La Gazzetta dello Sport, 5 marzo 2014
A quanto pare, per un certo periodo di tempo, che potrebbe essere di un anno, o forse di tre anni, o forse ancora più lungo, avremo due sistemi elettorali, uno per eleggere i deputati e l’altro per eleggere i senatori
A quanto pare, per un certo periodo di tempo, che potrebbe essere di un anno, o forse di tre anni, o forse ancora più lungo, avremo due sistemi elettorali, uno per eleggere i deputati e l’altro per eleggere i senatori. Ieri si sono incontrati Renzi e Berlusconi e, sia pure molto mugugnando, il Cavaliere ha accettato di correggere l’intesa raggiunta a sua tempo intorno al cosiddetto Italicum.
• Le ragioni di quest’altra stravaganza?
L’Italicum era congegnato in modo tale da far fuori i partiti più piccoli. C’è stato quindi tutto un ribollire di proteste contro la legge da parte dei morituri, che s’è saldato con i livori della minoranza democratica, gli anti-Renzi del partito di Renzi che pur di fare un dispetto al nuovo presidente del Consiglio sarebbero pronti a sostenere la qualunque. Questa inquietudine, o incazzatura, s’è concretizzata nel patto raggiunto con Alfano al momento della formazione del governo. Alfano ha detto a Renzi, più o meno: vuoi i nostri voti? Allora ridiscutiamo l’Italicum. Il Nuovo Centro Destra, che i sondaggi dànno oggi faticosamente al 4%, non vuole elezioni subito, anzi le vuole il più tardi possibile, perché ha bisogno di tempo per radicarsi sul territorio e non trovarsi costretto a tornare sotto l’ombrello dell’ormai nemico Berlusconi. Per accontentare Alfano e gli altri piccoli, l’onorevole Lauricella, bersaniano, ha escogitato un emendamento che, se approvato, avrebbe ritardato l’entrata in vigore dell’Italicum al momento in cui il Senato fosse stato abrogato...
• L’accordo tra Renzi e Berlusconi prevedeva l’abrogazione del Senato?
“Abrogazione” non è la parola giusta. L’accordo Renzi-Berlusconi prevedeva tre cose: nuova legge elettorale (Italicum), declassamento del Senato a Camera delle Autonomie (qualunque cosa significhi) a cui il governo non sarà più tenuto a chiedere la fiducia, e revisione dei poteri delle Regioni, perennemente in conflitto con lo Stato. L’Italicum, in effetti, è congegnato per una sola Camera. L’emendamento Lauricella ha fatto discutere per un sacco di giorni (si può approvare una legge a scoppio ritardato oppure no? finora non è mai successo), poi è spuntato l’emendamento D’Attorre, dal nome di Alfredo D’Attorre, altro deputato bersaniano: approviamo l’Italicum, dice l’emendamento, ma facciamolo valere per la sola Camera. Operazione semplice, basterà abrogare l’articolo 2 della legge, quello che regola appunto l’elezione per Palazzo Madama.
• Ma si può fare?
Beh, il Senato ha sempre avuto una legge elettorale diversa da quella della Camera. All’inizio era persino previsto che i senatori fossero eletti ogni sei anni, invece che ogni cinque come i deputati. Quindi sì, si può fare. Certo le due leggi, se si dovesse votare in questo periodo di mezzo, risulterebbero diversissime.
• Il Senato, se non ho capito male, continuerebbe a essere eletto con il Porcellum rivisto dalla Corte costituzionale.
Sì, dopo i tagli della Corte costituzionale, il Senato sarebbe eletto con un sistema proporzionale puro. Per entrare, ogni partito dovrebbe superare - in ciascuna regione - la soglia dell’8% dei voti. Non avrebbe nessun senso coalizzarsi dato che la Consulta ha abrogato il premio di maggioranza. Quindi al Senato, presumibilmente, vedremmo correre i partiti da soli, senza apparentamenti di sorta.
• E alla Camera? Cioè, questo Italicum, a questo punto, in che consiste?
L’Italicum prevede sbarramento, premio di maggioranza, coalizioni e doppio turno. Supponiamo che tutti quanti si presentino alleati in varie coalizioni. Si vota col proporzionale (tanti voti, tanti seggi) e se una delle coalizioni in lizza supera il 37% dei voti ha diritto a un premio che le darà una maggioranza uguale o superiore al 53% dei seggi (ci sono vari casi, ma lasciamo stare). Se nessuna coalizione supera il 37% dei voti, si va a un ballottaggio tra le prime due e la vincitrice si piglia poi il 53%. Il partito che fa parte di una coalizione, per entrare in Parlamento, deve comunque prendere almeno il 4,5% dei voti. Altrimenti resta fuori, ma il suo risultato concorre comunque al bottino complessivo della sua coalizione. È uno dei punti che lascia più sconcertati: il partito A, che vale il 20 per cento, si porta appresso cinque o sei partiti che valgono non più del 3-4. Il partito A supera il 37% grazie al contribuito dei suoi alleati, prende il premio di maggioranza, ma i suoi alleati restano tutti a casa. Vi sono poi altri sbarramenti: una coalizione non passa se non supera il 12% dei voti (neanche se al suo interno un partito fa più del 4,5%). Un partito che corre da solo deve superare l’8%. Altre caratteristiche dell’Italicum al momento: liste corte, niente preferenze, 120 collegi ma computo dei seggi a livello nazionale con valorizzazione dei resti... Però ci stiamo facendo troppo tecnici e la legge ha cominciato il suo iter in commissione appena ieri. Aspettiamo di vedere come andrà a finire per far venire il mal di testa ai lettori.