La Gazzetta dello Sport, 27 marzo 2014
Siamo tutti concentrati sul fatto, squisitamente politico, che Renzi abbia vinto un’altra battaglia e ci risulta difficile chiederci che tipo di battaglia abbia vinto
Siamo tutti concentrati sul fatto, squisitamente politico, che Renzi abbia vinto un’altra battaglia e ci risulta difficile chiederci che tipo di battaglia abbia vinto.
• Stiamo parlando del disegno di legge sulle Province e del voto di fiducia di ieri al Senato.
Sì, c’è questo disegno di legge sulle Province che aveva avuto vita difficile in commissione (bocciato due volte) e vita stentata in aula, dove un emendamento dei grillini che ne negava la costituzionalità è stato bocciato per soli due voti, grazie all’appoggio di Casini e Paola Merloni e alle assenze studiate di 17 senatori di Forza Italia. Renzi, che ieri è andato in visita a una scuola di Scalea (Cosenza), ha dunque deciso di bloccare i tremila emendamenti in calendario chiedendo il voto di fiducia. C’è infatti una certa fretta di approvare il disegno di legge, perché se si va oltre il 7 aprile bisognerà far votare le Province i cui consigli sono in scadenza.
• La fiducia o stata accordata, naturalmente.
Con 160 sì contro 133 no. Che il governo non abbia avuto la maggioranza assoluta dell’assemblea è solo un dettaglio. Importa invece constatare che a questo punto il premier ha portato a casa una prima approvazione della riforma elettorale (alla Camera) e una prima approvazione della legge sulle Province, che era già passata alla Camera al tempo di Letta, ma adesso è stata modificata e dovrà tornare a Montecitorio, dove s’attende un sì veloce.
• Le Province sono abolite?
Ma no. Per abolire le Province ci vuole una legge costituzionale, dato che le Province sono previste dall’articolo 114 della Costituzione: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione». Crimi, del M5S, ha presentato un disegno di legge costituzionale per abolire la parola «Province» dalla nostra Carta ed è probabile che si adopererà quello. Ma ci vorrà un anno, per via dei due passaggi distanziati di tre mesi in ciascuna delle due Camere.
• Ma se la legge che è passata ieri non cancella le Province, allora che cosa fa?
Renzi ha esagerato nella propaganda, parlando di tremila indennità che non saranno più pagate ai politici e di risparmi consistenti nei conti pubblici. Non accadrà, purtroppo, ne una cosa ne l’altra ed è anzi possibile che la nuova legge aumenti la confusione generale sulle competenze e, secondo il parere di qualcuno, potrebbe persino provocare un qualche aumento dei costi. Intanto bisogna dire che non si tratta di una legge di Renzi, ma di Enrico Letta, preparata da Graziano Delrio, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio e al tempo del governo precedente ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Poi: gli amministratori eventualmente licenziati non saranno tremila, ma 1.774. Terzo: la legge istituisce in tutte le Regioni le città metropolitane e queste prenderanno il posto delle precedenti Province. Quanto alle Province che non saranno trasformate in città metropolitane (tutte quante meno una ventina) saranno amministrate non più da un consesso di eletti, ma dai sindaci dei comuni capoluogo. È vero che costoro non saranno ricompensati per il loro lavoro e che quindi si può scrivere nel rendiconto dei risparmi la cifra non eccelsa di 111 milioni di euro Fanno. Però per fare quello che si pretende da loro, i sindaci dovranno spostarsi e portarsi dietro un minimo di staff che lavori quando loro saranno tornati alle faccende per cui sono stati eletti. Ci saranno inevitabilmente degli stipendi e dei rimborsi a pie di lista. Il risparmio di 111 milioni, per questa via, potrebbe vanificarsi, o il costo della nuova struttura risultare addirittura più alto.
• Qualcuno ha fatto i conti?
Il Servizio Bilancio del Senato ha scritto: «Le riduzioni di spesa che si conseguirebbero nel lungo periodo risulterebbero incerte e potrebbero anzi determinarsi nuovi oneri». Inoltre, lo stesso ufficio nota che, ad onta della soppressione delle giunte e dei consigli provinciali, la legge non cancella i trasferimenti giustificati da quelle cariche. «Potrebbe configurarsi in merito a tale aspetto, la rinuncia a un potenziale risparmio». Ci sono critiche, e severe, anche sulla funzionalità del nuovo assetto. Luigi Oliveri su Lavoce.info sottolinea che, svuotando le Province ma non assegnando ancora a nessuno le funzioni che erano proprie di questo ente locale, saranno necessari accordi tra Stato e Regioni, «leggi attuative e, ancora, specifici decreti che determineranno le risorse finanziarie, strumentali e di personale da trasferire di volta in volta». Se Oliveri ha ragione sarebbe confermata la maledizione italiana per cui ogni riforma, invece di semplificare, razionalizzare e infine migliorare lo stato precedente, lo complica, lo impasticcia ancora di più, insomma lo peggiora.