qualche tempo picchia duro sui suoi allievi, contestando perfino il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia» (Felice Cavallaro).
• «I tifosi della magistratura militante e schierata l’hanno etichettato come “giustificazionista”. Peggio, un “negazionista della trattativa Stato-mafia”. Fiandaca – che gli articoli del codice li conosce fino alle virgole e sui cui manuali hanno studiato generazioni di magistrati, tra cui lo stesso Ingroia – è in realtà un professore che “forse con l’approccio un po’ professorale, spesso però utile”, tiene ancora ben distinta la responsabilità penale da quella storica e politica» (Claudia Fusani) [Unt 16/4/2013].
• «Non sono giustificazionista, a me non interessa sapere se la trattativa ci sia stata o meno. Quel processo è solo un’occasione per riflettere su un fenomeno complesso: l’interazione fra attività giudiziaria, storia, politica, populismo giudiziario. Non lotto certo contro i magistrati. E mi preoccupo se assumono rischi. Ma pure i pm in pericolo possano essere criticati: non significa delegittimarli. Altrimenti saremmo al pensiero unico dittatoriale» (a Emanuele Lauria) [Rep 16/4/2014].
• Ha messo in discussione il processo in corso a Palermo sul presunto patto tra lo Stato e Cosa nostra prima con un saggio (del 2012 sull’Annuario di scienze penalistiche Criminalia, e ripreso da Il Foglio) poi con il libro scritto insieme allo storico Salvatore Lupo, uscito a febbraio 2014, La mafia non ha vinto (Laterza).
• «Secondo Fiandaca e Lupo, sia dal punto di vista giuridico che storico-politico, il dibattimento in corso a Palermo non doveva nemmeno vedere la luce, fondato com’è su un reato (violenza o minaccia a un corpo politico) definito “un espediente giuridico”. Ad essere messo all’indice, poi, è soprattutto “l’uso politicamente antagonista della giustizia penale” e il “populismo giudiziario”: quello secondo cui ogni critica che si fa ai giudici palermitani è “un attacco sferrato dai nemici della verità”» (Gabriella Monteleone) [Eur 15/4/2014].
• «Il problema non è Ingroia, nei confronti del quale nutro affetto, ma un modo preconcetto a aggressivo di discutere che purtroppo non è soltanto suo. Nessuno può assurgere ad “ayatollah dell’Antimafia”, arrogandosi il diritto di decretare cosa è Antimagia autentica o fasulla» (a Felice Cavallaro) [Cds 16/4/2014].
• «Un asso, un giurista con i fiocchi che si è assunto responsabilità importanti anche come polemista nella vita pubblica tormentata dagli scontri in tema di diritto» (Giuliano Ferrara).
• Alle amministrative del 2003 era stato proposto da Rifondazione comunista e da vari movimenti come candidato alla presidenza della Provincia di Palermo (poi fu l’eurodeputato della Margherita, Luigi Cocilovo, a vincere le primarie del centrosinistra).
• Nel marzo 2005 il figlio Renato, 24 anni, cadde da una moto guidata da un amico e sbatte il torace contro un albero. Ricoverato in condizioni apparentemente non gravi, morì dopo due ore. «Nel caso di mio figlio l’intero staff si è dimostrato impreparato e poco tempestivo. Il medico del pronto soccorso che lo ha visitato non si è minimamente accorto della gravità della situazione, anzi, aveva detto che non era nulla di grave. Renato invece aveva un trauma interno». In seguito ha fondato l’associazione Renato Fiandaca per la preparazione del personale ospedaliero e del pronto soccorso e devoluto i 250 mila euro ottenuti dall’assicurazione del conducente della moto [Enza Cusmai, Grn 19/6/2006].