27 febbraio 2014
Tags : Giampiero Ventura
Biografia di Giampiero Ventura
• Genova 14 gennaio 1948. Allenatore di calcio. Dal 2011 sulla panchina del Torino. In serie A ha guidato anche il Bari (dal 2009/2010, esonerato dopo la 24ª giornata del campionato 2010/2011), il Cagliari (che aveva portato alla promozione), l’Udinese, il Messina. Tifoso della Sampdoria, l’ha allenata in Serie B nella stagione 1999/2000.
• M odesta carriera da calciatore, è cresciuto nelle giovanili della Sampdoria senza mai arrivare in prima squadra: «Nella Primavera del Doria ho giocato con Lippi, Giuseppe Sabadini e Pietro Sabatini, ma non ho mai esordito in Serie A perché mi piaceva tirare tardi la sera». Ha giocato sempre in serie D, ad eccezione di una stagione in C con l’Enna (1970/71). Costretto a ritirarsi a 25 anni per un’ernia del disco («All’epoca la trattavano col machete»), prende il diploma Isef e per alcuni anni insegna alle scuole medie. Inizia la carriera di allenatore nelle giovanili della Sampdoria. Debutto da primo allenatore ad Albenga, campionato Dilettanti.
• «Adolescenza a Cornigliano, padre comunista e operaio all’Italsider, nella sua parabola iniziata nel ’76 ha toccato più di venti squadre. È stato a Napoli, Messina, Udine e Giarre. È passato a Lecce e Pisa, Venezia e Cento. L’ultimo carnevale della sua vita si chiama Torino. Storia calcistica del paese arrivata sul tavolo del signor Ventura fuori tempo massimo e onorata settimana dopo settimana (…).Dopo aver ritrovato la categoria, il più anziano professore del campionato attraversa il torneo con la lieta filosofia di uno Scopigno che ne ha viste di tutti i colori e che da nulla può farsi stupire. Quando era giovane, a Pistoia, gli accadeva spesso. Al termine di un allenamento, oltre la rete di recinzione, si sbracciò un giorno il suo idolo Francesco Guccini: “Posso chiederle un autografo?”, “Ma sono io che lo chiedo a lei”. Sorrideva e sapeva sorridere, Ventura. Non ha dimenticato come si fa e adesso che si discute di futuro: “Ma non dite a Cairo che firmo fino al 2017, potrebbe sentirsi male”, anche il passato appare sotto un’altra luce. Dove c’è Ventura, c’è impresa. A Venezia, in Serie B, riempì lo stadio cittadino eliminando Juventus e Fiorentina dalla Coppa Italia. A Lecce ancora lo adorano per la cavalcata perfetta: dalla C alla A in tre anni. A Cagliari (dove, unico caso da Guinness, resistette 4 anni con Cellino) gli vogliono bene. E così, tranne sporadiche avventure senza felicità (Verona), il giro d’Italia del nostro Ferguson prosegue ignorando l’anagrafe» (Malcom Pagani) [Fat 17/12/2013].
• «Ha cominciato a realizzare le sue ambizioni dopo aver smesso di essere ambizioso. “Ormai alleno per libidine”, disse dopo il biennio di Bari e prima del quinquennio di Torino. Quando arrivò, al campo c’erano i fumogeni, le camionette della polizia e i tifosi che gli davano un consiglio: “Se ne vada prima che può, qui non c’è niente da fare”. Nei cinque anni che seguiranno, invece, il calcio gli ha restituito quasi tutto e gli ha dato stabilità fino a innalzarlo, a 68 anni suonati, alle soglie della Nazionale. La leggenda racconta che lo chiamarono al Bari perché il suo 4-2-4 somigliava a quello di Conte, e che nell’armadietto trovò i dvd delle partite del suo Pisa: la fonte d’ispirazione del futuro ct, che aveva levato le tende convinto di andare incontro, con una squadra così scarsa, a retrocessione sicura. Con Ventura i pugliesi arrivarono decimi, il picco della loro storia. E nacque la storia della libidine, della “palla che frulla”, del “se vuoi, puoi”: fu, in definitiva, il colpo di coda di una carriera che sembrava ormai sfiorita, tra scelte sbagliate e occasioni perse, anni fantastici (le due promozioni consecutive con il Lecce, poi quella con il Cagliari anche se Cellino lo licenziò con livore: “Con Ventura, morte lenta ma sicura”) e pessime idee, prima di tutto quella di accettare la Samp in B: “Quell’annata mi ha cancellato. È davvero impossibile essere profeti in patria”. Forse per questo ci è riuscito a Torino e al Toro, città e squadra con cui ha vissuto un rapporto intenso e controverso, quasi sospettoso ma tremendamente fruttuoso per la squadra, tornata all’onor del mondo dopo due decenni indegni, ma anche per lui, che ha avuto la grande piazza che non aveva mai avuto, ha conosciuto l’Europa e anche la popolarità: davanti ai microfoni ci sa fare, ha una buona parlantina, sa essere ironico e dissacrante. A telecamere spente, però, è molto più spigoloso, spesso intransigente, talora permaloso e senz’altro esigente» (Emanuele Gamba) [Rep 19/5/2016].
• «Cerco sempre di imporre il mio gioco, evitando di adattarmi agli avversari (...) Il calcio deve essere sempre felicità; chi ci vive dentro è un privilegiato. Mi basta rivedere la mia Genova, la mia gioventù nella casa a Cornigliano, tra le ciminiere dell’Italsider e con quel fumo sempre in gola. Da allenatore, ho respirato aria buona, lavorando spesso in città di mare. Mi manca solo Palermo, chissà se un giorno... (...) Grandi, i miei presidenti. Mantovani, Zamparini, Cellino, Pozzo, poi Semeraro: ho ricevuto tanto, ma spero anche di aver dato. (...) Se avessi avuto l’opportunità offerta adesso a tanti giovani allenatori, avrei fatto meno gavetta» (Giuseppe Calvi) [Gds 2/8/2009].
• «Quando ho iniziato io andavano di moda i grandi saggi. Ora che potrei essere considerato un saggio, vanno di moda i giovani. Questa è sfortuna. Ma ci sono anche delle colpe. Ho pensato ad esempio che fosse più importante essere che apparire: mi sbagliavo. Puoi fare l’impresa più grande, ma se non c’è nessuno che ne parla è come se non avessi fatto nulla» (a Dario Pellizzali) [Avv 4/6/2015].
• Il 1 giugno 2016 sposerà Luciana, trent’anni meno di lui, conosciuta ai tempi del Bari. Testimone di nozze Urbano Cairo.