7 aprile 2014
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Biografia di Marco Grassi
• Restauratore. «È il quadro che ti dice cosa fare. A volte il meglio è non fare nulla».
• Figlio d’arte: «Mio padre e mio nonno erano antiquari a Firenze: lavoravano con miti come il mercante Joseph Duveen, che vendette molti capolavori d’arte antica ai grandi musei e ai collezionisti americani. Mio padre e mio nonno erano anche amici di storici come Berenson e di collezionisti come i Contini Bonacossi». Andò in America per la prima volta nel 1945, perché la madre era americana: «L’Italia nel dopoguerra sembrava un Paese all’anno zero e mio padre lavorava a New York. Sono andato a scuola qui e qui ho fatto il servizio militare, poi mi è venuta una terribile nostalgia dell’Italia. Avevo 22-23 anni, quando sono tornato e ho cominciato, nel ’59, a lavorare agli Uffizi a Firenze, poi sono andato due anni a Roma all’Istituto centrale del restauro e ho anche studiato a Zurigo. Ma non ho il diploma: il restauro non è come la medicina. Aprii uno studio privato a Firenze nel ’61 e gli amici di mio padre cominciarono a darmi lavoro. (…) A Firenze, nel ’64, si presentò nel mio studio il barone Von Thyssen, che era in quel momento il più grande collezionista del mondo. Mi chiese di restaurare un busto di Mino da Fiesole che, però, era un falso. Feci uno studio molto preciso e raccolsi le prove che non era autentico. In quell’occasione si parlò di quadri e Thyssen mi invitò ad andare a vedere la sua collezione a Castagnola, sul lago di Lugano. Andai e mi chiese di lavorare per lui: avevo 30 anni, l’idea mi faceva impazzire, ma mio padre mi disse di rinunciare. Fai il “visiting conservator”, mi disse. Thyssen accettò e da allora vissi sei mesi a Lugano e sei a Firenze» (Alain Elkann) [Sta 19/1/2014].
• Vive a New York, nell’Upper East Side.