11 marzo 2014
Tags : Vito Tartamella
Biografia di Vito Tartamella
• Milano 1966 (~). Psicolinguista. Il maggior esperto italiano di parolacce. Giornalista scientifico, dal 2004 è caporedattore centrale di Focus, sul quale tiene anche un blog. Ogni anno stila la classifica delle dieci parolacce vip più rappresentative. È autore del primo studio italiano sul turpiloquio (Parolacce. Perché le diciamo, che cosa significano, quali effetti hanno, Bur, 2006).
• «A porgli sul capo la corona (di spine) è stato il bavarese Reinhold Aman, residente in California, ex docente in scuole e atenei statunitensi, sicuramente l’autorità mondiale riconosciuta in tema di parolacce, avendo fra l’altro fondato Maledicta, rivista accademica dedicata allo studio del linguaggio offensivo, “uno scienziato squisito, mite, simpatico, che mi ha molto aiutato nelle mie ricerche”, sparge incenso Tartamella. I due si sono incontrati come relatori all’Università di Chambéry, in Francia, dove si tiene un convegno biennale per aggiornare la classifica planetaria delle scurrilità. (…) Solo un laureato in Filosofia uscito nel 1992 con 110 e lode dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, fondata da padre Agostino Gemelli, poteva affrontare con padronanza una materia includente persino le bestemmie. Il titolo della tesi che preparò con lo psicolinguista Ferdinando Dogana, Psicosociologia del cognome, nasceva da uno shock infantile. “Sono figlio di un maresciallo maggiore della Guardia di finanza e di una maestra elementare originari di Trapani e, benché sia nato a Milano, i miei coetanei hanno sempre giocato sul mio cognome per offendermi in quanto terrone. Mi chiamavano Tarantella, Tartanella, Gargamella e io provavo un fastidio addirittura fisico per questo. Oggi non ci farei più caso. Ho persino ricevuto per posta una pubblicità indirizzata al signor Vino Tavernella”. A spronarlo verso il giornalismo fu il padre Giovanni, che nel 1986 incappò in un annuncio strabiliante – specie se riletto in tempi di crisi dell’editoria – apparso sul Cittadino, bisettimanale cattolico di Monza e Brianza: “Cercansi collaboratori”. “Mi presentai al caporedattore. ‘Che sai fare?’. Studio filosofia. ‘Uhm. Che altro?’. Suono il pianoforte. ‘Ottimo. Ti occuperai di musica’. Alla terza stroncatura la mia carriera di recensore era già finita: me l’ero presa con un disco di Scialpi”. Ma Tartamella – oggi sposato con la collega Paola Erba di Rai News e padre di un bimbo di 5 anni – non si diede per vinto. Si buttò sulla cronaca, bianca e nera. Fu reclutato da Brianza Oggi, nuovo quotidiano dell’editore Giuseppe Ciarrapico, che però chiuse dopo un anno. Passò come abusivo al Giorno, infine fu assunto. Quattro anni al Corriere di Como, altri due al service Vespina di Giorgio Dell’Arti, poi l’approdo a Focus. Come reagì il direttore Sandro Boeri quando gli spiegò che voleva occuparsi di parolacce? “Mi disse: ‘Fantastico!’”. Un direttore veneto le avrebbe risposto: “Ma va’ in mona!”. “Era nata come idea per un servizio da affidare a qualche redattore. Alla fine è diventato un libro e un blog, www.focus.it/parolacce, che ci ha spalancato prospettive internazionali. La scrittrice americana Dianne Hales mi ha dedicato un capitolo nel suo volume La bella lingua”. (…) Ma perché le parolacce esercitano su di lei questo fascino? “Potrei spiegarlo con un episodio dell’infanzia. Alle elementari una compagna di classe mi diede sulla testa l’atlante della De Agostini. Avvertii un dolore così forte, con una scossa dal gusto salato in bocca, che le urlai: puttana! Non avevo mai pronunciato quella parola prima d’allora. Per me fu uno shock, ci stetti male tutto il giorno. In realtà, del turpiloquio m’interessa l’aspetto culturale, che coinvolge a 360 gradi storia della letteratura, linguistica, glottologia, psicologia, sociologia, neurologia, giurisprudenza, statistica”. (…) “Lo sdoganamento della parolaccia in politica risale alla notte dei tempi. Benito Mussolini non disdegnava la bestemmia. Suo genero Galeazzo Ciano nel 1939 definì Achille Starace, segretario del partito fascista, ‘un coglione che fa girare i coglioni’ per la sua pedanteria. Bettino Craxi rivolse lo stesso epiteto a Renato Altissimo nel 1986. Nel 1984 il ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer, disse al capo del Bundestag: ‘Con rispetto parlando, signor presidente, lei è un buco di culo’. Umberto Bossi nel 1997 bollò l’ex ideologo leghista Gianfranco Miglio come ‘una scoreggia nello spazio’. Da lì in poi è stata una sparata continua. Le parolacce interpretano gli umori della piazza, si fanno capire da tutti. Il filosofo Arthur Schopenhauer nel saggio L’arte di insultare scrive che l’insulto è una calunnia abbreviata. Sono però un’arma a doppio taglio: accorciano le distanze a detrimento dell’autorevolezza. Per tornare a Grillo, la volgarità è un vettore che ti porta in orbita. Ma quando sei già arrivato nell’empireo, tanto da crederti il primo partito, non puoi più permettertela: ti danneggia” (…)» (Stefano Lorenzetto) [Grn 2/6/2013].