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 2014  marzo 21 Venerdì calendario

Oggi Matteo Renzi è a Bruxelles, dove incontra il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy. Era a Bruxelles anche ieri, e ha incontrato Barroso, forte di un voto del Parlamento che approvava la sua politica europea

Oggi Matteo Renzi è a Bruxelles, dove incontra il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy. Era a Bruxelles anche ieri, e ha incontrato Barroso, forte di un voto del Parlamento che approvava la sua politica europea.

Che politica?
Detto in due parole, il nostro presidente del Consiglio si sta divincolando dal famoso 3% del rapporto deficit/Pil. Chiede che gli si lasci sfondare quel parametro. Oppure che si proceda in un modo diverso ai calcoli, per esempio escludendo dal conteggio del deficit i denari che si impiegano per investimenti, come minimo quelli destinati alla riparazione delle scuole o al soccorso ai terremotati. Si tratta di una frazione, e quindi si può agire sul nominatore o sul denominatore, oppure si può ammettere che il risultato di questa frazione può essere diverso da quanto stabilito. I siti hanno esagerato ieri il significato di certi sorrisi che si sono scambiati Barroso e Van Rompuy alla domanda su queste idee del nostro premier del corrispondente di Radio Radicale, David Carretta (ottimo francese). I sorrisetti che si sono scambiati i due hanno ricordato ai cronisti, sempre a caccia di malizie, gli ammiccamenti tra Merkel e Sarkozy a proposito di Berlusconi. È un’esagerazione. Barroso e Renzi si sono incontrati e poi si sono fatti fotografare insieme e Renzi ha detto che l’incontro è stato ottimo. Del resto, il nostro premier ripete a ogni occasione che l’Italia rispetta i parametri, che non siamo gli scolari da mettere dietro la lavagna, che siamo un paese fondatore dell’Europa. La verità è che l’Italia è una preoccupazione per tutti, e questo sarà bene non dimenticarlo.  

Questa faccenda dei parametri... Ma mi vuole spiegare di che si tratta in concreto? Perché diamo tutto per scontato,,,
Era il 7 febbraio del 1992 e i rappresentanti dei dodici paesi aderenti alla Comunità europea firmarono questo trattato - il Trattato di Maastricht, città olandese - che stabiliva le regole per far circolare all’interno di ogni paese la stessa moneta. Una comunità che voglia avere una sola moneta deve avere per quanto possibile carattere economiche simili, e per valutare questa somiglianza, si stabilì che il tasso di inflazione di ciascun paese non dovesse superare dell’1,5% il tasso di inflazione medio dei tre paesi che avevano avuto l’inflazione più bassa; che dividendo la differenza tra le entrate e le uscite (deficit) e il Prodotto Interno Lordo non dovesse uscir fuori un numero superiore a 0,03 (il famoso tre per cento); che dividendo il Prodotto Interno Lordo per il debito non dovesse uscir fuori un numero superiore a 60 (da noi viene fuori 138). Come vennero scelti questi parametri? Secondo molti economisti “a capocchia”, specie per il deficit/Pil al 3%, non essendoci ragione - nel 1992 - di non mettere quel numero a livello di 4 o a livello di 2. Da questo punto di vista, il discorso di Renzi, che giudica anacronistico quel 3%, non è insensato. E però c’è la faccenda dell’indebitamento, e alla fine la vera domanda è questa: tu, Renzi, consideri il debito italiano un problema o no? Perché il Giappone, per esempio, ha un debito pubblico al 250% del Pil e nessuno fa tragedie...  

Mi dicono però che lì la stagnazione duri da decenni...
Ed è vero anche questo. Il ragionamento che Renzi vuol far passare in Europa è il seguente: fateci sfondare un po’, facciamo un altro po’ di debito, è vero, ma in questo modo riparte l’economia e intanto noi riformiamo lo Stato. Aboliamo il Senato, alleggeriamo la burocrazia, riformiamo la giustizia civile, eccetera eccetera. Rimesso a posto il sistema, ci mettiamo di buzzo buono a tornare sotto il il 3% e cominciamo anche ad abbattere il debito sul serio.  

Già, perché poi ci sono gli altri, recentissimi, parametri: dobbiamo - ce lo dice la Costituzione - puntare al pareggio di bilancio. E dall’anno prossimo c’è il Fiscal Compact, cioè quell’accordo per cui il debito deve scendere, deve scendere in cifre assolute, prima ancora che nel rapporto con il Pil.
Renzi ha ricordato che l’Italia dà all’Europa più di quanto riceva. E non è un argomento da poco. Ha anche fatto notare che la Francia sta largamente sul 4%, quanto al rapporto deficit/Pil. C’è poi questo: gli attuali commissari, Barroso Van Rompuy eccetera, sono in scadenza. Cioè, dopo le elezioni avremo a che fare con altre persone. E il nuovo vertice europeo si troverà a governare avendo ben chiaro che i movimenti contrari alla moneta unica e alla relativa politica dei sacrifici avranno avuto, nell’urna, un successo clamoroso. I politici sono sensibili agli umori degli elettori. Anche la Merkel, dopo il 25 maggio, potrebbe essere un’altra Merkel.  

Ci credo fino a un certo punto. Perché poi la Merkel ha sulla testa i giudici di Karlsruhe, che ci odiano. Quindi, lei non vede pericoli e pensa che le circostanze siano favorevoli a Renzi.
Bisogna però sempre tener conto dei mercati. Che succederà se i mercati si convinceranno di quanto alcuni economisti vanno dicendo da parecchio tempo e cioè che l’Italia è già fuori, cioè che l’Italia non è in grado e non sarà più in grado ormai di restituire quanto ha avuto in prestito? Che succederà se a un certo punto il nostro debito non sarà più finanziato, grazie magari anche ai giudici di Karlsruhe che vieteranno a Draghi di comprare i nostri Bot?