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 2014  marzo 08 Sabato calendario

Oggi è l’8 marzo...• Aiuto! Prevedo un articolo sulla festa della donna... La spaventa? Teme di sentirmi dire le solite cose che dovremmo ormai sapere a memoria? Che le donne sono discriminate, che guadagnano di meno, la violenza sulle donne, il femminicidio, le quote rosa, e il resto

Oggi è l’8 marzo...

Aiuto! Prevedo un articolo sulla festa della donna...
La spaventa? Teme di sentirmi dire le solite cose che dovremmo ormai sapere a memoria? Che le donne sono discriminate, che guadagnano di meno, la violenza sulle donne, il femminicidio, le quote rosa, e il resto. Un armamentario che sarà anche giusto tenere in piedi ma, dice lei, ha stufato. È vero che le donne, benché maggioranza nel Paese, si sono trasformate, attraverso le loro organizzazioni, in gruppo di pressione. E come tutti i gruppi di pressione, i gruppi donneschi tendono al bianco o al nero, i buoni di qua e i cattivi di là, i maschi che hanno sempre torto e le femmine che hanno sempre ragione. Anche quel modo di dire, “le donne”, come un tempo si diceva “gli studenti”, con l’aria che tutte le donne o tutti gli studenti la pensino allo stesso modo... Semplificazioni pericolose e controproducenti, che possono provocare fastidio o rigetto. Tuttavia le dirò che la questione femminile esiste. Esiste nel mondo e in particolare nel Terzo Mondo, dove la nascita di una femmina viene vissuta come una disgrazia (mi riferisco a Cina e India, in particolare, dove è regola la strage delle neonate ed il rapporto tra maschi e femmine è infatti oggi di 120 a 100). Ed esiste in Italia, come dimostra la storia del problema e le resistenze a buttare giù qualche steccato.  

In che senso “la storia del problema”?
Diritto di voto solo nel 1946, possibilità di essere assunta in un ufficio pubblico solo nel 1963, 1966: cancellato il reato di adulterio, parità tra marito e moglie stabilita appena nel 1975 (nuovo diritto di famiglia), 1981: abolizione del delitto d’onore, 1996: la legge ammette che la violenza sessuale è un delitto contro la persona e non contro la morale. Dieci giorni fa l’Istat ha prodotto un calcolo sul valore della vita produttiva maschile e della vita produttiva femminile in Italia, calcolo basato sui redditi e in cui si dà valore zero al lavoro domestico. Risultato: la vita di un maschio italiano vale 453 mila euro, quella di una femmina 231 mila. Se però nel calcolo si dà un valore all’impegno in casa, la produttività della vita femminile italiana sale a 662 mila euro. Lei mi potrebbe rispondere che analisi di questo tipo sono di moda, seguono la corrente, fanno tutti felici. E però le mostro con un altro esempio che invece il problema esiste.  

Sentiamo
Sta per diventare operativa la legge 120 del 2011 (governo Berlusconi), promossa da Lella Golfo del Pdl e Alessia Mosca del Pd, in cui si stabilisce che in tutte le società quotate, pubbliche o private, e in tutte le società non quotate ma pubbliche un terzo dei posti negli organismi di amministrazione e di controllo (cda, collegi sindacali, consigli di gestione che abbiano almeno tre membri) deve essere riservato alle donne. I vari Eni, Enel, Finmeccanica, Terna si stanno già scervellando su chi far entrare e chi buttare fuori per far posto alle nuove venute. L’unico cda in regola, tra le 14 società controllate direttamente dal ministero dell’Economia, è quello delle Poste che ha una donna tra i suoi cinque membri. Gli altri dovranno sgombrare 79 posti su 393. Le quote rosa sono criticabili, naturalmente, però un effetto sicuro ce l’hanno: costringono a rinnovare la classe dirigente. Sono d’accordo che si tratti di una forzatura, per certi versi persino umiliante (è la tesi di Ida Magli, contrarissima alla creazione di questa specie di riserva indiana). E però potrebbe trattarsi di una forzatura benefica, alla fine, vista l’ingessatura del sistema.  

Come va a livello politico? Sento che si vorrebbero introdurre le quote rosa nelle liste elettorali, alternando un candidato maschile a uno femminile. Ci sarà da litigare, se passa, sul nome da mettere al primo posto.
Per il momento non passa. Ieri è stata diffusa una lettera-appella ai leader dei partiti sottoscritta da una novantina di parlamentari di Pd, Ncd, Sc, Per l’Italia e Forza Italia perché nell’Italicum sia introdotta la parità di genere. Ci sono resistenze, specialmente in Forza Italia che non vuole introdurre nessuna modifica al patto sottoscritto tra Renzi e Berlusconi. Si dice che il “no” a questo cambiamento venga però soprattutto da Verdini. Per aggirare l’ostacolo il voto è stato rinviato a lunedì.  

Mi pare ovvio che il no venga soprattutto da destra.
Non ne sia così sicuro. La questione non è troppo destra/sinistra. Ieri, il quotidiano di sinistra “La Repubblica” ha pubblicato sul suo sito un sondaggio in cui chiedeva ai suoi lettori (presumibilmente di sinistra) se fossero favorevoli alle quote rosa, se l’introduzione delle quote rosa aiuterebbe le donne, se sia vero che una percentuale maggiore di donne nei luoghi di lavoro ne aumenti l’efficienza, se sia opportuna una presenza maggiore dei maschi in famiglia per cambiare la condizione sociale della donna. Strano a dirsi, ma a tutte queste domande la maggioranza dei lettori di sinistra di Repubblica ha risposto sempre di “no”.