La Gazzetta dello Sport, 6 aprile 2014
Oggi sono cinque anni dal terremoto dell’Aquila...• È una settimana che la avvertiamo sul dovere di scrivere questo articolo, e lei niente
Oggi sono cinque anni dal terremoto dell’Aquila...
• È una settimana che la avvertiamo sul dovere di scrivere questo articolo, e lei niente...Resisto perché non ho voglia di fare la solita lista di inefficienze, casini, ruberie e quant’altro. Basterebbe questo pezzetto tratto da un articolo di Gian Antonio Stella: «Nei primi quattro anni dopo il sisma sono state emanate 5 leggi speciali, 21 Direttive del Commissario Vicario, 25 Atti delle Strutture di Gestione dell’Emergenza, 51 Atti della Struttura Tecnica di Missione, 62 dispositivi della Protezione Civile, 73 Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri, 152 Decreti del Commissario Delegato, 720 ordinanze del Comune». Come vuole che le cose funzionino? Nel 1693 venne distrutta da un sisma mezza Sicilia orientale, 60 mila morti di cui 16 mila a Catania, e in tre anni gli Asburgo rimisero tutto a posto facendo nascere a Noto un meraviglioso barocco. Sa qual è il centro storico meglio costruito in Italia, dico «meglio costruito» riferendomi non solo alla sua bellezza, ma anche alla capacità di resistere alle scosse? Quello di Cerreto Sannita, in provincia di Benevento. Ma l’hanno fatto i Borboni, dopo un sisma devastante del XVII secolo...
• Sento che sta arrivando un attacco alla democrazia...
Il problema con le emergenze è che vanno trattate come emergenze. Senza farla troppo lunga: dopo il 6 aprile del 2009, lo Stato e il governo, impersonati da Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso, ebbero la responsabilità di mettere mano all’emergenza delle prime ore e dei primi mesi. E provvidero tende, casette, prefabbricati, sistemazioni in albergo, quanto ci voleva per passare non solo l’estate, ma anche l’inverno successivo. Si arrivò al 31 dicembre 2009 e dal 1° gennaio si entrò nell’emergenza lunga, ricostruire, far tornare a casa, riprendere la vita di sempre. Questa toccava agli enti locali. In definitiva, se vogliamo essere onesti, l’Aquila è quel quasi disastro che i giornali stanno denunciando da una settimana (c’è la ricorrenza, e tra un paio di giorni ci occuperemo tutti di altro) perché Regione e Comune hanno lasciato che si rubasse, hanno coordinato gli amici degli amici, hanno fatto politica nel senso più deleterio del termine. Facendosi ogni tanto complici delle malversazioni. Gli arresti di gennaio, la tangente da un milione di euro, le 27 imprese impegnate nella ricostruzione che erano a capitale mafioso... Sono tutte cose che sapevamo sarebbero accadute fin dal momento del terremoto e che poi sono effettivamente accadute. La mia resistenza a commemorare i cinque anni da quella tragedia dipende dal fatto che, in un certo senso, non c’è la notizia.
• Però il governo dice che qualcosa è stato fatto, che non è tutto tragedia.
Il rapporto del fu ministero della Coesione territoriale integrato adesso dall’Ufficio speciale della ricostruzione scrive che i denari stanziati finora sono pari a 12 miliardi, e di questi risultano già spesi otto miliardi e mezzo. I cantieri aperti sono 3.500, le persone tornate nelle loro abitazioni 43 mila. Calcoli che non sono stati fatti dal ministero, ma dal Sole 24 Ore stimano però in 60 miliardi l’impegno complessivo per ricostruire la città e i suoi dintorni entro il 2019. E 15 mila aquilano hanno abbandonato del tutto la partita e sono andati a vivere da un’altra parte.
• Stiamo ricordando quella tragedia a cinque anni di distanza. Vogliamo dire come andò?
La notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, alle 3.32, una scossa di magnitudo 6.3 scavò un cratere enorme che copriva metà della provincia dell’Aquila, epicentro tra Roio Colle, Genzano e Collefracido. 309 morti, 1.500 feriti, 10 miliardi di danni, Onna, S. Demetrio, Pizzoli, Paganica, Villa S. Angelo e altri centri rasi al suolo. Vennero giù edifici che sarebbero dovuti rimanere in piedi, perché modernissimi: l’ospedale San Salvatore di Coppito, operativo dal 1997 (e per farlo ci avevano messo trent’anni), la Casa dello Studente, l’hotel Duca degli Abruzzi, la chiesa di Tempera, e una quantità di palazzi in periferia. Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, disse alla “Stampa”: «In Giappone, dove le norme antisismiche sono severe, nessun ospedale sarebbe stato evacuato e probabilmente non ci sarebbero vittime». Franco Barbieri, intervistato dal “Corriere”, confermò: «Un terremoto così in California non avrebbe provocato nemmeno un morto».
• Anche qui la solita storia italiana: ruberie, pressapochismi, autorità pubbliche che avrebbero dovuto vigilare sulla costruzione di quegli edifici, e stavano invece da un’altra parte...
La questione, che non entra in testa a nessun politico, è che l’Italia è il posto più sismico del mondo. Adesso ci sono state queste scosse in Calabria, in Umbria e in Liguria. Ma nel 2012 i sismi superiori ai tre gradi della scala Richter sono stati 80, nel 2013 sono stati 207, in questa prima parte del 2014 se ne sono registrati 46. Ai tempi dell’Aquila ci dilettammo col problema della prevedibilità del terremoto, faccenda che portò alla condanna di sette fisici (il processo d’Appello ci sarà a ottobre). La verità è questa: i terremoti non sono prevedibili, e noi viviamo addosso a un gigante che non fa che girarsi e rigirarsi nel suo letto.