27 marzo 2014
Tags : Khalid Chaouki
Biografia di Khalid Chaouki
• Casablanca (Marocco) 1 gennaio 1983. Giornalista. Politico, eletto deputato nel 2013 con il Pd. Domenica 22 dicembre 2013 si barricò nel Centro di soccorso di Lampedusa, per protestare contro le condizioni in cui venivano tenuti i migranti e per chiederne il trasferimento verso strutture più adeguate. Vi rimase per tre giorni, fino alla sera del 25 dicembre.
• «Deputato del Pd, presidente della commissione Cultura per l’assemblea parlamentare Unione per il Mediterraneo, giovanissimo, Khalid Chaouki sta facendo parlare di sé: si è auto-barricato nel Cie di Lampedusa. Ex giornalista (ha collaborato con il Corriere del Mezzogiorno, Repubblica, Reset, Il Riformista e Al Jazeera), eletto nel 2013 col Pd nella circoscrizione Campania 2, (…) è barricato nel centro d’accoglienza e giura di non uscirne fino a quando non saranno trasferiti i sette sopravvissuti dell’ultima tragedia di Lampedusa, e insieme a loro il ragazzo siriano che ha girato il video che ritrae i migranti, nudi e al freddo, mentre vengono sottoposti al trattamento anti-scabbia. Al Cie ci è arrivato con una borsa con tre cambi di biancheria. Prima di entrare un saluto al figlio. Chaouki racconta: “Mi aveva detto: papà, voglio venire con te al lavoro a Lampedusa. Gli ho risposto: è un lavoro che devo fare da solo”. Il deputato ha varcato la soglia del centro di prima accoglienza insieme a Paola La Rosa, componente del comitato 3 ottobre, costituito dopo il più tragico dei naufragi nel Canale di Sicilia. Nei padiglioni di contrada Imbriacola ci è entrato con il permesso di parlamentare, e se non otterrà quanto richiesto, nei padiglioni di contrada Imbriacola, ci passerà anche il Natale. (…) Il deputato è un fedelissimo dell’ex ministro Livia Turco, e insieme a lei sponsorizzò la nomina di Cécile Kyenge, il ministro dell’Integrazione () E l’autore del video-scandalo, nel frattempo, gli ha offerto una brandina accanto alla sua» (Lib 23/12/2013).
• Il 23 dicembre 2013, dal Centro di soccorso, scrisse una lettera alla Stampa: «Non avrei mai immaginato di passare una notte insieme ai tanti profughi in questo centro, che pure, negli ultimi anni, ho visitato altre volte. La decisione forte – lo ammetto – che ho preso volendomi rinchiudere qui dentro, è nata dopo aver visto il volto dei sopravvissuti alla tragedia del 3 ottobre (2013). Sette giovani tra cui una ragazza, eritrei, salvi per miracolo e oggi ancora rinchiusi qui dentro. (…) Quello che tutti devono sapere è che qui, per legge, le persone possono rimanere per un massimo di 96 ore, non uno, due o addirittura tre mesi. Una situazione di totale illegalità. Così come teoricamente i profughi non potrebbero essere trattenuti. Questo non è un Cie – un Centro di identificazione ed espulsione – ma un Centro di soccorso e prima accoglienza. Un luogo di prima assistenza e non un centro di reclusione come invece purtroppo sta capitando. Anche per questa inaccettabile confusione ho deciso di rimanere qui. Se nemmeno le forze dell’ordine hanno una risposta chiara, come possiamo rispondere ai profughi, che dopo mesi di viaggi massacranti si ritrovano in queste condizioni dove vige la sospensione del diritto. (…)» (Khalid Chaouki) [Sta 23/12/2013].