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 2008  marzo 09 Domenica calendario

Allora: Silvio Berlusconi è sceso in campo, cioè s’è svegliato dal torpore che sembrava averlo paralizzato, e ieri ha aperto la campagna elettorale del Popolo della Libertà strappando platealmente davanti agli ottomila del Palalido di Milano il programma del Partito democratico («è carta straccia») e dando poi a Veltroni del «diplomato in fiction» per la storia del recupero

Allora: Silvio Berlusconi è sceso in campo, cioè s’è svegliato dal torpore che sembrava averlo paralizzato, e ieri ha aperto la campagna elettorale del Popolo della Libertà strappando platealmente davanti agli ottomila del Palalido di Milano il programma del Partito democratico («è carta straccia») e dando poi a Veltroni del «diplomato in fiction» per la storia del recupero.

• E Veltroni che ha detto?
Niente, che i programmi non si strappano, ma si leggono e si rispettano e che lui su questo piano non scende. E ha insistito sul fatto che il Partito democratico all’inizio di febbraio era staccato di dieci punti e adesso ne ha recuperati quattro. Veltroni parlava a Treviso. Berlusconi, al suo fianco, aveva Fini che ha promesso una «rivoluzione conservatrice», bell’ossimoro per dire tutto e il contrario di tutto...

• Ossi... che?
“Ossimoro”, quando si mettono vicine due parole in contraddizione tra loro. Tipo: «vincere perdendo», che è quello che è successo a Prodi nel 2006. Oppure, appunto, questa ”rivoluzione conservatrice”. Sul recupero, Berlusconi ha insistito che il Popolo della Libertà ha sempre tenuto il suo avversario a dieci punti di distacco almeno. Potrebbe essere vero. La Confindustria non ha battuto ciglio quando due suoi membri, come Matteo Colaninno e Massimo Calearo, hanno accettato di candidarsi nel Pd. Ha fatto invece - sotto sotto - il diavolo a quattro per impedire la candidatura di D’Amato come capolista in Campania al Senato.


• Chi è D’Amato?
Il napoletano che s’è arricchito fabbricando i bicchieri di carta della Coca Cola e che ha guidato la Confindustria prima di Montezemolo. Berlusconi gli aveva promesso il ministero delle Attività produttive, cioè sarebbe stato controparte del prossimo vertice confindustriale che, come lei certo saprà, sarà guidato da Emma Marcegaglia. Molto fastidioso per l’attuale gruppo dirigente. Berlusconi è stato costretto a rinunciare da un migliaio di veti incrociati. Se devo dirle la verità, i criteri con cui si sono fatte le liste da una parte e dall’altra non mi sono piaciuti per niente.


• Perché, che criteri si sono seguiti?
S’è seguito il criterio del colpo ad effetto, del titolo da guadagnare sul giornale, del messaggio trasmesso attraverso il nome o il gesto. Berlusconi, qualche giorno fa, ha avuto almeno il merito di confessarlo senza pudore: i parlamentari di cui abbiamo davvero bisogno sono una trentina, tutti gli altri vengano alla Camera e al Senato a fare numero, siano felici dell’onore e dello stipendio e non rompano troppo le scatole. Questo il senso della sua dichiarazione. Il criterio adottato è stato proprio questo da parte di tutti. Persino il gesto di Diliberto, il segretario del Pdci (i comunisti italiani) che s’è fatto da parte per cedere il suo posto da capolista all’operaio della Thyssen Ciro Argentino, gesto apparenemente generoso e forse addirittura grandioso, sotto un altro punta di vista è invece gravissimo. Lo ha detto Cossutta, che ha parlato di ”plebeismo demagogico”e ha insistito sul dovere per un segretario di partito di stare in Parlamento. Senta come risponde all’osservazione, riferitagli da Monica Guerzoni del Corriere della Sera, che «i comunisti sono diversi e sanno rinunciare a una poltrona»: «Questa cosa della poltrona è orrenda. Un dirigente comunista in Parlamento non ci va per una poltrona, ma per meglio difendere gli interessi dei lavoratori. Dire una cosa di quel genere significa affermare una visione del ruolo parlamentare che un comunista non può assolutamente avere. Ognuno deve stare al suo posto». Possiamo adattare facilmente questa frase a qualunque eletto: chi va in Parlamento lo fa nell’interesse del Paese, quindi avendo studiato i problemi, essendosi fatto un’idea - anche nelle discussioni di partito - di come affrontarli e preparandosi a dar battaglia per raggiungere il miglior risultato possibile. Veltroni invece ha messo tre ragazzini capilista - ragazzini che non sanno niente - per far vedere che lui rinnova. Una di questi, la prossima capolista per il Lazio Marianna Madia, s’è pure permessa di parlare della sua ”straordinaria inesperienza” e di sostenere che con questa riempirà lo spazio della politica. Altro ossimoro che dimostra solo una cosa: la ragazza non sa quello che dice.


• I nomi di Berlusconi si sanno?
Ufficialmente ancora no. Avrebbero chiuso le liste venerdì scorso. Si parla di candidati da brivido, soprattutto per quel 30 per cento riservato alle donne: un chirurgo plastico torinese, una caposala del Galeazzi, la figlia di Necci, una letteronza, un’altra divenuta famosa per essere stata fotografata mano nella mano col Cavaliere. Non possono essere nomi veri, e qualche dubbio deve essere venuto anche a Berlusconi. Ieri al Palalido ha smentito le anticipazioni dei giornali.