Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 10 Giovedì calendario

Biografia di Stefano Baiocco

• Ancona 19 gennaio 1973. Cuoco. Due stelle Michelin. Executive chef al ristorante di Villa Feltrinelli di Gargnano (Brescia), sul Lago di Garda.
• «Baiocco si è fatto le ossa in grandi insegne, italiane e straniere. Giovanissimo da Pinchiorri, è stato in Francia sotto miti come Alain Ducasse e Pierre Gagnaire, e ancora in Giappone. Hong Kong e Stati Uniti. Tornato in patria nel 2001, al Rossellinis di Ravello e poi l’approdo sul lago a guidare in toto la ristorazione - dall’alba al tramonto e anche dopo, non è una battuta - del resort. Ristrutturato negli anni ‘90 dal mitico Bob Burns, il re americano dell’hotellerie, dal 2007 è di proprietà del magnate russo Viktor Vekselberg» (Maurizio Bertera) [CdS 6/11/2013].
• «Dopo l’alberghiero di Ancona, sono stato da Pinchiorri e mi sono un po’ “sgrezzato”, quando Carlo Cracco era appena partito; ma non mi bastava e ho deciso di trasmigrare a Parigi: ci sono rimasto tre anni fra Ducasse e Pierre Gagnaire. Ducasse è stato un po’ il militare; ai tempi c’era Piège, che mi ha bastonato ben bene, ma a distanza gli devo dir grazie perché mi è servito, e molto. Su Gagnaire posso raccontare un aneddoto. Ricordo che non mancava un servizio, si aggirava fra le partite chiedendo “cos’è questo?” e lo aggiungeva, componendo i piatti ogni volta in modo nuovo. Direi che dipingeva più che cucinare; ad esempio è stato il primo a fare uscire le salse dal piatto: geniale. Una sera mi chiedono il poisson bleu e io speravo che non arrivasse; invece eccolo che vien su dalla scala a chiocciola mangiando la sua mela. Era un piatto con 100mila cose diverse che avevo fotografato mentalmente, ma lui ogni volta me lo scompaginava. Quindi lui appoggia la sua mela, va in giro come sempre e poi pam, si fissa sul suo frutto, lo taglia a julienne e lo mette sullo sgombro. Io ho preso questa mela morsicata e l’ho infilata in frigorifero...» (Alessandra Meldolesi) [La Madia].
• «C’è un piatto in carta che tu consideri più rappresentativo degli altri? “Sicuramente l’insalata di erbe, fiori e germogli con la pasta brick, gli champignon e la segatura di patate. Ne fanno parte mediamente 90 elementi stagionali, che si assemblano ogni volta a modo loro con uno spirito un po’ “anarchico”. È la mia cucina a Villa Feltrinelli, in sintonia con la location e la clientela. Se dovessi lavorare in centro a Milano, non potrei coltivare né le erbe né la passione. Quindi andrei un po’ in crisi, onestamente”» (Meldolesi, cit.).
• Un libro: Mise en place (Zafferano, 2007).