La Gazzetta dello Sport, 1 marzo 2014
Il presidente, o ex presidente, ucraino, Viktor Yanukovich, è a Rostov sul Don, città della Russia meridionale, dove ha tenuto una conferenza stampa in cui sostiene l’illegittimità dell’attuale governo ucraino e del presidente ad interim, il Parlamento non aveva il potere di destituirlo, lui si considera ancora in carica, «quelli sono banditi che hanno attuato un colpo di stato», «no, non ho ancora visto Putin, ci siamo solo sentiti per telefono», «la colpa è degli occidentali, troppo deboli e indulgenti verso i manifestanti» e via di questo passo
Il presidente, o ex presidente, ucraino, Viktor Yanukovich, è a Rostov sul Don, città della Russia meridionale, dove ha tenuto una conferenza stampa in cui sostiene l’illegittimità dell’attuale governo ucraino e del presidente ad interim, il Parlamento non aveva il potere di destituirlo, lui si considera ancora in carica, «quelli sono banditi che hanno attuato un colpo di stato», «no, non ho ancora visto Putin, ci siamo solo sentiti per telefono», «la colpa è degli occidentali, troppo deboli e indulgenti verso i manifestanti» e via di questo passo. Yanukovich è ancora interessante per le stranezze da satrapo che i ribelli hanno trovato nella sua villa, e per il fatto che i nuovi padroni di Kiev vogliono processarlo, ma il vero punto focale della rivoluzione ucraina è adesso la Crimea, dove il 70% degli abitanti è russo e russofono e dove gli eventi di Kiev hanno provocato una sollevazione all’incontrario: ribelli, che appartengono quasi sicuramente alla polizia speciale dei Berkut, hanno occupato il Parlamento e una cinquantina di miliziani partiti dal quartier generale della flotta russa hanno occupato l’aeroporto di Sinferopoli per «prevenire l’arrivo di militanti» filoeuropeisti collegati alla protesta di piazza Maidan. Putin, inoltre, manovra sul confine occidentale e, insomma, la preoccupazione del mondo è che la crisi possa precipitare alla maniera georgiana, con passaggio di carri armati russi oltre confine e l’apertura di un nuovo fronte planetario e di nuovi enormi problemi che non si saprebbe bene come maneggiare.
• La Crimea... la Crimea... Nelle città italiane siamo pieni di vie Cernaia, che è un fiume della Crimea. A scuola abbiamo studiato la storia del Cavour che manda quindicimila piemontesi a combattere in Crimea contro i russi senza avere nessuna contropartita...
Nel 1954 Kruscev regalò la Crimea all’Ucraina, col sottinteso che la flotta continuasse a tener lì le sue basi. Con la caduta del muro e dell’Urss, i russi ottennero però che nelle repubbliche ex sovietiche i russofoni continuassero ad avere la doppia cittadinanza. Esiste poi il memorandum del 1994, sottoscritto a Budapest: Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia (la nuova Russia) si impegnano a garantire l’integrità territoriale ucraina. Ieri il Parlamento ucraino ha votato una mozione in cui si chiede ai tre sottoscrittori del memorandum di «confermare l’impegno verso l’Ucraina» e di aprire immediatamente un tavolo di consultazioni per far abbassare la tensione. Qui vediamo all’opera le due tendenze: i filo-occidentali di Kiev, avendo cacciato Yanukovich e preso il potere, vogliono una rapida normalizzazione; i filorussi, scacciati dal potere centrale, lavorano perché la tensione si alzi e la partita resti aperte. La Tymoshenko, sicura vincitrice delle elezioni del 25 maggio, oggi sta con gli occidentali, e Biden, dagli Stati Uniti, ha garantito il massimo appoggio americano al nuovo governo. Putin ha parlato nei giorni scorsi e ha scelto adesso la Crimea come punto da cui far partire, mi scusi il bisticcio, la «destabilizzazione dei destabilizzatori».
• Noi per chi tifiamo?
Io in questo caso non tifo per nessuno, anche se non bisogna dimenticare che Putin è un massacratore di popolazioni e sarebbe tremenda una Cecenia ucraina. Ma, se si guarda la carta geografica con un po’ d’immaginazione, si scopre che quel Paese ha vagamente la forma di un’aquila, la cui ala destra sta tutta con l’Occidente, l’ala sinistra tutta con Mosca e il corpo - il mezzo - sta un po’ qua e un po’ la. I russi-russi sono nove milioni su una popolazione di 48 milioni di abitanti. A logica il paese andrebbe diviso in due: un pezzo nella zona d’influenza polacca, l’altro in quella russa. La guerra civile è possibile. Anche perché i problemi economici sono enormi.
• Non hanno avuto i 15 miliardi da Putin?
Sono stati bloccati. E i russi potrebbero anche decidere di non concedere più lo sconto del 30% sulle importazioni di gas. Mosca può mettere dazi e tariffe varie sulle merci ucraine e rendere inaccostabile l’unico mercato di sbocco della loro economia. Per far la guerra ai ribelli forse non ci sarà bisogno di ricorrere ai carri armati. Loro in cassa hanno soldi per pagare gli stipendi e le importazioni per neanche tre mesi.
• Non può dargli un po’ di soldi l’Occidente?
Sì, il nuovo primo ministro Yatseniuk ha chiesto al Fondo monetario 15 miliardi in prestito, la Christine Lagarde sta partendo per Kiev, tutti, anche la Ue, dànno assicurazioni, ma poi bisogna vedere. Siamo in crisi anche noi, abbiamo bisogno di soldi e non sarà che dovremo sborsare qualcosa a una nuova voce di spesa, cioè “Ucraina”.
• Beh, tra un po’ avremo la presidenza europea...
È una carica irrilevante, mi creda. Ci mette solo a capotavola e questo potrebbe permetterci di lavorare per una mediazione che metta intorno al tavolo americani, europei e russi. Potrebbe essere, speriamo.