La Gazzetta dello Sport, 15 marzo 2014
L’ultima ipotesi riguardo all’aereo scomparso sabato scorso è che sia stato dirottato, costretto a volare per quattro-cinque ore ancora, cioè a percorrere una distanza di 3-4 mila chilometri, e che si trovi adesso da qualche parte (isole Andamane?) pronto ad essere usato per un’impresa di cui non riusciamo a immaginare i contorni
L’ultima ipotesi riguardo all’aereo scomparso sabato scorso è che sia stato dirottato, costretto a volare per quattro-cinque ore ancora, cioè a percorrere una distanza di 3-4 mila chilometri, e che si trovi adesso da qualche parte (isole Andamane?) pronto ad essere usato per un’impresa di cui non riusciamo a immaginare i contorni.
• E i passeggeri?
Erano 239. Mistero dei misteri. Le autorità cinesi sono furibonde con quelle della Malaysia, a cui imputano di tener nascoste le notizie e di essersi mosse male. In effetti di reticenze e bugie ce ne sono state parecchie. Il velivolo, quando è uscito dagli schermi dei controlli civili, è stato però seguito da quelli militari-satellitari. Se un Paese dà informazioni troppo dettagliate su quello che sa - e che magari non dovrebbe sapere - rischia di rivelare nello stesso tempo di quali mezzi di controllo planetario dispone. In queste circostanze si mente o si depista.
• Prendiamo per un momento in considerazione l’ipotesi che sia precipitato in mare, per una qualunque ragione.
Potrebbe essere precipitato in mare - lasciamo perdere perché - ma per il momento non ci sono indizi che lo provino. Tutte le segnalazioni relative sono risultate false. Al pilota di un aereo vietnamita era sembrato di avvistare, nella zona delle ricerche, un pezzo di coda e una porta interna. Erano invece solo dei legni incastrati tra di loro. Un rullo porta-cavi coperto di alghe è sembrato a un elicottero che scattava foto un portellone. Le chiazze d’olio sono carburante di nave e non di aereo. Una presunta scialuppa di salvataggio è risultata essere un grande coperchio di plastica. Le ricerche si svolgono adesso in un’area compresa tra lo stretto di Malacca, il Mar Cinese meridionale, le Andaname, l’Oceano Indiano, le montagne di Sumatra, le coste del Myanmar. 96 mila chilometri quadrati. I toponimi le fanno capire che i ricercatori non hanno la minima idea di dove si debba cercare: il velivolo potrebbe giacere in fondo al mare (un mare non troppo profondo, 60-80 metri) oppure in mezzo alla giungla. Partecipano alle ricerche, adesso, 56 navi e 39 aerei di una dozzina di paesi. I P-3C americani scandagliano 3.500 chilometri quadrati l’ora e sanno individuare in un’area tanto vasta un pallone da basket. Le ricordo tuttavia che la scatola nera del Rio-Parigi precipitato nel 2009 venne ritrovata dopo due anni.
• Vogliamo riepilogare gli ultimi istanti del volo?
È mezzanote e 43 (ora locale) di sabato 8 marzo. Dall’aeroporto di Kuala Lumpur si alza in volo il Boeing 777 della Malaysian Airlines diretto a Pechino. Ha a bordo 239 persone. Il tempo è bello, il pilota, Zaharie Ahmad Shah, 53 anni, è in azienda da più di trent’anni, comanda dal 1990, ha sulle spalle 18.360 ore di volo, è così appassionato ed esperto del suo mestiere che a casa si è costruito da solo un simulatore di volo del 777. All’1.01 l’apprecchio è a diecimila metri di altezza. Tra l’1.19 e l’1.20 vira leggermente a est, come da regola. La manovra, senza problemi, è seguita sui monitor della zona, i due Boeing che hanno preceduto questo hanno fatto poche ore prima la stessa mossa. All’1.21 l’aereo sta volando a 471 nodi, direzione 40°, a nord della costa malese e a 223 chilometri a sudovest di quella vietnamita. Zaharie, il pilota, dice (e tutti lo sentono): «Tutto a posto. Buonanotte». In quel momento il velivolo scompare per sempre. Ore 1.21 e tre secondi.
• Come mai adesso si parla di dirottamento?
L’equipaggio avrebbe avuto il tempo di segnalare un incidente. La pista dirottamento viene dagli Stati Uniti. Gli ufficiali americani credono che i due sistemi di comunicazione a bordo siano stati spenti deliberatamente, a distanza di 14 minuti: il primo all’ 1.07, l’altro all’ 1.21, appena dopo che il pilota della Malaysian Airlines ha detto «Tutto a posto. Buonanotte» e prima che il Boeing 777 cambiasse rotta verso ovest. Il che significherebbe che c’è stato un intervento manuale, non accidentale né causato da malfunzionamento. Il vettore ha mandato suoi segnali a un satellite britannico riguardo a posizione e velocità per altre cinque ore dopo che era scomparso dal radar. Quindi non c’è stato un evento catastrofico. L’aereo aveva abbastanza carburante per volare oltre quattro ore. L’ultimo segnale è stato registrato a diecimila metri sul mare e a una normale velocità di viaggio intorno alle cinque del mattino. Gli americani non dicono quale sia esattamente la posizione emersa dall’ultima trasmissione. Ho già detto dei problemi di spionaggio.
• C’entrano i due tizi che erano saliti a bordo con i passaporti falsi?
S’è molto speculato su questo fatto, ma probabilmente a torto. L’Interpol ci fa sapere che girano per il mondo circa 40 milioni di documenti non in regola (falsi o persi o rubati). I passeggeri che li adoperano per viaggiare sono ogni anno circa un miliardo. Gli unici Paesi che effettivamente controllano i viaggiatori uno per uno sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e gli Emirati Arabi.