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 2014  aprile 13 Domenica calendario

Dell’Utri è stato fermato ieri a Beirut, la latitanza è durata molto poco, adesso si aspetta la sentenza della Cassazione di martedì, sentenza che potrebbe anche slittare perché uno degli avvocati di Dell’Utri non sta bene

Dell’Utri è stato fermato ieri a Beirut, la latitanza è durata molto poco, adesso si aspetta la sentenza della Cassazione di martedì, sentenza che potrebbe anche slittare perché uno degli avvocati di Dell’Utri non sta bene.

Come l’hanno preso?Ha acceso il cellulare. Ha pagato il conto dell’albergo con la carta di credito. Individuato da quelli della Dia, fermato poi dai poliziotti libanesi che l’hanno trovato a letto in camera sua e «con una grossa somma di denaro». L’albergo era l’IntercContinental Phoenicia. Dalle finestre si vede il porto, cinque stelle. Dell’Utri è molto ricco ed è un grande organizzatore (ha messo in piedi lui Forza Italia nel 1993-94): sono piuttosto convinto che se avesse voluto darsi latitante sul serio non lo avrebbero acchiappato mai. Aveva il passaporto diplomatico della Guinea Bissau, questa villa che tutti dicono spettacolosa a Santo Domingo («e però va bene per due settimane, dopo mi rompo i coglioni»). È anche possibile che si sia lasciato prendere per depressione. La Borromeo (una nemica dichiarata, come tutti quelli del giro di Santoro), ieri sul “Fatto” ha raccontato di avergli chiesto un’intervista lo scorso 4 marzo e di aver ricevuto, per tutta risposta, questo sms: «Sono depresso. È una cosa davvero terribile, non mi è mai capitato di sentirmi così. Alla mia età sto pensando per la prima volta di andare in analisi. Davvero, non me la sento di parlare, non riuscirei a dire niente per ora». Dell’Utri ha 74 anni.  

Un’altra ipotesi è che il Libano non conceda l’estradizione.
Faccenda complicata. Ieri Alfano presiedeva l’assemblea costituente del Nuovo Centrodestra, alla Fiera di Roma. Appena ha avuto la notizia (l’irruzione nella camera di Dell’Utri è avvenuta alle nove e mezza del mattino) ha diramato questa dichiarazione: «Dell’Utri si trova negli uffici della polizia libanese, a Beirut. È stato rintracciato dalla polizia libanese che ora è in contatto con la polizia italiana in ottemperanza con il mandato di cattura internazionale. È in corso una procedura che diventerà estradizionale».  

Percepisco in queste parole («procedura estradizionale»?) la preoccupazione di fare bella figura. Cioè la preoccupazione di non aggiungere un’altra brutta figura alla sua attività di ministro degli Interni dopo il disastro kazako.
Il Movimento 5 Stelle aveva già chiesto le dimissioni. C’è poi che Alfano, fino a ieri, stava nello stesso partito di Dell’Utri. Una qualche ragione per mostrarsi particolarmente zelante esiste.  

Sentiamo come stanno le cose in fatto di estradizione.
La materia è regolata da un accordo bilaterale firmato il 10 luglio 1970 e divenuto legge nel 1975. Il primo punto che potrebbe giocare a favore di Dell’Utri è all’articolo 23: «Si potrà porre fine all’arresto provvisorio» se il governo del Libano non riceverà i documenti richiedenti l’estradizione «entro trenta giorni». Tutte le agenzie ieri assicuravano che i magistrati italiani intendono fare presto, e però ci sono gli avvocati che, giustamente dal loro punto di vista, tenteranno intanto di ritardare il più possibile la procedura. E potrebbe esserci anche qualche intoppo per via diplomatica: se Dell’Utri non è un depresso che s’è abbandonato nelle mani dei suoi presunti persecutori, ma un furbo che le ha studiate tutte, si sarà magari conquistata una certa copertura al ministero degli Esteri libanese. Ieri si ipotizzava una protezione da parte di Michel Aoun, candidato alle prossime elezioni presidenziali. Per il sistema italiano, in ogni caso, trenta giorni mi sembrano davvero pochi. C’è poi un secondo punto: una volta ricevuta in tempo utile la richiesta di estradizione, il governo del Libano farà conoscere per via diplomatica la sua decisione. E questa decisione potrebbe essere negativa.  

Perché?
Perché il reato di cui è imputato Dell’Utri, e su cui si pronuncerà la Cassazione martedì, è il concorso esterno in associazione mafiosa. È certo che questo reato non esiste nel codice penale libanese, perché non è sicuro che esista nemmeno da noi: è un’architettura accusatoria basata su un’estensione dei concetti contenuti nel 416 bis, dove si regola l’associaszione di tipo mafioso ma senza mai parlare di “concorso esterno”. Il concorso esterno si realizzerebbe, secondo i magistrati che lo sostengono, con l’apporto di un contributo effettivo al perseguimento degli scopi illeciti di un’associazione di tipo mafioso, senza però prender parte al sodalizio mafioso. Pirandello allo stato puro, sembrerebbe. La faccenda è molto discussa nella nostra dottrina giuridica. Per i libanesi, che potrebbero non capire o mostrare di non capire - con buone argomentazioni - di che si tratta, questa debolezza giuridica potrebbe essere alla base di un rifiuto. Nessun paese concede estradizioni in presenza di un minimo fumus persecutionis.
 

La Cassazione potrebbe anche assolvere.
No, potrebbe intimare di rifare il processo per la terza volta. In questo caso, scatterebbe la prescrizione, i cui termini scadono tra poche settimane.